[04/05/2009] Comunicati

Robert Costanza: al posto del Pil l´indice del progresso genuino (Gpi) per uscire dalla crisi

LIVORNO. "Le aziende pensano al verde per far crescere gli affari". E’ il titolo di un articolo apparso su Westport Minuteman giornale di Westport (Connecticut, Usa) - e ripubblicato sul sito dell’Università di economia ecologica del Vermont – in cui si portano vari esempi di best practice made in Usa di produzioni ecosostenibili per affermare però, e qui sta la notizia, che almeno negli Stati Uniti la crisi del credito sta facendo «stentare la crescita della produzione di molti prodotti verdi».

Situazione confermata da Robert Costanza, si legge nell’articolo, noto economista ecologico di fama mondiale e docente presso la già citata Università del Vermont. Costanza spiega che tecnologie come quelle per lo sfruttamento del vento e del sole hanno bisogno di grandi capitali ora bloccati dalla crisi. E rispolvera per l’occasione la necessità di abbandonare il Pil come strumento di misurazione dell’economia per sostituirlo con il Gpi. Una tesi non nuova ma che Costanza rilancia con forza.

Sfruttiamo Wikipedia per una rapida definizione del Genuine progress indicator (GPI), cioè l´indicatore del progresso genuino (spesso tradotto anche come indice di progresso effettivo o indicatore del vero/reale progresso) che è una metrica il cui obiettivo è quello di misurare l´aumento della qualità della vita di una nazione. Per questi motivi è calcolato distinguendo tra spese positive (che aumentano il benessere, come quelle per beni e servizi) e negative (come i costi di criminalità, inquinamento, incidenti stradali), diversamente dal Pil, al quale si propone come alternativa, che considera tutte le spese come positive e che non considera tutte quelle attività che, pur non registrando flussi monetari, contribuiscono ad accrescere il benessere di una società (casalinghe, volontariato).

L´indice, che deriva dall´ Isew, è stato proposto nel 1994 ed è frutto dello studio di un gruppo di ricercatori ed economisti, tra cui Herman Daly, John Cobb e Philip Lawn.

Costanza ha parlato di questo alla Fairfield university dove ha ribadito la necessità di un cambiamento concettuale per includere l´ambiente nell’analisi dello stato dell´economia. Il vecchio paradigma (Pil) delle misure tradizionali della crescita economica - l´attività di misurazione del reddito nazionale – comprende solo quei beni e servizi scambiati per denaro. Ad esempio, «il Pil non fa distinzione tra attività economiche desiderabili e indesiderabili, come ad esempio una marea nera di petrolio in mare che può aumentare il Pil, perché qualcuno la ripulisce…».

Per Costanza, la più accurata misurazione dell´economia è un vero e proprio indicatore di progresso (Gpi), che tiene conto dei costi per mantenere l´ambiente e migliorare la qualità della vita.

«Abbiamo bisogno di ampliare il punto di vista della economia a tutto ciò che sostiene il benessere umano, come gli ecosistemi e i sistemi sociali - il diritto, le persone e le informazioni», ha detto Costanza. «Abbiamo anche bisogno di prendere in considerazione tutti i sistemi di economia sommersa. Abbiamo bisogno di riportarla alla luce».

Egli stima che oggi il risanamento dell´ambiente costerà circa il 5 per cento del Pil. Se non viene trattato, il costo potrebbe salire dal 5 al 20 per cento. «Potremmo quindi dover affrontare danni più gravi e maggiori spe3se in futuro - ha detto Costanza - I costi convenzionali sono ‘sommersi’ per questo non gli diamo la necessaria attenzione. Ma i danni al capitale naturale devono essere pagati».

L´economista ecologico suggerisce l’inasprimento delle tariffazioni per le sanzioni per le imprese che inquinano l´ambiente. Se ciò accadesse, Costanza ritiene che più severe ammende spingerebbero un maggior numero di imprese a pensare verde e a cambiare i processi produttivi. Egli ammette che per aumentare la consapevolezza “verde” tra le imprese serve un grande cambiamento nel pensare e sviluppare una più ampia comprensione dell´economia.

I risultati mostrano che, mentre il Pil è aumentato costantemente dal 1950 (con le recessioni occasionali), il Gpi ha avuto un picco intorno al 1975 ed è stato poi relativamente piatto o in calo da allora.

La tesi di Costanza è piuttosto condivisibile. L’economia deve infatti necessariamente essere riorientata verso l’ecologia se non si vuole tagliare il famoso (e ormai famigerato) ramo sul quale siamo tutti seduti. La leva del tassare chi più inquina è una strada, ma serve anche che i governi spingano verso la riconversione (con tutte le armi che hanno a disposizione) e che poi abbiamo però dei sistemi di misurazioni attraverso i quali capire i progressi o i regressi fatti negli anni. Ed è qui che il Gpi (come altre formule già ampiamente studiate) diventano inutili se non standardizzate e utilizzate a livello globale. Questa ci pare sia una delle lacune più grosse e una delle salite più impervie sulla strada della sostenibilità.

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