[15/06/2009] Comunicati

Bonn: dagli ambientalisti forti critiche a Ue ed Usa

LIVORNO. Usa e Unione europea sono bersagliati dalle critiche delle Ong per i miseri risultati dei Climate change talks di Bonn, mentre i Paesi in via di sviluppo definiscono gli obiettivi di riduzione dei gas serra annunciati dal Giappone ««vergognosi». L’Ue è sotto attacco per aver inviato pessimi segnali, come la riunione dei ministri delle finanze europei che il 9 giugno non hanno avanzato cifre concrete ma solo dei semplici criteri per il finanziamento delle misure di attenuazione del cambiamento climatico e la fornitura dio tecnologie verdi ai Paesi in via di sviluppo.

Gli Usa vengo criticati per la loro mancanza di leadership. Secondo Tim Gore, consigliere di Oxfam per il cambiamento climatico «gli Usa sono rimasti molto calmi questa volta, a paragone con il primo ciclo di negoziati di due mesi fa. All’epoca, la comunità mondiale aveva largamente salutato l’impegno dell’amministrazione del presidente Barack Obama, dopo anni di inazione sotto il presidente Bush. Siamo lontani dalla certezza che gli Usa possano far adottare dal Congresso il loro progetto di legge sul clima prima della fine dell’anno, il che potrebbe bloccare il mandato del governo per sottoscrivere gli obiettivi di riduzione delle emissioni». Il timore è che gli ambiziosi obiettivi di Obama non riescano a spuntarla di fronte alla crisi Usa.

In effetti, nonostante le speranze di Yvo de Boer, quel che si è visto a Bonn è che i Paesi ricchi non hanno mosso un passo verso un accordo sugli obiettivi comuni di riduzione delle emissioni e per questo sono stati pesantemente attaccati nell’ultimo giorno della conferenza da 40 Paesi del G77 che hanno chiesto loro espressamente riduzioni del 40% rispetto ai livelli del 1990. Una richiesta alla quale non si avvicinano nemmeno il 30% in meno dell’Ue (nel caso che anche gli altri Paesi sviluppati si impegnino a tagli paragonabili) né la proposta di legge Usa che prevede un ritorno alle emissioni del 1990. Inoltre, Russia, Nuova Zelanda, Svizzera, Bielorussia ed Ucraina si sono rifiutate di définire un obiettivo a breve termine. Chi ha fatto arrabbiare di più ambientalisti e Paesi poveri è il Giappone con la proposta farsa di una riduzione del 15% rispetto al 2005 entro il 2020 che poi è l’8% rispetto al 1990.

Secondo Kim Carstensen, del Wwf, «E’ una vergogna che ha fatto partire sul piede sbagliato i negoziati qui a Bonn. La decisione di Aso (il premier giapponese, ndr), influenzata dagli inquinatori più che dall’opinione pubblica, rende il compito di concludere un bon accordo ancora più difficile». L’Ue si è guardata bene dal criticare Tokyo e si è limitata ad incoraggiare il Giappone a prendere misure supplementari. Secondo gli osservatori a Bonn comunque la discussione sui meccanismi di finanziamento è andata avanti e sembra esserci un consenso ampio sulla proposta messicana di un Fondo climatico al quale i Paesi dovrebbero contribuire in base ai loro Pil e livelli di emissioni.

Un gruppo di Paesi in via di sviluppo ha proposto di tassare i biglietti aerei e navali e di imporre una tassa sui carburanti utilizzati per i trasporti che dovrebbero finire ai Paesi poveri che sono anche destinazioni turistiche. L´Australia ha proposto un meccanismo riguardante il tetto delle emissioni in entrambi i settori, ma senza dire come spendere i fondi raccolti attraverso il meccanismo. L’Ue ha gia incluso l’aviazione nel suo sistema Eu Ets di scambio delle emissioni ma ha detto di aspettare che l’Organizzazione marittima internazionale presenti un quadro delle emissioni del traffico marittimo per prendere una decisione al riguardo.

Insomma, molte chiacchiere e pochi risultati tangibili che hanno fatto chiedere alle Ong un intervento di alto livello politico. Martin Kaiser, direttore delle politiche climatiche di Greenpeace International sottolinea: «E’ chiaro che molti burocrati governativi che negoziavano a Bonn stanno all’interno della loro piccola bolla, intangibile sia dalle inquietudini dell’opinione pubblica che dalla scienza climatica».

Per questo gli ambientalisti chiedono che i dirigenti mondiali si assumano tutte le loro responsabilità al G8 di luglio in Italia e che comincino a dire come intendono ottenere un risultato ambizioso a Copenhagen. Per Oxfam manca la volontà politica dei Paesi industrializzati che così bloccano ogni progresso e distruggono la fiducia dei Paesi poveri nei negoziati. «I delegati dei Paesi ricchi hanno passato due settimane a parlare ma non hanno fatto niente sulle questioni che contano davvero – dice Antonio Hill, consigliere politico di Oxfam – I Paesi ricchi possono mentire a sé stessi dicendo che lavorano in vista di un accordo, ma non ingannano nessun altro».

Friends of the Earth Europe ha accusato i Paesi sviluppati di aver ormai preso in ostaggio i negoziati sul clima. «L’elezione del presidente Obama ha creato una speranza immensa in tutto il mondo – sottolinea Sonja Meister, un’esponente dell’associazione – Gli Usa stavano finalmente giocando un ruolo di primo piano nella risoluzione della crisi climatica della quale sono responsabili più di ogni altra nazione sulla terra. Sfortunatamente, la posizione dell’amministrazione Obama pare terribilmente simile a quella di George Bush, e l’Ue sembra non essere capace di dimostrare la leadership necessaria o di non voler mettere gli Usa davanti alla loro responsabilità».

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