[15/06/2009] Energia

Il pellet radioattivo e lo spettro di Cernobyl

LIVORNO. Continuano a rendersi evidenti gli effetti anche a lungo termine dell’uso del nucleare, per le contaminazioni ambientali che ne possono derivare, sia per l’attività ordinaria, sia in caso di incidenti. Stavolta si sono evidenziati per un apparentemente innocuo uso del pellet per alimentare le stufe casalinghe.
L’allarme è scattato ad Aosta dalla segnalazione di un cittadino che si era rivolto ai vigili del fuoco dopo che si era accorto che i pellet acquistati non bruciavano bene. Da cui la scoperta che l´eco-combustibile in questione, che in alcuni casi ha fatto rilevare una radioattività (dovuta alla presenza di cesio 137) cinque volte superiore alla soglia di tollerabilità, fa parte di una partita - non completamente contaminata - di 10 mila tonnellate giunte dalla Lituania nell´autunno scorso e distribuite da un importatore di Varese.

Oggi si sapranno i primi risultati delle analisi condotte dall´Arpa della Valle d´Aosta sulla pericolosità per la salute umana delle ceneri prodotte da stufe che hanno utilizzato i pellet radioattivi e i riscontri scientifici saranno consegnati alla Procura delle Repubblica di Aosta che sta coordinando, assieme alla squadra mobile della questura, l´operazione. In Valle d´Aosta - secondo quanto è stato riferito dal procuratore della Repubblica di Aosta, Marilinda Mineccia - la fornitura di combustibile contaminato è giunto a febbraio tramite un rivenditore di Saint-Christophe, di cui sono stati sequestrati i quantitativi rimanenti in magazzino, ma altre 23 tonnellate di pellet sono state sequestrate dalla squadra Mobile della questura di Bologna in un´azienda a Ponte della Venturina, una frazione di Granaglione sull´Appennino al confine con la Toscana.

Se la contaminazione è ancora da mettersi in relazione con l’incidente di Cernobyl del 1986 (il peggiore mai avvenuto nella storia del nucleare ad uso civile) non è riportato da nessuna agenzia, anche se la provenienza del pellet e il tipo di radioattivo che lo ha contaminato, farebbero pensare che non si tratti di una strana coincidenza.

Tra i maggiori paesi produttori di questo combustibile, si legge sul sito www.pelletitalia.org , vi sono il Canada, la Svezia, la Germania, l´Austria, la Svizzera e i Paesi Baltici, mentre si stanno affacciando sul mercato alcuni paesi dell´Est, la Cina, il Brasile e il Sud-est asiatico. In generale comunque il pellet sarà sempre più prodotto da quei paesi che dispongono di grandi estensioni di terreni boscosi (Russia 880 milioni di ettari). Mentre in Italia, che rappresenta uno dei maggiori mercati europei per i sistemi di riscaldamento con il pellet , attualmente non ci sono grossi produttori, tranne qualche piccola realtà nel nord-est e nel centro del paese, e i prodotti sul mercato sono quasi esclusivamente di importazione.

Il pellet rappresenta una validissima alternativa alle tradizionali fonti energetiche per il riscaldamento, in quanto le emissione di Co2 prodotte equivalgono a quelle assorbite da una pianta durante il suo ciclo di vita, ma lo sarebbe ancora di più se per produrlo si utilizzassero gli scarti agricoli e della manutenzione dei boschi, che invece in genere diventano rifiuti. Con il beneficio di utilizzare una energia rinnovabile, chiudendo allo stesso tempo una parte del ciclo dei rifiuti e di avere maggiori garanzie dell’assenza di contaminanti radioattive.

La direzione che era stata presa con l’ultima finanziaria del Governo Prodi che aveva introdotto il principio del raggio di 70 chilometri di provenienza delle biomasse che sarebbero rientrate nel circuito degli incentivi: strada che invece è stata abbandonata dall’attuale governo.

Anche Coldiretti consiglia di privilegiare biomasse locali, o comunque nazionali per avere maggiori garanzie di tracciabilità
«E´ necessario investire sulla produzione di energia rinnovabile dell´agricoltura italiana – ha dichiarato l’associazione degli agricoltori-che è ottenuta per oltre il 70% da biomasse combustibili dove sono completamente assenti i rischi di contaminazione nucleare».

A mettere direttamente in relazione con Cernobyl il pellet radiattivo è stato il presidente dell´Aduc Primo Mastrantoni, che ricorda che il cesio 137 ha un tempo dimezzamento di 30 anni (dimezza cioè la propria radioattività nel corso di 30 anni), ed è particolarmente pericoloso perchè viene fissato, data la somiglianza con il potassio e il sodio, dagli organismi animali e vegetali»

«Un monito per il nostro Governo - continua l´Aduc - che ha varato un programma di costruzione di 4 centrali nucleari al modico prezzo di 5 miliardi l´una, che in Italia, moltiplicatore delle spese pubbliche, arrivera´ a 7 miliardi. Sulla qualità delle centrali nostrane abbiamo dei seri dubbi visto che abbiamo costruito 500 ospedali in zona sismica e non si trovano i soldi per renderli sicuri benché la legge antisismica risale al lontano 1974 e che non riusciamo a smaltire correttamente la monnezza che produciamo. Considerato che le centrali nucleari italiane entreranno in funzione tra 15 anni, se va bene, sarebbe opportuno accantonare questi sogni di gloria e puntare sulle energie rinnovabili e sulla razionalizzazione dell´energia prodotta e consumata».

Link che ovviamente viene invece accuratamente evitato dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che si limiat a «esprimere apprezzamento per l’azione disposta dall’autorità giudiziaria di Aosta ed eseguita in diverse province italiane, che ha evitato il rischio che il persistere di un suo utilizzo diffuso potesse provocare danni alla salute.
Ho provveduto – aggiunge il ministro - a disporre ulteriori controlli attraverso l’Ispra, per garantire i massimi standard di sicurezza. Allo stesso modo, però ribadisco che il sistema energetico basato sugli ecocombustibili è assolutamente sicuro, pulito, e contribuisce ad abbassare gli standard di emissioni in atmosfera, garantendo inoltre un notevole risparmio economico».

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