[29/04/2009] Energia

Nucleare: la Cina scava l’uranio in Kazakistan e la Russia si preoccupa

LIVORNO. Secondo il giornale russo Nezavissimaïa gazeta , un’impresa mista sino-kazaka ieri ha iniziato lo sfruttamento di una nuova miniera di uranio nel Kazakistan. La Cina mette così piedi nel settore dell’uranio in un Paese dell’ex Urss, un campo finora tabù per gli stranieri e poi per i non russi. Il regime di Astana dà nuovi segnali della sua volontà di cercare relazione economiche diverse dall’abbraccio soffocante di Mosca nell’utilizzo del nucleare civile.

Il progetto minerario di Irkol si sviluppa nel quadro dell’accordo firmato nell’ottobre 2008 tra la Kazatomprom e il China Guangdong Nuclear Power Group (Cgnpg). Nel 2009 il progetto sino-kazako prevede di estrarre 500 tonnellate d’uranio, che poi dovrebbero arrivare a 750 tonnellate all’anno nel 2010. Il contratto venticinquennale per lo sfruttamento della miniera di Irkol prevede che tutto l’uranio estratto sarà destinato alle centrali nucleari cinesi.

Si pensa che il Kazakistan abbia riserve di uranio per 622.000 tonnellate e sono in funzione 9 miniere nei 19 siti esistenti nel Paese, compreso quello di Zarechnoie che è sfruttato da due anni da una joint venture russo-kazaka. I russi guardano con preoccupazione allo sfondamento cinese in Asia centrale: le forniture di uranio kazako sono vitali per Rosatom, visto che la produzione interna della Russia copre solo il 20% del fabbisogno dell’imponente apparato nucleare russo. Mosca teme una penuria di carburante nucleare, per ora compensata dalle riserve accumulate all’epoca dell’Urss, quando il Kazakistan ed altre repubbliche oggi indipendenti subivano un devastante sfruttamento minerario che ha prodotto catastrofi naturali di vastissima portata e che nessuno ha nemmeno cercato di arginare.

Le riserve di uranio russe basterebbero però solo per 10 - 15 anni. Per questo ultimamente l’oligarchia energetico-nucleare russa ha tentato di realizzare una “banca” di combustibile nucleare alla quale possa attingere tutto il mondo ed avviato frenetici contatti per acquistare uranio in Australia, Mongolia, Sudafrica… mentre Rosatom sta facendo pressing sui Paesi dell’ex Urss della Comunità degli Stati indipendenti per poter mantenere un rapporto privilegiato, in nome della “fraterna amicizia tra i popoli” per poter ridurre i costi di trasporto dell’uranio che altrimenti sarebbe costretta a comprare nell’altra parte del mondo.

Il piano russo, che non fa i conti con la fame dei Paesi asiatici per l’uranio sempre meno disponibile, prevede un aumento delle forniture da parte dei Paesi Csi fino a 2.500 tonnellate entro il 2010 e a 3.500 - 4.000 entro il 2020. I russi sembrano aver fatto i conti senza l’oste: non hanno avuto tutti i diritti di esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di uranio che credevano che i kazaki avrebbero loro concesso senza battere ciglio e il Kazakistan ha ora davanti alle porte del suo governo dittatoriale una fila fatta da Francia, Canada e Cina che hanno già firmato con Astana contratti di partenariato atomico.

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