[27/04/2009] Comunicati

Il distretto tessile pratese tra presente e futuro sostenibile (3)

FIRENZE. A considerare il contesto globale in cui si tiene e si avviluppa la crisi del distretto tessile pratese vengono a mente le parole di G.K. Chesterton (1910): “I ricchi buttarono letteralmente i poveri fuori dalla vecchia locanda e li misero sulla strada, informandoli in modo sbrigativo che era la strada del progresso. Li costrinsero letteralmente a entrare nelle fabbriche e nella moderna schiavitù del salario, assicurandoli di continuo che quella era la sola via per raggiungere il benessere
e la civiltà.” Allo stesso tempo la crisi dovrebbe far riflettere la società locale pratese, e non solo essa, evidentemente, sul significato del lavoro oggi e se sia sempre valido e attuale l’attaccamento al lavoro come ragione di vita, che per mezzo secolo l’ha caratterizzata, riandando alle parole di Paul Lafargue (1883): “Una strana follia possiede le classi operaie delle Nazioni in cui domina la società capitalistica. E’ una follia che porta con se miserie individuali e sociali che da due secoli stanno torturando la triste umanità. Questa follia è l’amore del lavoro, la passione esiziale del lavoro, spinta sino all’ esaurimento delle forze vitali dell’individuo e della sua progenie. Anziché reagire contro questa aberrazione mentale, i preti, gli economisti, i moralisti hanno proclamato il lavoro sacrosanto.”

Parole che suonano di drammatica attualità se si tiene conto che J.M. Keynes nel 1930 (Prospettive per i nostri nipoti) scriveva: “...con un po’ più di esperienza noi ci serviremo del nuovo generoso dono della natura [la libertà dalle cure economiche, ndr] in modo completamente diverso da quello dei ricchi di oggi e tracceremo per noi un piano di vita completamente diverso che non ha nulla a che vedere con il loro. [Ma] Per ancora molte generazioni l’istinto del vecchio Adamo rimarrà così forte in noi che avremo bisogno di un qualche lavoro per essere soddisfatti. Ma […] dovremo adoperarci a far parti accurate di questo <> affinché il poco lavoro che ancora rimane sia distribuito fra più gente possibile. Turni di tre ore e settimana di quindici ore possono tenere a bada il problema per un buon periodo di tempo. Tre ore di lavoro al giorno, infatti, sono più che sufficienti per soddisfare il vecchio Adamo che è in ciascuno di noi.”!
Mi scuso per l’eccesso di citazioni ma sono utili, ritengo, per mettere su un altro piano, che non sia la retorica, o peggio la presa in giro delle classi lavoratrici, la riflessione sulle ragioni della disoccupazione in vicende come quella del distretto tessile pratese.
Disoccupazione e forti preoccupazioni per il futuro possono determinare una più grave crisi delle capacità della società locale di rigenerarsi su nuove basi, la perdita di capacità di agire per il bene comune derivante da un “sentire” collettivo nato dalle abitudini, dalla “cultura” di quel territorio, ormai obsoleto.
Ragionamenti che vale la pena di approfondire per una realtà così rilevante per la Toscana e rappresentativa di un modo di essere e lavorare dominante, ma in crisi.
(3. continua)

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