[22/06/2009] Comunicati

Clima, il Consiglio europeo rimanda ad ottobre

BRUXELLES. Il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo che si è chiuso il 19 giugno non si può dire sia stato una brillante fine della mediocre presidenza di turno dell’Ue della Repubblica Ceca. Chi si aspettava qualcosa almeno per quel che riguarda gli obiettivi climatici sembra rimasto molto deluso, anche se il comunicato conclusivo del summit afferma che nel paragrafo della dichiarazione dedicato al cambiamento climatico i Consiglio europeo afferma: «E’ venuto il tempo per la comunità internazionale di prendere gli impegni necessari per limitare il riscaldamento del pianeta a meno di 2 gradi. Rispondere in maniera coerente alle sfide poste tanto dal cambiamento climatico che dalla crisi economica e finanziaria aprirà nuove prospettive e permetterà il passaggio ad un’economia a basse emissioni di carbonio, sicura e sostenibile, capace di produrre la crescita e di creare posti di lavoro».

Secondo Jason Anderson, responsabile delle politiche climatiche europee del Wwf «Il comunicato dei responsabili dell´Ue ha ragione. La domanda inevitabile è: perché non hanno preso delle decisioni che contribuiscano concretamente a questo obiettivo?».
Difficile dargli torto proseguendo la lettura del comunicato del Consiglio europeo: «L’Unione europea invita nuovamente tutte le parti a cooperare in vista di pervenire ad un accordo ambizioso e globale durante la Conferenza di Copenhagen ed ad accelerare a questo fine il ritmo dei negoziati. Sottolinea il ruolo importate che possono giocare le riunioni internazionali di alto livello per far avanzare la discussione ed si attende che le prossime riunioni del Forum delle maggiori economie e del G8 apportino un contributo positivo al processo avviato nel contesto Dell’ United Nations Framework Convention on Climate Change. Al fine di rafforzare questo processo mondiale, l´Ue ha intensificato il suo dialogo bilaterale sul cambiamento climatico con dei partner internazionali importanti, in particolare durante dei summit che ha tenuto recentemente con il Canada, la Cina, il Giappone, la Repubblica di Corea, la Russia e gli Stati Uniti. L’unione europea è pronta a giocare un ruolo di punta in questo processo. Ha essa stessa preso l’impegno ambizioso e giuridicamente obbligatorio di ridurre le sue emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 in rapporto ai livelli del 1990. Purché altri Pesi sviluppati si impegnino a raggiungere delle riduzioni di emissioni paragonabile che i Paesi in via di sviluppo apportino un contributo adattato alle loro responsabilità ed alle loro rispettive capacità, l´Unione é determinate, conformemente alle conclusioni del consiglio europeo del dicembre 2008, a portare questo impegno al 30 %. Gli sforzi che l’Unione si attende entro il 2020 dai Paesi sviluppati e dai Paesi in via di sviluppo, in particolare dai più avanzati tra loro, sono esposti nelle conclusioni del Consiglio del marzo 2009. Il Consiglio europeo fa sue le conclusioni del Consiglio del 9 giugno 2009. Tutti I Paesi, ad eccezione dei meno sviluppati, dovranno contribuire al finanziamento della lotta contro il cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo secondo una contribution key mondiale, dettagliata e specifica. Uno dei principali risultati dei lavori preparatori condotti in questi giorni all’interno del Consiglio é stato che questo contributo dovrà basarsi su due grandi principi: la capacità contributiva e la responsabilità per quel che riguarda le emissioni. L’unione europea ha coscienza dell’ampiezza degli sforzi necessari e, insistendo sul ruolo essenziale del finanziamento privato, si assumerà la sua parte di sostegno internazionale pubblico accordato alle misure di attenuazione e di adattamento, in particolare nei Paesi meno sviluppati. I meccanismi di finanziamento dovranno, nella misura possibile, basarsi sulle istituzioni e gli strumenti esistenti, che saranno, se necessario, riformati. Occorre vigilare affinché i meccanismi di finanziamento che saranno messi in campo siano efficaci ed equi. Questo implica la messa in atto di strategie globali di sviluppo a basse emissioni di carbonio nei Paesi in via di sviluppo, così come l’instaurazione di un sistema completo di misurazioni, di notificazione e di verifica delle azioni di attenuazioni in questi Paesi. Il Consiglio europeo si felicita per l’intenzione espressa dalla prossima presidenza di elaborare, in stretta concertazione con la Commissione, un programma di lavoro che preveda un tempo sufficiente per il coordinamento e la presa di decisione all’interno dell’Ue prima delle importanti riunioni internazionali che prepareranno la conferenza di Copenhagen di dicembre. Invita la Commissione a presentare delle proposte, compreso sul finanziamento, nel tempo migliore possibile e si tiene pronto, in funzione dell’evoluzione dei negoziati internazionali, ad adottare, durante la sua riunione di ottobre, le decisioni che converranno su tutti gli aspetti del finanziamento».

La sensazione di uno stallo fatto di un gioco di rimandi e di riunioni che si specchiano l’una con l’altra è grande e il Wwf accusa: «Sembra che l’Ue pensi che l’obbligo incomba sui Paesi in via di sviluppo che, secondo lei, devono spiegare subito in dettaglio perché si meritano l’assistenza per affrontare il cambiamento climatico, prima di prendere degli impegni, attitudine che certamente frena i progressi».

Per Janson «L´Ue sviluppo una strategia dilatoria che non aiuterà l´accordo ambizioso al summit di Copenhagen. L´Europa ha bisogno di fare progressi sui problemi chiave, e non di ricercare altrove la sua direzione. L´Europa deve ridurre minimo del 30% le emissioni all’interno dei suoi territori, e di un 15% supplementare sostenendo i Paesi in via di sviluppo. Così come gli altri Paesi sviluppati, deve essere totalmente de carbonizzata nel 2050».

Ancora più duro il giudizio di Joris den Blanken, responsabile per le politiche del clima e dell’energia di Greenpeace: « I leader europei Oggi ci hanno dimostrato che non sono ancora all´altezza della sfida. Abbiamo bisogno di una leadership europea che spinga per un forte accordo sul clima a entro la fine dell’anno. Per adesso, l’assenza di azioni dell’’Ue,lascia aperta la strada ai Paesi meno ambiziosi come il Giappone e gli Usa per ottenere un accordo di basso livello».

Greenpeace chiede ai leader europei che parteciperanno al G8 dell’Aquila di «preparare una proposta di emergenza in materia di cambiamento climatico nelle prossime due settimane». Il Piano di emergenza dovrebbe contenere impegni di finanziamenti per green action plans ne Paesi in via di sviluppo e per finanziare le necessità immediate di adeguamento agli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo Greenpeace «i leader europei hanno ribadito solo ciò che era stato già concordato la scorsa settimana dai ministri delle finanze: la condivisione che lo sforzo finanziario per sostenere il clima misure Paesi in via di sviluppo dovrebbero essere basate sui principi della capacità contributiva (il Pil pro capite) e le emissioni storiche». Tutto il resto è rinviato ad ottobre.

«Il denaro è ciò su cui si costruiscono o si distruggono i negoziati in corso sul clima globale – dice Blanken - In attesa di ottobre, di altri tre mesi di stallo nei negoziati internazionali».

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