[04/05/2009] Approfondimenti

Discariche: rifiuti non pericolosi in impianti per pericolosi di Paola Ficco *

La disciplina nazionale dello smaltimento in discarica ha i suoi riferimenti normativi nel Dlgs 13 gennaio 2003, n. 36 e nel Dm 3 agosto 2005.
Questi riferimenti nazionali sono - a loro volta - fondati su norme europee (direttiva 1999/31/Ce e decisione 2003/33/Ce, che stabilisce criteri e procedure per l’ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell’articolo 16 e dell’allegato II della direttiva 1999/31/Ce medesima).
Dall’entrata in vigore del Dlgs 36/2003 anche in Italia si è avuto il superamento della vecchia definizione di discariche di prima, seconda e (almeno in teoria perché mai autorizzata) terza categoria, per passare a discariche per rifiuti inerti, non pericolosi e pericolosi.

I criteri nazionali di ammissibilità in discarica e le difformità rispetto alla decisione 2003/33/Ce
Tali criteri sono contenuti, come detto, nel Dm 3 agosto 2005, trasposizione imperfetta della decisione 2003/33/Ce. Tale imperfezione ha reso (fino ad oggi) oltremodo difficoltosa (per non dire impossibile) la sua applicazione per una serie di motivi, tra i quali spicca l’inevitabile superamento del parametro relativo al Doc (Carbonio organico disciolto) da parte di molti rifiuti (si pensa ai fanghi di trattamento delle acque reflue urbane, ai sovvalli degli impianti di trattamento meccanico/biologico degli Rsu, al “fluff” degli autoveicoli ecc.).

Le numerose proroghe del regime di cui alla delibera 27 luglio 1984 intervenute negli anni (peraltro limitate ai soli criteri di ammissibilità e non applicabile alle discariche in possesso del piano di adeguamento che contenga riferimenti al Dm 3 agosto 2005) (1), non hanno ovviamente risolto alcun problema (2).

La disciplina recata dal Dm 3 agosto 2005 è profondamente diversa dal dettato europeo di cui alla decisione 2003/33/Ce. Di seguito i punti salienti:
- rifiuti da prospezione ecc.: è carente la previsione (presente nell’articolo 5 della decisione 2003/33/Ce) in base alla quale i criteri e le procedure previsti dal decreto non si applicano ai rifiuti risultanti dalla prospezione, estrazione, trattamento e ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, quando sono stoccati in loco;
- inerti “voci specchio”: la tabella 1 del Dm 3 agosto 2005 è riferita agli inerti che possono accedere in discarica senza preventiva caratterizzazione. In nota a questa tabella tale Dm ha aggiunto le seguenti tipologie di rifiuti:

• Cer 17.09.04 “Rifiuti misti dall’attività di costruzione e demolizione diversi da quelli di cui alle voci 17.09.01, 17.09.02 e 17.09.03” (non citati nella Decisione 2003/33/Ce);
• Cer 01.04.13 “Rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01.04.07”. Il Cer 01.04.07 è un rifiuto pericoloso, pertanto il Cer 01.04.13 è di fatto una “voce specchio”; quindi è una contraddizione ammettere che i rifiuti di cui al Cer 01.04.13 possano essere ammessi senza preventiva determinazione analitica, poiché essa è sempre necessaria per attestare la non pericolosità di un rifiuto a “voce specchio”;
- fanghi: tra i rifiuti ammessi in discarica per non pericolosi senza caratterizzazione analitica di cui all’articolo 6 non figurano i fanghi di depurazione acque reflue urbane con concentrazione di sostanza secca non inferiore al 25%. Il che è grave, in quanto il valore limite previsto per il DOC (80 mg/litro), non consente il loro smaltimento in discarica. Tali fanghi, infatti, superano sempre questo valore e, non avendo in Italia (al contrario degli altri Paesi europei) sufficienti inceneritori, il rischio è che tali fanghi in futuro vengano abbandonati abusivamente con danno per l’ambiente e la salute umana;
- “monodiscariche”: la decisione 2003/33/Ce contiene previsioni in ordine alle sottocategorie di discariche (cd. “monodiscariche”). Il prevederle, infatti, è di estrema importanza, poiché in quei siti possono essere smaltiti, tramite specifiche deroghe concesse dalle Autorità competenti, rifiuti che –altrimenti- non troverebbero altra collocazione. Il Dm 3 agosto 2005 prevede questa tipologia di discarica ma, all’articolo 7, comma 2, in ordine alle deroghe concesse dalle autorità competenti si esprime così: “a titolo esemplificativo e non esaustivo i parametri derogabili sono Doc, Toc e Tds”. Pertanto, tale previsione sembra decisamente allargare il campo di applicazione delle deroghe per le sottocategorie di discarica;
- analisi degli eluati e dei rifiuti; l’allegato 3 al Dm 3 agosto 2005, stabilisce che le prove di eluizione e l’analisi degli eluati devono essere effettuate mediante i metodi analitici ENV-12457/1-4, ENV-12506 e ENV-13370. Premesso che le norme ENV non sono di facile reperimento per tutti coloro che ne avessero bisogno, mentre le norme UNI, che recepiscono in lingua italiana le norme ENV, sono di più facile accesso, nel citare le norme ENV è stato commesso un errore, infatti la norma ENV-12457/1-4 fa riferimento a 4 test di eluizione.
Tale norma ENV-12457/1-4, che riporta i test sopramenzionati, è citata anche nella Decisione 2003/33/Ce relativa ai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. In questa Decisone europea sono (coerentemente) riportati valori limite nell’eluato per i parametri considerati differenti in funzione del test di eluizione adottato.
Il Dm 3 agosto 2005, invece, fa riferimento ai test, però i valori limite nell’eluato sono riferiti unicamente ad un rapporto liquido/solido 10 l./kg.; pertanto, il riferimento a più test sta generando una notevole confusione (3).

Le categorie di discarica e il paradosso applicativo dei rifiuti non pericolosi esclusi dalla discarica per pericolosi
Tutto questo fa sì che si giunga ad una serie di problemi applicativi ed a paradossi interpretativi di vario genere e natura. Tra i tanti, si cita quello relativo al fatto che, mentre è possibile avere discariche autorizzate per ricevere un rifiuto non pericoloso in deroga (ad esempio) al parametro Doc (come sopra accennato), non sembra possibile destinare un rifiuto non pericoloso (e senza alcuna deroga) ad una discarica per rifiuti pericolosi, nonostante questa presenti (ovviamente) requisiti di maggiore sicurezza igienico-ambientale.

Questa lettura conduce, inevitabilmente, al fatto che non si pone attenzione alla caratteristica del sito di smaltimento ma (se va bene) si tratta ed inertizza il rifiuto per abbatterne il limite di cessione e conferirlo in discariche certamente meno affidabili (quelle per non pericolosi).

Anche questo deriva da una “brillante” trasposizione nazionale di un disposto comunitario. Al riguardo, infatti, la direttiva 1999/31/Ce stabilisce che “Gli Stati membri provvedono affinché: … solo i rifiuti pericolosi che soddisfano i criteri fissati a norma dell’allegato II siano destinati ad una discarica per rifiuti pericolosi”.. E il Dlgs 36/2003 ne stabilisce un’altra, e precisamente: “nelle discariche per rifiuti pericolosi possono essere ammessi solo i rifiuti pericolosi che soddisfano i criteri fissati dalla normativa vigente”.

Come è evidente, la reinterpretazione nazionale ha stravolto il senso logico del principio comunitario.

Tuttavia, in sede attuativa, il Ministro dell’Ambiente pro-tempore si rendeva conto dell’errore interpretativo e cercava di porre argine con il Dm 3 agosto 2005.

Tale Dm, all’articolo 1, comma 4, spiega come sia consentito il conferimento di rifiuti non pericolosi in discariche per rifiuti pericolosi in virtù del superiore livello di tutela ambientale della predetta tipologia di discarica: “Tenuto conto che le discariche per rifiuti pericolosi hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti non pericolosi, e che queste ultime hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti inerti, è ammesso il conferimento di rifiuti che soddisfano i criteri per l´ammissione ad ogni categoria di discarica in discariche aventi un livello di tutela superiore”.

Questo concetto è già –ovviamente- contenuto nella direttiva 1999/31/Ce che, all’allegato II – criteri e procedure di ammissione dei rifiuti, secondo punto – principi generali, ultimo capoverso, recita: “I criteri per l´ammissione dei rifiuti basati sulle loro caratteristiche devono essere in generale i più completi possibile per le discariche di rifiuti inerti, mentre possono esserlo di meno per quelle di rifiuti non pericolosi e meno ancora per le discariche di rifiuti pericolosi, dato il più elevato livello di protezione ambientale degli ultimi due tipi".

Alla luce del dato normativo vigente, come appena reso evidente, si ritiene possibile che un rifiuto, classificato “non pericoloso”, possa essere avviato a smaltimento in discarica autorizzata per rifiuti pericolosi se in possesso delle caratteristiche analitiche di ammissibilità specifiche per quel sito.

Tuttavia, non va dimenticato che il testo attuativo (Dm 3 agosto 2005) dispone una cosa diversa da quella stabilita dalla fonte primaria (Dlgs 36/2003), il che a rigore potrebbe comportare la non applicazione di tale fonte primaria.

Comunque, non va sottaciuto che la carente applicazione di tale possibilità potrebbe comportare una serie di intuibili problemi (economici e non) a carico di una lunga serie di soggetti.

E’ appena il caso di ricordare che a norma dell’articolo 263 (ex articolo 230) e 4, comma 3 Trattato Ue i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che ad essi derivano dall’ordinamento giuridico comunitario. La tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che non possono impugnare direttamente gli atti comunitari deve essere garantita in modo efficace mediante il ricorso dinanzi ai giudici nazionali.
Questi, conformemente al principio di leale cooperazione sancito dall’art. 4, comma 3, Trattato Ue, sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare ed applicare le norme di procedura nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire alle dette persone di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario, eccependone l’invalidità e inducendo così i giudici a interpellare a tale proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali (Corte di Giustizia europea, sentenza 22 marzo 2007, causa C‑15/06 P, Regione Siciliana/Commissione; Racc. pag. I‑2591, punto 39).

Alla luce di tale principio, laddove si insistesse, anche e non solo a livello istituzionale, circa la non recapitabilità del rifiuto non pericoloso in discarica per rifiuti pericolosi, è evidente che la strada verso procedure giudiziarie avanzate dalle imprese è più che aperta. Come al solito, però è faticosa e costosa e non se ne gioverebbe né il bilancio economico del ricorrente né l’ambiente.

Conclusioni
Quanto precede non vuole essere una difesa del concetto di discarica, anzi. La discarica deve continuare ad essere residuale ed ultimativa, tuttavia rimane necessaria per raccogliere scarti e residui di tutti gli altri impianti del modello gestionale ideale (dagli impianti di trattamento, ai termovalorizzatori, ecc.).
Quanto precede vuole essere solo una difesa del concetto di coerenza e chiarezza di una disciplina fondata su principi semplici, condivisibili ed immediatamente riscontrabili anche da parte delle Autorità di controllo.

Pertanto, si ritiene che una seria modifica legislativa (sia del Dlgs 36/2003 sia del Dm 3 agosto 2005) non sia più seriamente rinviabile.

* Giurista ambientale
Docente universitario
Direttore responsabile di "Rifiuti - Bollettino di informazione normativa",
Responsabile coordinamento attività legislativa “Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile".


NOTE:
(1) Si veda Cass. Pen. Sez. III, 3 ottobre 2008, n. 37599. Anche in esito a tale sentenza, sull’effettiva portata della ultima proroga di cui alla legge 13/2009, ci sia consentito rinviare a P. Ficco in “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa” 161 (4/09), p. 18

(2) Nella delibera 27 luglio è assente il parametro relativo al Doc che “misura” esclusivamente il contenuto di carbonio e non valuta la pericolosità o meno del rifiuto.

(3) Cfr. L. Musmeci in “Rifiuti – Bollettino di informazione normativa” n. 124 (12/2005)

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