[19/06/2009] Comunicati

Climate change: è giunto il tempo di mostrare una vera capacità di leadership di Gianfranco Bologna

ROMA. Si è concluso il 12 giugno scorso a Bonn l’ultimo meeting degli appositi gruppi di lavoro nell’ambito della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite che era iniziato il 1 giugno. Dodici giornate piene che hanno avuto l’obiettivo di far progredire di un ulteriore passo in avanti il negoziato internazionale sul clima per giungere alla 15° Conferenza delle Parti della Convenzione, che avrà luogo il prossimo dicembre a Copenaghen, con il testo del nuovo trattato che dovrà prendere il posto di quello di Kyoto in scadenza entro il 2012.

Gli incontri, a cui hanno preso parte più di 4600 partecipanti, tra delegati governativi, rappresentanti del mondo delle imprese e dell’industria, delle Organizzazioni ambientaliste e degli Istituti di ricerca, provenienti da 183 Paesi, hanno riportato progressi sulle bozze dei testi negoziali, che sono stati revisionati in modo da rispecchiare meglio le proposte dei governi sulla futura azione internazionale sui
cambiamenti climatici.

Il Presidente di uno dei tre gruppi di lavoro, quello dedicato all’adempimento del cosiddetto piano di Bali (approvato dalla Conferenza delle Parti della Convenzione tenutasi a Bali nel 2007) ha sottolineato il verificarsi di un’accelerazione delle negoziazioni a Bonn, dove, a suo parere, sono stati aggiunti molti elementi importanti nel testo negoziale rispetto ad una visione condivisa per l’azione cooperativa nel lungo periodo e sul rafforzamento dell’azione negli ambiti della mitigazione, dell’adattamento, del trasferimento delle tecnologie e dei finanziamenti. “Il prossimo passo”, ha spiegato, «sarà raffinare e migliorare il testo e iniziare a prepararne la stesura al prossimo incontro previsto in agosto».

Il Presidente del gruppo dedicato proprio a precisare i nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti ha osservato che il lavoro a Bonn si è concentrato sulla proposta di emendamenti del Protocollo di Kyoto, ma ha rilevato che il gruppo deve ancora decidere (e questo a sei mesi da Copenaghen !!) l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra che i Paesi inclusi nell’Allegato I (quindi, in pratica, i paesi industrializzati) devono raggiungere sia in totale, sia individualmente.

«Abbiamo bisogno della lista finale completa degli impegni dei Paesi industrializzati in modo da poter stimare dove siamo in termini di riduzione delle emissioni», ha poi commentato. Il Segretario Esecutivo della Convenzione, Yvo de Boer (Nella foto), secondo il quale «un ambizioso ed efficace risultato concordato è in vista», ha dichiarato: «Un grande risultato di questa sessione è il fatto che i governi abbiano reso più chiaro cosa vogliono vedere scritto nell’accordo comune di Copenaghen».

De Boer ha tuttavia aggiunto che il gruppo negoziale sugli obiettivi di riduzione è ancora molto lontano dall’intervallo di riduzione delle emissioni indicato dalla comunità scientifica internazionale per evitare gli effetti ed i danni peggiori dei cambiamenti climatici (una riduzione del 25-40% nel 2020 rispetto al 1990). “Da ora a Copenaghen il livello di ambizione deve aumentare. Questo è ancora possibile se le opportunità per l’azione cooperativa a livello internazionale sono pienamente comprese”.

Il leader della Global Climate Initiative del WWF, Kim Carsensten, ha invece così commentato gli esiti delle lunghe giornate di riunione: «I delegati presenti concordano di essere in disaccordo su quasi tutti i punti cruciali della discussione. E´ un po´ come essere in una classe di cattivi studenti. Sperano di potersi nascondere in qualche modo dietro ai compagni, dietro ai piccoli inganni, sperando che l´insegnante non li noti. Solo che qui le conseguenze sono diverse. Non solo rimani indietro, ma fai affondare con te l´intero pianeta».

Mentre la comunità scientifica sta dimostrando con numerosi e significative nuove ricerche che il ritmo del cambiamento climatico sta accelerando e porta nuove prove che i disastri naturali causati da temperature sempre più elevate colpiranno i più poveri e i più vulnerabili, le nazioni ricche non riescono a fare alcun sacrificio o concessione. La sensazione espressa dagli esperti del Wwf presenti al meeting e condivisa da tutti gli esperti delle altre organizzazioni non governative internazionali è riassumibile in queste frasi: «Non vediamo nessuna rivoluzione politica in arrivo. Al contrario, i delegati si stanno preparando per le battaglie dei prossimi appuntamenti. Hanno manifestato le loro posizioni con maggiore chiarezza, il che è utile, ma non hanno sciolto nessuno dei nodi insoluti. La netta sensazione è che si stia perdendo del tempo preziosissimo».

La realtà infatti è che nonostante qualche piccolo progresso su questioni marginali, grazie al fatto che i delegati erano impegnati a discutere una bozza delle Nazioni Unite, nessun Paese ha mostrato la volontà di compiere il primo passo.
Non c´era alcun vero leader che si sia alzato per mostrare agli altri la strada (neanche l’Unione Europea o la nuova amministrazione USA), i Paesi si nascondevano gli uni con gli altri. La sensazione è stata un po’ quella che i delegati hanno probabilmente sperato che mentre loro proseguono con la serie di incontri previsti fino a Copenaghen, il mondo trovi una soluzione da solo, il disastro si allontani, le persone smettano di soffrire e i problemi scompaiano. Ma, purtroppo per loro e per noi tutti, si sbagliano.

Se dovessimo vivere in futuro nel mondo che i Paesi più sviluppati hanno contribuito a creare fino ad ora, sarebbe, con grande probabilità, un mondo alle prese con una crisi climatica fuori controllo. Mentre la scienza ci dice che le emissioni dei Paesi più ricchi devono essere ridotte almeno del 25-40% entro il 2020 per garantirci di rimanere al di sotto di un riscaldamento di 2°C e almeno dell’80% entro il 2050, le nazioni rimangono ancorate a livelli di riduzione ancora troppo bassi e insufficienti. Tenendo conto della quantificazione dell’ammontare degli impegni fin´ora assunti dai Paesi sviluppati possiamo raggiungere una riduzione di circa il 10% per il 2020, forse poco di più. Si tratta realmente di una cifra improponibile, assolutamente inadeguata per arrestare le modificazioni climatiche già ormai in atto o innescate.

Inoltre non ci sono fondi sul tavolo delle trattative da parte delle nazioni che inquinano di più e senza questo finanziamento è irragionevole aspettarsi che i Paesi in via di sviluppo accettino di mantenere la loro parte dell´impegno.

Oggi i leader mondiali hanno la possibilità di mettere la questione climatica al centro del vertice dei G8 che si terrà in Italia. La comunità scientifica internazionale li richiama con forza a puntare le loro priorità su questo tema e a concordare obiettivi di lungo periodo piuttosto che risultati politici immediati. I Paesi ricchi, Stati Uniti e Unione Europea per primi, devono fare il primo passo. É giunto veramente il tempo di mostrare una vera capacità di leadership. La storia inevitabilmente giudicherà queste persone e solo quelli che faranno uno sforzo reale oggi saranno domani in posizioni favorevoli per ricavarne i sacrosanti benefici. Ma questa è una “battaglia” che si vince tutti insieme o si rischia di perdere tutti insieme.

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