[15/05/2009] Rifiuti

Allo studio un imballaggio sintetico completamente idrosolubile

LIVORNO. Un nuovo imballaggio ottenuto da materie prime agricole non food che dopo l’uso possa essere smaltito grazie alla completa idrosolubilità: è l’obiettivo del progetto di ricerca ReBioFoam (Renewable Bio-polymer FOAMs), finanziato dall’Unione Europea all’interno del 7° Programma Quadro e che coinvolge 10 partner provenienti da 8 Paesi Europei (Italia, Polonia, Spagna, Repubblica Ceca, Irlanda, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito), con la collaborazione di ERRMA (European Renewable Raw Materials Association ), associazione che promuove a livello Europeo la valorizzazione dell’uso di risorse rinnovabile nel settore dei materiali e in quello energetico.

Il progetto, coordinato da Novamont, l’azienda italiana leader nel settore delle bioplastiche, ha come obiettivo quello di sviluppare un nuovo processo flessibile, a basso impatto energetico ed ecosostenibile per la produzione di imballaggi espansi biodegradabili contenenti materie prime rinnovabili. Per ottenere l’espansione si utilizzeranno le microonde (su stampi ad hoc con rivestimenti innovativi), che permetteranno di sfruttare l’acqua naturalmente presente nei biopolimeri materiali, come agente espandente.

L’applicazione finale di questi imballaggi tecnologici è quella di svolgere principalmente la funzione protettiva, un settore in cui normalmente vengono impiegati materiali quali il polistirene espanso (EPS), il poliuretano (EPU), il polietilene (EPE) ed il polipropilene (EPP), tutti polimeri di origine sintetica, che potranno quindi essere sostituiti con materiali rinnovabili.

Il progetto è partito ufficialmente il 1° febbraio 2009 e dovrebbe concludersi in quattro anni. Il settore dell’imballaggio cerca quindi nuove frontiere per diventare meno impattante e più facilmente gestibile una volta arrivato a fine vita. Una direzione auspicata anche dall’Osservatorio nazionale rifiuti, che su questo tema ha dedicato un capitolo del suo rapporto annuale, analizzando la possibilità dell’impiego delle nanotecnologie negli imballaggi e in particolare per quelli destinati agli alimenti.

Le nanotecnologie, intervenendo direttamente a livello molecolare, hanno reso possibili innovazioni fondamentali nella scienza e nella tecnologia dei materiali, occupando sino ad ora spazi preclusi ai materiali e alle tecnologie tradizionali. I nanomateriali mostrano invece eccezionali proprietà meccaniche, diminuzione di peso, sviluppo superficiale, proprietà ottiche magnetiche e chimiche, che potrebbero essere impiegate nel settore degli imballaggi dando un contributo ai programmi di prevenzione, per ridurre sia le materie prime impiegate per la loro produzione sia i rifiuti da essi derivati.

Nel campo dei materiali in contatto con alimenti le nanotecnologie sono già in rapida ascesa a livello mondiale, nota l’Osservatorio, in quanto consentono un miglioramento delle prestazioni di materiali di imballaggio, sotto svariati aspetti. E’ possibile ad esempio oggi, modificando ad hoc il packaging, migliorare la vita di scaffale di un alimento, preservarne colore e aroma, facilitarne trasporto e uso, e risparmiare sui tempi e modi di lavorazione. E sono già presenti sul mercato applicazioni di nanotecnologie che migliorano le proprietà barriera di una materia plastica alla luce, all’ossigeno, ai gas o all’umidità, conservando le proprietà sensoriali di un alimento e proteggendolo dallo sviluppo di microrganismi. Fra le più importanti applicazioni nel food packaging, i materiali “nanocompositi” che si stanno maggiormente diffondendo, sono i nano compositi polimero/argilla o nanoargille (nanoclay) , quelli a base argento (nanosilver) e i polimero/nanotubi di carbonio.

La prima è l’applicazione qualitativamente e quantitativamente più importante, che permette di ottenere, a quanto pare, un miglioramento notevolissimo di proprietà barriera all’ossigeno, all’anidride carbonica, alle sostanze chimiche e al vapore acqueo, ma la diffusione di questi nanocomposti è agevolata anche dalla loro lavorabilità negli impianti di tipo tradizionale, già in uso. Il potenziale impiego è rivolto ad alimenti solidi e alle bevande.

I nanocompositi a base argento posseggono proprietà antibatteriche, consentendo quindi all’alimento per cui utilizzato una maggiore curabilità nel tempo. I polimeri con i nanotubi di carbonio, infine, sono materiali costituiti da strutture di carbonio (grafeni) avvolti in forma tubulare, che conferiscono a questi nanomateriali una notevole resistenza, fino a 20 volte quella di una lega di acciaio e densità fino a cinque volte minore di quella dell’alluminio. Prestazioni che potrebbero utilizzate per rinforzare molti materiali conferendo nel contempo ottime proprietà barriera e permettendo di conseguenza una lunga conservazione degli alimenti.

C’è da chiedersi allora perché imballaggi che sfruttano le proprietà delle nanoparticelle ancora non se ne vedano, ma la risposta è semplice: “on esiste ancora una base di conoscenza adeguata, ma si può già dedurre che le loro dimensioni di per sé costituiscono un rischio dovuto alla possibilità che siano trasportate fisicamente da mezzi nei quali i loro equivalenti su scala micrometrica non sarebbero dispersi”, si legge nel rapporto e inoltre “Nel caso dei nanotubuli tali particelle appaiono di scarsa biodegradabilità.” E per quanto riguarda l’interazione con gli organismi viventi, questa- si legge sempre sul rapporto- appare fortemente problematica. Mentre l’aspetto che riguarda la riciclabilità degli imballaggi in nanoparticelle, rimane ancora da approfondire. Molto meglio quindi rivolgere le attenzioni e le risorse nella ricerca di polimeri da fonti rinnovabili.

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