[15/06/2009] Comunicati

I Paesi ricchi stanno preparando un carbon market alternativo e parallelo per il post-Kyoto?

LIVORNO. La road map di Bali verso Copenaghen si sta rivelando una strada ancora più accidentata di quanto si pensava e le differenze di prospettive ed obiettivi tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo su come affrontare il cambiamento climatico aumentano invece di diminuire. Gli ultimi Climate change talks di Bonn hanno fatto temere perfino su un esito positivo della Conferenza Onu sul clima di Copenhagen a dicembre e a quanto pare, nel caso non si riesca a trovare l’accordo su un trattato vincolate per il post-Kyoto, i Paesi più sviluppati, compresi Usa ed Ue, stanno pensando ad una via di uscita alternativa e forse parallela: la creazione di un carbon market al di fuori del quadro dell’Onu.

Una specie di champions league dei ricchi della CO2 che detti la linea a tutti. Una cosa molto difficile da digerire per la "serie B" dei grandi Paesi emergenti e pericolosissima per i Paesi poveri che giocano nel terzo e quarto mondo. Secondo, Nathaniel Keohane, un analista dell´Environmental defense fund, «Una delle ragione per le quali lo sviluppo di un tale mercato sarebbe attraente è perché Paesi come gli Stati Uniti ed altri Paesi come la Cina, la Corea del Sud e il Messico potrebbero benissimo fissare in questa maniera degli obiettivi nazionali più ambiziosi che nel quadro di un accordo internazionale».

Anche Pietro Fusaro, un esperto di carbon trade della Global change associates è convinto che «Fare in modo che tutto il mondo sia d’accordo a Copenhagen sarà molto difficile. E’ per questo che io non penso che la possibilità dello sviluppo di un mercato al di fuori del processo internazionale sia completamente fuori questione. Penso che sia una possibilità molto probabile».

La scommessa dei Paesi più avanzati sarebbe quella che i grandi Paesi emergenti come la Cina e l’India si troveranno presto “costretti” ad aderire presto a questo mercato per vendere ai “ricchi” i loro crediti di emissioni di CO2 cin cambio della realizzazione di progetti di energie rinnovabili.
Il modello del nuovo carbon market dovrebbe essere quello europeo: i Paesi potranno acquistare dei crediti di emissioni che li autorizzano a inquinare in cambio del finanziamento di iniziative di riduzione dei gas serra in altri Paesi.

Uno studio realizzato dal gruppo McKinsey dimostra che i finanziamenti per mitigare gli effetti del cambiamento climatico destinati alle nuove tecnologie per le energie rinnovabili, per progetti di efficienza e risparmio energetici o per la salvaguardia delle foreste potrebbero costare oltre 260 miliardi di dollari all’anno fino al 2030.

«C’è un consenso crescente sull’obiettivo di mobilitare il capitale di cui dispongono i Paesi per metterlo sui mercati in maniera seria – ha detto Keohane durante una conferenza sulla finanza ambientale - Un mercato del carbonio potrebbe essere facilmente integrato nel progetto di legge sul cambiamento climatico che è attualmente dibattuto negli Stati Uniti. Il progetto di legge potrebbe così permettere ai grandi inquinatori americani di acquistare circa un miliardo tonnellate all’anno di crediti di CO2.

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