[14/05/2009] Comunicati

Il manifatturiero italiano annaspa tra crisi, qualità e quantità

LIVORNO. Il rapporto che fa l´analisi dei settori industriali italiani condotta congiuntamente da Prometeia e Intesa SanPaolo, ci dice che l´intensità dell´attuale stato di crisi economica porterà il settore manifatturiero italiano a registrare per il 2009 un calo del fatturato vicino al 12%, a prezzi costanti, con un calo dell´export del 3,4%, una contrazione dell´import pari al 6,4% e un declino della domanda del 2,8%.
Sul versante del fatturato, il calo per il 2009 dovrebbe risultare pari al 17,3%: si tratta, secondo il rapporto, della flessione più marcata registrata dal dopoguerra ad oggi.
Un risultato per certi versi atteso, dato che, dice Alessandra Lanza, responsabile della Ricerca economica di Prometeia: «nel profilo di quest´anno è un segno meno che avevamo già incorporato, sebbene sia risultato più marcato».

Ma «la velocità di discesa dell´attività economica sta rallentando» ha segnalato con pacato ottimismo Gregorio De Felice, capo economista di Intesa SanPaolo e nel 2013 il settore manifatturiero italiano sarà «un´industria diversa in un mondo diverso».
Nel medio termine infatti, nell´ambito di uno scenario di domanda che si confermerà debole a livello interno come all’estero, le imprese italiane saranno in grado di cogliere i segnali di recupero della domanda con maggiore reattività rispetto al passato.

Questo significa, secondo Prometeia, che la crisi avrà anche l´effetto di accelerare il processo di riqualificazione del manifatturiero, con le imprese più forti in grado di cogliere i segnali di recupero con maggiore reattività. A soffrirne saranno soprattutto le piccole imprese, penalizzate fortemente dall’ dell´inasprimento delle turbolenze finanziarie.

«A livello settoriale, la ripresa della domanda sarà più vivace per l´elettromeccanica e la lavorazione dei metalli, i settori più colpiti dall´attuale fase di crisi» ha evidenziato Alessandra Benedini, responsabile area settori di Prometeia, che segnala anche che «fra i più penalizzati ci sarà quello delle costruzioni, alla luce della crisi del settore immobiliare».

I comparti che soffriranno di più, oltre al settore dei prodotti e materiali da costruzione, ci sono quelli degli intermedi chimici, la siderurgia e gli altri intermedi (legno, carta e gomma-plastica), che vivranno una ripresa limitata. I produttori di beni di largo consumo come mobili ed elettrodomestici, che sono i meno penalizzati nella fase recessiva, subiranno ripercussioni per la debolezza che caratterizzerà in futuro i mercati maturi, mentre il sistema moda dovrebbe rilevare un consistente attivo a fine 2013.

Fortificati dalla crisi dovrebbero uscire settori come l´alimentare, le bevande e la farmaceutica, e i comparti come la meccanica, l´elettrotecnica e i mezzi di trasporto, che dovrebbero trarre benefici più di altri nel momento in cui tornerà a migliorare il contesto macroeconomico, che nessuno sa bene quando avverrà, ma che è atteso a partire dal 2011.

Una fotografia che riflette quanto emerso anche dalla ricerca realizzata da Symbola e Fondazione Edison Italia, per esplorare le geografie del nuovo Made in Italy. Italia è l’acronimo di una
lettura dell’economia nazionale che le due fondazioni hanno condotto e che comprende l’Industria, il Turismo, l’Agroalimentare, il Localismo e sussidiarietà, l’Innovazione tecnologica e ambientale, fino all’Arte e alla cultura.

In questo percorso si evidenzia che nel 2008 si è registrata la crescita delle piccole e medie imprese che hanno affrontato la competizione del mercato globale incrementando la qualità dei prodotti – il 71% contro il 64% della media europea- e che ottengono, in media, il 12% del loro fatturato dall’ immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi, facendo meglio di Germania, Spagna e Francia.

«Siamo oggi leader mondiali negli yacht di lusso come nella meccatronica - si legge nell’introduzione firmata da Ermete Realacci, presidente di Symbola e Marco Fortis, vicepresidente della fondazione Edison - Abbiamo dimezzato le paia di scarpe esportate, ma è aumentato il fatturato. Produciamo il 40% in meno del vino rispetto alla metà degli anni 80, ma il valore dell’export è quadruplicato raggiungendo i 3,5 miliardi di euro. Una produzione nel segno della qualità con 316 Doc, 35 Docg, 119 Igt e 12 denominazioni a valenza interregionale».

Quindi aver puntato sulla qualità ha permesso di tenere anche di fronte alla crisi economica globale, oltre che alla prova della competizione alle circa 5.000 imprese medio grandi del cosiddetto ‘quarto capitalismo’, che è fatto da una moltitudine di piccole aziende, spesso familiari, ma anche di grandi gruppi, che spaziano dalle produzioni meccaniche ai mobili, dalle produzioni agroalimentari alla farmaceutica, dalla moda alla meccanica. Ma che potrebbe fare anche meglio, dirigendo la barra verso la sostenibilità, coniugando quindi la qualità con il minor prelievo di risorse e il minor consumo energetico e la riqualificazione dei distretti, avviando anche nel nostro paese quel green new deal che il presidente Obama indica come la strada della ripresa economica americana e che potrebbe contribuire a chiudere in saldo positivo anche la crisi ecologica.

Un settore che deve comunque fare da sé e che non potrà contare ancora nemmeno delle risorse del progetto Industria 2015.
Il bando di gara per le tecnologie per il Made in Italy, uno dei settori individuati per stimolare l’innovazione tecnologica nell’industria, è infatti arenato da oltre sei mesi e di tutti quelli previsti, sono riusciti ad arrivare in fondo all’iter, sino all’aggiudicazione delle risorse, solo i progetti su mobilità sostenibile ed efficienza energetica,

Il settore del Made in Italy è invece fermo alla presentazione dei progetti, che rappresenta la prima fase dell’iter, cui segue la selezione di quelli che si potranno vedere aggiudicare i fondi economici messi a disposizione, che secondo le previsioni era un budget di 190 milioni di euro, ma che date le emergenze potrebbe anche ulteriormente assottigliarsi.

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