[03/06/2009] Rifiuti

Rifiuti in Italia: tra nuove indagini in Campania e déjà vu in Sicilia

LIVORNO. In Campania continuano ad uscire i veleni della gestione rifiuti e stamani una nuova inchiesta sulla loro gestione ha portato ad una raffica di arresti che ha coinvolto quindici persone, tra le quali il presidente della provincia di Benevento, Aniello Cimitile in qualità di collaudatore degli impianti che dovevano produrre Cdr. L´indagine è infatti centrata sui collaudi degli ex impianti di combustibile da rifiuti del Napoletano (Giuliano e Caivano) e del Sannio (Casalduni), oggi riconvertiti in impianti per la tritovagliatura, per l´operazione di pretrattamento dei rifiuti. I collaudi, falsati, hanno determinato la produzione di rifiuti da smaltire non conformi, le famose ecoballe, che giacciono su chilometri di piazzali in attesa di sapere quale sarà la loro destinazione.

E intanto a Palermo prosegue l´emergenza rifiuti, con cassonetti date alla fiamme per strada e l’intervento dell’esercito a fianco degli operatori dell’azienda di gestione (Amia) per rimuovere la spazzatura per strada. In una settimana sarà risolto il problema, portando via tutte le 4400 tonnellate riversate in strada, l’annuncio del sottosegretario Bertolaso, prontamente giunto sull’isola.

Immagini da deja vu, che richiamano non tanto e non solo quelle recenti viste nella città partenopea, quanto alla stessa Sicilia. Stupirsi per la situazione di crisi acuta che sta investendo Palermo è infatti avere memoria corta e addossare alle azioni di rimostranza dei netturbini palermitani le scene che ci rimandano i media è non voler ammettere che l’emergenza in Sicilia, iniziata (con relativi commissariamenti) alla fine degli anni ‘90, è ancora tutta da risolvere. Perché nel frattempo (seppur i commissariamenti siano stati interrotti) non si sono risolti i problemi strutturali della gestione dei rifiuti. A partire da una corretta pianificazione e dall’avviare quella strategia necessaria per mettere in piedi un sistema di gestione integrato.

Tutto il contrario di quanto sino ad ora è stato fatto, sperperando così risorse pubbliche (come ha evidenziato anche la Corte dei Conti) e ottenendo a fronte di investimenti per centinaia di milioni di euro, esigui e ridicoli risultati di raccolta differenziata, spesso nemmeno destinata a riciclo.
La pianificazione, in palese contrasto con le direttive europee, fatta a sostegno di una logica finalizzata all’incenerimento, cui si destinavano quantitativi maggiori di rifiuti di quelli prodotti nell’isola, tanto che la querelle sui quattro impianti ipotizzati dura da ormai qualche anno.

Ma non deve stupire nemmeno la prassi ormai seguita per risolvere le crisi acute, sperimentata dal governo in Campania e adesso riproposta anche a Palermo: ingenti risorse economiche (servirà un milione di euro per ripulire la città), di mezzi, recuperati anche in altri territori e di uomini dell’esercito (ma che «non diventi un’abitudine» avrebbe detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa). La logica dell’interventismo e delle soluzioni radicali che vorrebbe in Campania mandare tutto a bruciare e che potrebbe sostenere anche in Sicilia che quella è l’unica strada percorribile, dando ragione alla pianificazione a sostegno del business dell’incenerimento, utilizzata per operazioni clientelari dalla politica.

Due facce della stessa medaglia, quella di Napoli e di Palermo, di una amministrazione incapace di assolvere a quella che dovrebbe essere una pratica normale in un paese civile, ovvero impostare una gestione dei rifiuti prodotti che risponda ai criteri (almeno minimi) di efficacia, efficienza ed economicità, che ci è costata la gran parte delle procedure d’infrazione previste dall’Unione europea nei confronti del nostro paese.

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