[23/06/2009] Consumo

Nuove strategie di marketing: quando i pro Ogm studiano da parassiti...

LIVORNO. E’ cambiata la strategia. I pro Ogm oggi non hanno più il camice bianco e un microscopio in mano, ma sorridono rassicuranti con una camicetta very casual come William S. Niebury, vicepresidente Du Pont e Pioneer Hi-Bred intervistato dal Sole24Ore. Il look però è solo una piccola parte, comunque importante, della tattica, mentre il piatto forte sono gli argomenti. Come Venom con Spiderman i pro Ogm hanno lavorato a mo´ di parassiti-simbiotici facendo proprie le motivazioni di chi li combatte per poi tornare allo scoperto e usare le nuove attitudini acquisite per attaccare i loro detrattori. Non bastavano le vecchie motivazioni quali la fame del mondo e i cambiamenti climatici, ora rivendicano persino la tipicità dell’Ogm. Un ossimoro, come fa un prodotto nato in laboratori ad essere tipico? Ma tant’è.

Tra l’altro Niebur non pronuncia mai questa frase: “Anche l’Ogm è un prodotto tipico”, ma il ‘vestito’ all’intervista lo mette chi ha passato la pagina dimostrando che il Sole come minimo (o il redattore in questione) è favorevole agli organismi geneticamente modificati. Pur non facendo quell’affermazione, il sorridente Niebur ne dice diverse che dimostrano la nostra teoria. Sentite questa, la domanda del giornalista è: «Ma sul tema chiave delle biotecnologie il mondo è diviso. L’Europa, in particolare, sta assumendo una posizione sempre meno favorevole agli Ogm». Risposta: «Gli Ogm sono solo una parte del problema. Non è detto che tutti debbano farli. La produttività può crescere sia con gli Ogm che senza di essi. La cosa più importante è avere nei confronti di un problema così complesso come la sicurezza alimentare un approccio più globale possibile. Le scelte politiche devono essere fatte su una base scientifica il più possibile concordata a livello internazionale. (…) Nel caso europeo gli Ogm sono una questione politica. E’ legittimo scegliere di non farli, a patto di chiarire bene i costi».

A un occhio e a un orecchio poco allenati, queste frasi potrebbero far pensare addirittura ad una apertura: accidenti la DuPont pensa che si possa fare anche senza Ogm! Ma poi c’è il ‘parassita’ che lavora e che lascia la ‘mollica di pane’ che poi va a ritrovare dopo portando avanti il ragionamento: «Per risolvere problemi complessi servono necessariamente dei compromessi: in questo caso il compromesso potrebbe essere sviluppare la produttività senza Ogm. Ma questo ha dei costi, nel senso che servono più acqua e fertilizzanti. Se noi individuiamo un gene per rendere il mais resistente alla siccità, bisogna sapere che non utilizzarlo ha un costo. Poi, quella innovazione potrebbe benissimo essere più adatta in un altro conteso. In ogni caso, se si chiude la porta agli Ogm, si riducono le proprie possibilità, con il rischio di privare la prossima generazione di agricoltori e ricercatori dei benefici delle biotecnologie».

Pazzi noi, quindi, che non vogliamo gli Ogm. Peccato però che ci siano omissioni, che è diverso da dire bugie ovviamente, ma è ancora più subdolo, sia nella domanda, sia nella risposta: non è del tutto vero infatti, che gli Ogm in Europa sono sempre più ostacolati, anzi, una parte sempre più forte dell’Ue sta lavorando proprio in senso contrario; Niebur poi si ‘dimentica’ di dire che anche utilizzare gli Ogm ha un costo, per dirne una, dato che il brevetto non lo regalano e soprattutto nel sud del mondo questa “quisquilia” renderebbe i contadini di fatto schiavi delle multinazionali (ancor più di quello che già non sono…) produttrici di Ogm.

Sul fatto poi che le due agricolture - tradizionali e Ogm - possano convivere, la realtà è che nel mondo purtroppo in parte è già così e per di più dove gli Ogm sono molto sviluppati, l’agricoltura tradizionale sta quasi scomparendo. Sempre ragioni economiche e non ambientali anche quelle che poi Niebur utilizza per rilanciare ancora gli Ogm, vedi biocarburanti e ritorno alla campagna da parte delle giovani generazioni. E tutto in seno al grande disegno degli organismi geneticamente modificati, nei confronti dei quali non serve avere un’opposizione ideologica, perché basta quasi quella economica.

Vanno poi aggiunte un paio di cose: che l’agricoltura tradizionale ha noti difetti (eccesso di fertilizzanti e sovrasfruttamento dei campi principalmente) e su questi si dovrebbe lavorare, anche per quel miliardo di persone che oggi soffrono la fame che dovrebbero essere aiutate possibilmente non lucrandoci sopra…; e che l’Italia ha davvero prodotti tipici ed è questo il made in Italy che esportiamo…

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