[15/06/2009] Monitor di Enrico Falqui

La Torre civica di Firenze (2)

FIRENZE. I modelli diffusi di urbanistica hanno prodotto un’organizzazione della vita quotidiana,tipicamente basata sul trasporto automobilistico e la comunicazione elettronica, che incoraggia una “società di tipo insulare”tra le persone.
Ciò significa che ogni individuo, nella città contemporanea complessa, si collega a una serie limitata di luoghi come in un arcipelago, riducendo l’importanza della loro identità collettiva ed il ruolo culturale dello spazio pubblico.

Da una città di luoghi specializzati, dove gli edifici avevano “un fine” si passa alla città contemporanea, dove ciò che conta è il processo di interiorizzazione che essa ha subito per adattarsi alle “nuove tecnologie” elettroniche che sostituiscono progressivamente i “vettori” novecenteschi di mobilità delle merci e delle persone.
Andrea Branzi ha coniato una definizione appropriata di questa città contemporanea, una “città di interni”, nella quale “ si agisce negli spazi “micro” per realizzare la “qualità” del costruito; il nuovo valore della città diventa, quindi, l’insieme di queste micro-realtà che raggiungono, attraverso il “brand” dell’architettura contemporanea, una condizione di “eccellenza”,nelle parti della città che risultano reversibili e incomplete. Anzi, quanto più aumenta il grado di anarchia e di incompletezza della città contemporanea, tanto più essa distrugge le specializzazioni dell’ambiente ed i fini degli edifici, predisponendo la comunità urbana, attraverso la frammentazione dell’ambiente naturale e la crescita dell’urban-sprawl, ad accettare l’inevitabile costruzione della metropoli diffusa, senza confini e limiti precisi.

Dunque, la città contemporanea occidentale ha raggiunto, negli ultimi dieci anni, “il picco” della sua ascesa ( proprio come accade simultaneamente per le riserve di petrolio, a proposito dell’uso intensivo dell’energia di origine fossile) .
Per proseguire in tale corsa verso l’apice dello sviluppo , essa si trova davanti due limiti insuperabili, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, costituiti dalla “carrying capacity”dei sistemi ecologici terrestri e dalle modificazioni climatiche conseguenti all’adozione di un modello insediativi urbano e infrastrutturale che causa il 75% di perniciose conseguenze sull’ambiente, sui cibi e sulla salute degli abitanti dell’intero Pianeta.

L’indicatore più evidente di questa condizione di “picco”, nel ciclico andamento di ascesa dello sviluppo delle città occidentali, è costituito dal fatto che le trasformazioni urbane hanno bisogno di produrre non più “un ordine” urbano di livello e complessità superiore; al contrario, esse hanno bisogno di maggiore “entropia urbana”( ovvero, disordine, anarchia) di maggiore frammentazione per produrre “nuova qualità” dello spazio e dell’architettura urbana, rinnovando un ciclo di riproducibilità dei bisogni, ben conosciuto agli specialisti del marketing pubblicitario per i beni di consumo, in larga parte inutili per il consumatore.

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