[03/06/2009] Energia

Studio Ue: con 20% di rinnovabili 2,8 milioni di posti di lavoro e 1,1% di Pil

BRUXELLES. Se l’Europa riuscirà a centrare l’obiettivo contenuto nel pacchetto clima-energia del 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020 potrebbe portare a 2,8 milioni di posti di lavoro ed un valore aggiunto totale di circa l’1,1% del Pil europeo. A questa conclusione arriva lo studio “The impact of renewable energy policy on economic growth and employment in the European Union” e secondo il commissario Ue per l´energia, Andris Piebalgs, «Questo dimostra che i benefici delle fonti rinnovabili in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e di lotta contro i cambiamenti climatici possono andare di pari passo con i benefici economici».

Lo studio si basa su una solida analisi della situazione storica, analizzata secondo un input-output model Multireg) che è stato utilizzato per valutare l´effetto degli sviluppi nel settore energie rinnovabili su altri settori economici. Lo studio analizza l´effetto delle politiche di sostegno alle fonti rinnovabili fino al 2030 attraverso due ben definiti, modelli macroeconomici indipendenti (Nemesis e Astra, utilizzati in parallelo per verificare i possibili effetti positivi e L´incidenza sul Pil e l´occupazione è analizzata secondo due diversi scenari: quello business as usual che prevede il sostegno alle attuali politiche per le fonti energetiche rinnovabili che porterebbero ad una quota di fonti energetiche rinnovabili nel consumo finale di energia del 14% entro il 2020 e il 17% entro il 2030; Lo scenario Accelerated Deployment Policies con il rafforzamento delle politiche di sostegno alle energie rinnovabili che porta ad una quota di fonti energetiche rinnovabili del 20% entro il 2020 e il 30% entro il 2030.

Per raggiungere gli obiettivi del pacchetto 20-20-20 e l’incremento di occupazione occorrono politiche di sostegno più forti di quelle messe in campo oggi». Secondo la Commissione europea, già nel 2005, «il settore delle energie rinnovabili in Europa dava lavoro a 1,4 milioni di persone, con un valore aggiunto lordo di 58 miliardi di euro». Le energie rinnovabili sono diffuse in maniera molto differente tra i vari Paesi dell’Unione Europea e biomasse, eolica e idroelettrico sono attualmente quelli che danno più occupazione.

Secondo lo studio, in futuro molte più persone dovrebbero essere impiegato nel settore delle energie rinnovabili, la crescita riguarderà soprattutto gli Stati membri che hanno aderito all´Ue nel 2004 e nel 2007. L’effetto del pacchetto 20-20-20 dovrebbe quindi, nonostante le perplessità e l’ostentata contrarietà dei Paesi dell’est europeo e dell’Italia al momento della sua approvazione, avere effetti positivi propri sull’ex Patto di Varsavia che il nostro governo cercò di far rinascere capeggiare in funzione anti-Ue, ma anche per il nostro Paese che ha da recuperare molto terreno.

Lo studio afferma che l’attuazione della politica per l’energia rinnovabile creerà entro il 2020 410.000 posti di lavoro in più e aumenterà dello 0.24% il Pil nell’Europa a 27, ma sottolinea anche che sono necessarie politiche più forti ed incisive per sfruttare al massimo i benefici economici che possono arrivare dalle fonti energetiche rinnovabili.

Quindi più competitività e non certo un danno come temevano Scajola, Ronchi e la Prestigiacomo. La Commissione europea spiega che «Altre tecnologie innovative, quali fotovoltaico, eolico offshore, solare termico e di energia elettrica i biocarburanti di seconda generazione richiedono un maggiore sostegno finanziario a breve termine, ma sono proprio la chiave per raggiungere l´obiettivo Ue del 2020, che a sua volta, contribuirà a mantenere l´attuale posizione competitiva nel mercato globale e di aumentare l´occupazione e il Pil nel medio termine».

Lo studio in inglese è consultabile su
http://ec.europa.eu/energy/renewables/studies/doc/renewables/2009_employ_res_summary.pdf

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