[12/06/2009] Comunicati

Stallo a Bonn. De Boer: «A Copenhagen nessun accordo dettagliato sul clima»

LIVORNO. Che i Climate change talks che termina oggi a Bonn non sarebbero stati una tappa di avanzamento positiva nella road map sul clima approvata a Bali lo sapevano un po’ tutti, ma alla vigilia della loro chiusura è toccato prenderne atto anche ad un ottimista della volontà come Yvo de Boer (nella foto), il segretario della Framework Convention on Climate Change dell’Onu (Unfccc): sarà «fisicamente impossibile» raggiungere un accordo per combattere i cambiamenti climatici nel vertice di dicembre a Copenhagen.

Però de Boer spera che «Copenaghen farà chiarezza sui principali temi politici in questo dibattito, sulle misure dei Paesi industrializzati per ridurre le loro omissioni e su ciò che i grandi Paesi in via di sviluppo sono disposti a fare per ridurre le loro emissioni».

De Boer, di fronte allo stanco ripetersi del rituale che vede contrapposti i Paesi in via di sviluppo a quelli sviluppati, di fronte alle furbizie di Canada, Russia e Giappone ed alle “virtuose” intenzioni di Ue ed Usa che però si fanno scudo delle ritrosia altrui, auspica che almeno ci sia «chiarezza sul finanziamento ai Paesi in via di sviluppo» per aiutarli a ridurre le loro emissioni e ad adattarsi al cambiamento climatico, e che sarebbe necessaria anche «chiarezza sulla struttura della governance per gestire questi fondi».

Però non tutto è andato male a Bonn: «Il bilancio dei progressi compiuti qui nel meeting dell’1 -12 giugno per preparare il vertice di dicembre ha programmato un accordo sul clima che potrà essere redatto - ha detto de Boer - , negli ultimi due giorni diversi Paesi hanno aggiunto 200 pagine al progetto di accordo, aumentando quindi la complessità dei negoziati».

Ma de Boer ammette che «I progressi cruciali dei colloqui sul Protocollo di Kyoto sono stati molto meno positivi del previsto. Non c´è stato alcun accordo sul nuovo obiettivo collettivo per l’Annex I countries», cioè l’allegato al protocollo che fissa gli impegni di riduzione dei gas serra dei Paesi industrializzati il periodo successivo al 2012, quando terminerà il "periodo di impegno" di Kyoto.

No è cosa da poco, visto che questo è il principale punto di scontro da Bali in poi, con i Paesi sviluppati che dicono di essere disposti ad impegnarsi a ridurre le loro emissioni se anche i Paesi emergenti come India, Cina e Brasile si impegnano a riduzioni certe delle loro emissioni.

I Paesi in via di sviluppo non accettano questa posizione e ribattono che storicamente e per lungo tempo tutta la CO2 in più scaricata in atmosfera è venuta dai Paesi industrializzati che sono quindi i veri colpevoli dei cambiamenti climatici, che stanno colpendo la produzione agricola e provocando siccità, inondazioni e tempeste sempre più frequenti e distruttive e aumentano il lo del mare.

A Bonn le Ong guardano sconsolate ed allarmate lo stallo in cui si sono cacciate le delegazioni dei 183 governi presenti a Bonn, il cui segnale definitivo è stato l’annuncio dato dal primo ministro giapponese Taro Aso: dopo il Giappone sarebbe disposto a ridurre le proprie emissioni dell’8% 2012 rispetto ai livelli del 1990, solo il 2% in più degli impegni attuali (e clamorosamente disattesi) presio da Tokyo all’interno protocollo di Kyoto.

De Boer è sconcertato dall’impudenza giapponese e di altri Paesi ricchi: «Per la prima volta nei miei due anni e mezzo in questo lavoro, non so cosa dire. Siamo ancora molto lontani dalla ambiziosi scenari di riduzione delle emissioni dell’Ipcc, che sono un faro per il mondo».

La situazione dei negoziati internazionali sul clima non ha quindi fatto nessun passo avanti a Bonn ma de Boer ha ricordato che «i negoziatori si riuniranno di nuovo qui nel mese di agosto», quando dovrebbero essere disponibili i documenti definitivi per Copenhagen e le proposte concrete di ogni Paese.

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