[29/06/2009] Comunicati

Sulla manovra difensivista e insostenibile del governo italiano

LIVORNO. Una manovra difensivista e largamente insostenibile (anche finanziariamente). Non usiamo volutamente giri di parole per definire quanto ha deciso venerdì scorso il consiglio dei ministri perché non ha senso in questa fase usare le mezze misure. Premesso che, come dice il Sole24Ore, l’impatto contabile non è ancora definito, quello sulla sostenibilità ambientale conta subito una prima vittima: la proroga sine die dell’abolizione dei sacchetti di plastica.

Si dirà che è più importante che la manovra si occupi dei problemi ‘reali’ della gente – e intanto si rinvia pure la class action – e va bene sospendere per altri sei mesi l’esecuzione degli sfratti e rifinanziare la cassa integrazione (Cigs), però questo significa rinviare i ‘palloni’ in corner non una strategia per uscire dalla crisi.
Sia quella economica, sia quella ecologica, pur sapendo che non è solo con una manovra che si può salvare capre e cavoli.

Ci chiediamo però perché la detassazione al 50% degli utili reinvestiti in macchinari non sia stata blindata ai macchinari più efficienti dal punto di vista del risparmio energetico e della ecosostenibilità; perché poi è prevista la riduzione dei costi dell’energia (in particolare gas) per le imprese senza chiedere alle imprese stesse uno sforzo sul risparmio e l’efficienza magari sempre con incentivazioni; perché, in buona sostanza, tutte le ricette per la stabilità e il rilancio occupazionale non sia stato ‘agganciato’ al treno della green economy nonostante siano proprio le imprese che chiedano allo Stato regole per procedere su questa strada che a loro stessi pare conveniente se non altro dal punto di vista economico.

Una manovra, quindi, che speriamo aiuti le persone ad arrivare a fine mese (anche se il presidente preferirebbe la formula del permettere alle persone di tornare a consumare) perché per il resto non condividiamo affatto l’entusiasmo del Sole che con Guido Gentili in prima pagina, pur non lesinando critiche, ritiene che la strada intrapresa sia quella giusta.

Non lo è, lo ribadiamo, perché “gli incentivi alle imprese che rinunciano a licenziare in tempi di crisi” ci pare un bello slogan la cui validità a lungo termine è tutta da verificare. Se non lo si fosse capito questo è il tempo in cui non si dovrebbe aspettare che passi la lunghissima nottata per poi ripartire sic et simpliciter come se nulla fosse, ma il tempo in cui la libecciata presa da una crisi senza precedenti cambia il paradigma economico verso uno più sostenibile ambientalmente e socialmente: salvare un posto di lavoro oggi perché incentivato dallo Stato salverà dalla banca rotta qualche famiglia (non è poco, ci mancherebbe) ma non dà speranze per uno sviluppo economico futuro diverso.

Qui si vuole solo salvare il salvabile, senza rilanciare, si lascia insomma senza raddoppiare con il malato grave – l’economia italiana in questo caso e al di là che sia messa meglio o peggio di altre - che così resta in prognosi riservata. La cosa singolare, per concludere, è che il nostro punto di vista ci pare piuttosto costruttivo e nientaffatto catastrofista a dimostrazione che affrontare le sfide della crisi è qualcosa di ben diverso dal tapparsi gli occhi e autoconvincersi che i problemi non ci sono…

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