[29/06/2009] Energia

Come è stato breve il passo del carbon capture da sperimentazione a panacea...

LIVORNO. Il carbone è ancora la fonte fossile più utilizzata nel mondo per produrre energia elettrica, il 40% del totale mondiale di elettricità proviene infatti da centrali alimentate con questo combustibile, che è anche il più inquinante, essendo la fonte principale di anidride carbonica. Gli obiettivi di riduzione di questo gas climalterante richiedono quindi notevoli sforzi per riconvertire la produzione elettrica mondiale verso altre fonti, considerando che Australia e Cina vi si affidano per l’80%, l’India per il 70%, la Germania e gli Usa per il 50%. Ma la speranza per il futuro sembra essere riposta nelle tecniche di cattura e stoccaggio della Co2 (Ccs), anziché in piani strategici per cambiare l’approccio alla produzione di energia elettrica impostando nell’attesa che questo si realizzi in strategie per affrontare la fase di transizione.

L’Unione europea pensa di realizzare un programma dai 10 ai 12 impianti dimostrativi entro il 2015, che potrebbero costare dai 7 ai 12 miliardi di euro. L’amministrazione americana ha inserito nell’American clean Energy and security act, che venerdì ha superato il primo vaglio alla Camera, il carbone pulito nel mix energetico per il futuro e si è detta favorevole , il linea generale, a mettere risorse per un impianto pilota nell’Illinois.

La Germania ha già avviato un progetto pilota, e la Gran Bretagna ha deciso di essere disponibile ad appoggiare progetti che vadano in quella direzione, anche perché nel frattempo ha vietato l’autorizzazione di nuovi impianti che nascano senza sistemi di Ccs. Il problema è questi impianti sono ancora in fase di sperimentazione. «Oggi la Ccs è una promessa, una tecnologia da provare» scrive Giorgio Frankel sul Sole 24 ore, «i suoi costi sono molto alti, per ora quasi astronomici, e quindi è un’operazione rischiosa, troppo se lasciata al mercato». Quindi o si interviene con risorse pubbliche oppure sarà assai difficile che le imprese vi investano motu proprio.

Una situazione analoga alla produzione elettrica attraverso il ricorso al nucleare, dove i pochi casi d’impianti in via di realizzazione hanno dietro di loro finanziamenti pubblici. La stessa Areva, il colosso francese, leader al mondo per la tecnologia Epr, quella di terza generazione che si vorrebbe realizzare anche in Italia, è controllato per il 90% dallo stato, quota che potrebbe scendere al 75% (ma sempre in maggioranza assoluta) con un processo di ricapitalizzazione di 2 miliardi che il gruppo sta studiando di avere la liquidità necessaria per far fronte agli investimenti previsti da qui al 2012 per sviluppare il suo programma di proliferazione di reattori Epr.

Venendo al nostro paese, che utilizza carbone per produrre il 15% dell’energia elettrica e che vorrebbe non solo sviluppare tecnologie per il Ccs ma anche lanciare un programma di rilancio di almeno quattro centrali nucleari, la situazione al momento sembra essere piuttosto in stallo. Riguardo alle tecnologie per il cosiddetto carbone pulito, Eni ed Enel hanno firmato un accordo per candidarsi ad ottenere uno dei progetti pilota previsti in ambito europeo, in cui Enel dovrebbe costruire l’impianto di cattura e liquefazione di Co2 a Brindisi, e l’Eni lo dovrebbe poi stoccare iniettandola nel giacimento di gas , ormai esaurito a Cortemaggiore, in provincia di Piacenza. Ma intanto siamo alla candidatura.

Per il nucleare il disegno di legge che reintroduce la necessaria cornice normativa per avviare programmi di sviluppo di questa energia dopo che il referendum del 1987 l’aveva bandita, è ancora nelle varie fasi di passaggio tra i due bracci del parlamento (è alla terza lettura alla camera e ne dovrà seguire una quarta al Senato).

Ed ha avuto una valutazione negativa riguardo alla copertura economica da parte del ministero dell’Economia. Una volta divenuto esecutivo ci sarebbero poi sei mesi per individuare i siti dove realizzare gli impianti, ma come fa notare correttamente il Corriere della sera, se anche questo accadrà nei tempi voluti, a quel punto saremmo molto a ridosso delle prossime elezioni regionali. Un momento assai poco proficuo per operare certe scelte.

L’opzione potrebbe essere una via balcanica al nucleare, ovvero incentivi alle principali aziende nostrane a realizzare impianti nell’est Europa, principalmente in Albania, per poi importare l’energia là prodotta. Un approccio che davvero guarda al futuro delle nostre politiche energetiche con la testa rovesciata all’indietro, nel passato più profondo.

La strategia più lungimirante potrebbe essere invece quella di investire fortemente su risparmio e d efficienza e stimolare anche attraverso finanziamenti alla ricerca una filiera delle energie rinnovabili, andando sempre più verso un sistema di produzione diffusa anziché centralizzata e sfruttando il gas nel periodo di transizione. Tra l’altro gli italiani sembrano ben disposti a scelte di questo genere come dimostrano anche i dati che riguardano le pratiche arrivate all’Enea per interventi agevolati per l’installazione di sistemi per l’efficienza energetica e di pannelli solari, avvalendosi della detrazione fiscale del 55% (che l’attuale governo voleva cancellare e su cui poi ha fatto dietrofront).

Nel 2008 sono infatti arrivate all’Enea, che fa da ente coordinatore, 240mila pratiche, ben il doppio rispetto all’anno precedente, per un valore stimato in 3,4 miliardi di euro di lavori svolti per aumentare l’efficienza energetica e il ricorso ai pannelli solari. Questo costerà allo Stato in termini di peso per il fisco, dai 622 milioni di euro nel 2009 ( se tutti decidessero di ricorrere alla formula breve di tre rate per la detrazione) ai 186 milioni nel caso in cui venisse scelta l’opzione delle rate in dieci anni. Una cifra che non dovrebbe certo far impallidire un bilancio statale, soprattutto in vista dei vantaggi che potrà portare in termini di emissioni di C02 evitate e di contributo agli obiettivi che dovremo raggiungere, pena multe salate da parte dell’Ue. A cui va aggiunto il valore economico in termini di reddito per chi questi impianti li deve installare.

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