[28/05/2009] Comunicati

Firenze, convenzione Camcom-banche per le Pmi: una "reazione virtuosa", ma non per la sostenibilità»

FIRENZE. La Camera di commercio di Firenze, insieme al Consorzio provinciale di garanzia fidi e a Fiditoscana, ha stipulato una convenzione con gli istituti bancari al fine di agevolare l’accesso al credito delle piccole-medie imprese della provincia di Firenze. L’ente di diritto pubblico, «raschiando il barile» come si legge nel comunicato ufficiale, mette direttamente a disposizione 750.000 €, ma il plafond totale garantito dalle banche sarà di 25 milioni di euro.

Gli istituti di credito convenzionati sono il Monte dei Paschi, Cr Firenze, banca popolare Etruria, banca Delvecchio, banca di credito cooperativo di Cambiano e i vari istituti afferenti alla federazione toscana delle banche di credito cooperativo. Le imprese interessate «potranno accedere a un finanziamento bancario con uno degli istituti di credito convenzionati per un importo minimo di 20.000 € e massimo di 300.000 € della durata di 7 anni, di cui 2 di preammortamento a tassi di interesse agevolati», mentre il contributo diretto della Camera di commercio sarà «pari al 4% del finanziamento concesso per un importo massimo di € 8.000,00, ridotto a € 7.500,00 per le imprese agricole (limite comunitario)». Le imprese che potranno beneficiare dei finanziamenti «possono essere attive in tutti i settori ad esclusione della pesca-acquacoltura e del settore carboniero», mentre le imprese di trasporti «non potranno beneficiare dell’aiuto qualora il finanziamento sia destinato all’acquisto di veicoli per il trasporto di merci su strada per conto terzi».

Nel corso della conferenza di presentazione il presidente uscente della Camcom, Luca Mantellassi, ha parlato di « sforzo notevole per l’emergenza credito, che speriamo possa servire a creare una reazione virtuosa ad una congiuntura economica difficilissima».

E’ chiaro, però, che il concetto stesso di “reazione virtuosa” può essere interpretato in varie maniere: lo stato di sofferenza del comparto delle pmi italiane è sotto gli occhi di tutti, e ancora oggi i dati presentati dalla Confesercenti nazionale (15.000 imprese chiuse nel 2008 per sovraindebitamento) indicano una situazione pesante. Ciò vale anche per la Toscana, dove dati della stessa Camcom indicano un calo del valore aggiunto regionale dello 0,8% nel 2008 (cui farà seguito secondo le previsioni un calo 2009 del 4,4%), che si è accompagnato ad un calo dell’export (-6,5%), dell’import (-13,5%), dei consumi (-1%) e della produzione industriale, calata nel 2008 del 3,8%, ma con una riduzione nell’ultimo trimestre che ha raggiunto il 9,7%. In termini occupazionali, le previsioni avanzate per il 2009 da un’indagine Unioncamere ipotizzano che la quota di imprese toscane che assumerà nel corso dell’anno sarà del 17,9%, 10 punti in meno del 2008.

Una situazione pesante, appunto. E’ quindi cosa buona e giusta mettere in circolo risorse economiche e sostenere così il rilancio dell’economia locale. Ciò che non convince è il fatto che i finanziamenti saranno elargiti “a pioggia”, senza la minima condizione per l’accesso se non quelle relative alla dimensione d’impresa, alla regolare iscrizione alla Camera, e allo status di “azienda non in difficoltà” ai sensi della Comunicazione della Commissione europea “Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e ristrutturazione di imprese in difficoltà” 2004/C 244/02.

Non si tratta quindi di uno di quei casi, sempre più frequenti oggi e speriamo ancor più nel futuro, in cui la distribuzione di risorse dirette (e soprattutto lo stimolo al credito bancario) da parte del Pubblico avviene con la condizione di impegnare almeno una parte dei fondi per infrastrutture per la sostenibilità. Non ci sono vincoli, cioè, che puntino a far sì che (almeno una parte dei) soldi dati alle imprese vengano necessariamente utilizzati, per esempio, per l’efficienza energetica o per l’adozione di energie rinnovabili. Le imprese potranno utilizzare quei soldi in investimenti riconducibili alla green-economy, ma da nessuna parte esse vengono incitate a farlo dal punto di vista degli incentivi.

Ad esempio, andiamo ad osservare le linee di intervento che saranno finanziate: tra esse, segnaliamo «l’acquisto e ristrutturazione di immobili (compresi i terreni) solo se strumentali all’attività dell’impresa», a cui si sarebbe potuto aggiungere “e solo se la ristrutturazione avviene con l’uso di energie rinnovabili e con tecniche di bio-edilizia”. Altra voce finanziabile è «l’acquisto, rinnovo, adeguamento di impianti, macchinari, mobili, arredi e attrezzature», a cui non guastava posporre qualcosa come “con il vincolo esclusivo della ricerca di soluzioni che puntino all’instaurazione di processi caratterizzati da alta efficienza energetica ed ambientale”. Oppure, per chiudere con gli esempi, alla voce «acquisto di automezzi (..) solo se strumentali all’attività d’impresa» poteva essere aggiunto “e solo se funzionanti a gas o con motore elettrico ibrido”.

Certo, la coperta delle risorse economiche e finanziarie è corta. Ma appare sempre più evidente che i costi dell’inazione superano largamente quelli dell’agire in direzione della sostenibilità, a causa dell’enorme impatto economico che potrebbe avere la prospettata evoluzione del clima futuro e in generale il proseguire del depauperamento delle risorse energetiche e materiali. Qualcuno deve agire, quindi: ma se non è il Pubblico - e quindi anche le Camere di commercio - a orientare il sistema produttivo verso la sostenibilità (in primis attraverso la messa in moto di risorse non “libere”, ma vincolate al loro utilizzo in investimenti per la green-economy), chi dovrebbe svolgere questo ruolo? Il mercato, forse?

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