[11/06/2009] Parchi

Il Perú sospende la legge anti-indios. Apertura o solo una tregua?

LIVORNO. Il Congreso de Perú ha sospeso il decreto “Ley de la selva” che ha causato i violenti scontri tra polizia e dimostranti nell’Amazzonia peruviana che hanno causato la morte di almeno 34 persone secondo il governo, mentre gli indios e alcune Ong parlano di almeno 100 morti. I popoli autoctoni peruviani ce l’hanno fatta almeno a far sospendere la legge che ora viene sospesa per 90 giorni con l’obiettivo di studiare modifiche e di far sbollire una situazione diventata esplosiva e che ha messo il governo aprista del presidente Alan Garcia sul banco degli imputati per la repressione sanguinosa dei nativi dell’Amazzonia che chiedono di rispettare il loro diritto di proprietà comunitaria sulle terre che fanno gola a multinazionali petrolifere, minerarie e del legname.

La sospensione è arrivata dopo un acceso dibattito di 5 ore ed alla fine è stata appoggiata dal Partido Aprista al governo, dall’opposizione di Alianza por el Futuro (il partito dell’ex presidente Fujimori destituito e fuggito dal Paese per corruzione e condannato per delitti contro l’umanità), dai conservatori di Unidad Nacional e dalla formazione indipendente Alianza Nacional. L’opposizione del Partido Nacionalista Peruano, insieme ad altri partiti minori ha votato contro la sospensione chiedendo l’abrogazione definitiva del decreto legislativo 1090 - ley de la selva - che stravolge la Ley Forestal del 2000, ed approvato nel giugno 2008 insieme ad un pacchetto di leggi con le quali il governo di Lima si adegua al Trattato di libero scambio con gli Usa.

Alan Garcia sostiene che questo permetterà di supervisionare e regolamentare l’approvvigionamento sostenibile delle risorse forestali, comprese le concessioni al taglio, l’ecoturismo e la salvaguardia ambientale, il tutto sotto il controllo di un’autorità indipendente ma nominata dal ministero dell’agricoltura. Le promesse e le assicurazioni del presidente peruviano non hanno convinto i popoli indigeni dell’Amazzonia che, testo alla mano, evidenziano quanto il decreto apra la strada ad un’incontrollata appropriazione delle loro terre ancestrali da parte di aziende private e che la sua approvazione è avvenuta senza alcun coinvolgimento delle comunità indie, così come invece vorrebbe l’Organizzazione internazionale del lavoro. Il governo ha provato a forzare la situazione, ma si è trovato a fronteggiare per mesi la protesta organizzata di oltre 60 tribù riunite nell’Asociación interétnica de desarrollo de la selva peruana (Aidesep), che hanno bloccato strade, fiumi (riaperti con le cannoniere) ed ostacolato le attività petrolifere e gasiere nella regione amazzonica, provocando in varie città l’interruzione dei rifornimenti alimentarti e, negli ultimi giorno, anche di energia.

Una protesta dura ma sostanzialmente pacifica alla quale il governo ha risposto con una brutale repressione poliziesca che ha causato decine di morti ed un numero imprecisato di feriti, desaparecidos e persone finite in carcere. Il Nicaragua ha avvertito il governo del Perù che concederà l’asilo politico al leader dell’ Aidesep Alberto Pizango, che si è rifugiato nell’ambasciata nicaraguense di Lima: «Diamo asilo al leader indigeno e stiamo aspettando che il governo peruviano decida in quanto tempo fornirà il salvacondotto perché questo compañero possa viaggiare verso il Nicaragua».

Secondo Telesur, Pizango «Si è visto obbligato a rifugiarsi nell’ambasciata nicaraguense dopo l’ordine di cattura emesso contro di lui, per aver promosso una protesta indigena». Alan García, ha detto ieri che il Congresso é disposto a fare le variazioni necessarie alle leggi proposte dal governo e ha sottolineato che il Parlamento di LIma ha già modificato la metà degli articoli delle leggi per «difendere la selva dai depredatori e cocaleros. Il Tribunal Constitucional ha deciso che se esistono infrazioni sarà la volta buona perché si tratti per una soluzione pacifica del conflitto». Riferendosi agli scontri del 5 giugno a Bagua, Garcia ha detto che «la soluzione non passa per l’ammazzare 24 poliziotti. Questo è un crimine che non può rimanere impunito. I poliziotti avevano una volontà democratica e di dialogo con gli indigeni, ma sono stati uccisi in un selvaggio e barbaro».

Evidentemente per il “socialdemocratico” Garcia la democrazia ed il dialogo si impongono con i manganelli, gli attacchi ai villaggi indigeni, l’affondamento delle piroghe che cercano di impedire prospezioni petrolifere in uno degli ambienti più delicati del pianeta, l’uccisione, l’arresto e la sparizione dei leader indios... Poi, dopo aver provocato una disperata reazione violenta, la si condanna. Secondo Nancy Obregón, una parlamentare del Partido Nacionalista del Perú, la sospensione del decreto non rappresenta la soluzione che chiedevano le comunità indigene ed ha annunciato che le due deputate indie hanno cominciato oggi uno sciopero della fame contro la legge 1090.

«E’ iniziata una manovra ed una manipolazione da parte del partito aprista ación por parte del partito aprista, con il consenso della ghenga fujimorista e di Unidad Nacional – dice la Obregón – Il voto del Parlamento ha distorto ogni tipo di speranza delle comunità originarie, che speravano nell’annullamento della ley 1090, ma purtroppo hanno deciso di sospenderla per appena 90 giorni. La sospensione non é la soluzione, qui le persone sono state dissanguate ed il sangue è arrivato al fiume. La popolazione che tiene in piedi la lotta da 55 giorni, ha chiesto l’abrogazione del decreto, però lui ha ignorato questa richiesta.

Obregón accusa Garcia e i suoi alleati di «Non aver voluto discutere del tema di fondo nemmeno dopo aver visto tanto spargimento di sangue. Per questo motivo i parlamentari del Pnp resteranno dentro il Parlamento come forma di protesta e richiedono l’annullamento del decreto che ha generato il conflitto. Siamo molto indignati per questa situazione che stiamo vivendo in questa fase che il presidente Garcia dice democratica. Si tratta di un’aberrazione e di un massacro che è stato fatto contro il popolo amazzonico».

La Obregón ha anche ricordato che Alan Garcia non è nuovo a questo tipo di repressione: «durante il primo governo del presidente peruviano, l’11 febbraio 1989, vennero massacrati a Mansalva agricoltori e campesinos della regione di Ucayali. Allora si mandò a sparare a bruciapelo a molti contadini che protestavano. E´ lo stesso atteggiamento irresponsabile, la superbia e la prepotenza del signor Garcia, che vediamo oggi con quel che è accaduto in Amazzonia».

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