[30/06/2009] Parchi

Ambiente, programmazione e riforma delle istituzioni

PISA. Che per arrestare i processi di insostenibilità ambientale occorrano nuove e coraggiose politiche non ce lo ricorda solo Obama. E se vogliamo uscire dalla crisi economico-finanziaria dobbiamo fare anche presto. Ma anche le recenti campagne elettorali sul punto non si sono scaldate più di tanto neppure in Toscana dove pure non sono mancate e non mancano polemiche che tornano a fare capolino proprio in questi giorni. Persino nei partiti impegnati al loro rilancio si parla per il segretario di candidature ‘ambientali’ segno che la questione è considerata ‘calda’.

Perché allora nel dibattito sul federalismo, la riforma delle istituzioni europee e nazionali, centrali e locali queste delicatissime questioni non sembrano avere alcuna centralità?

Certo, si parla di infrastrutture, di consumo del territorio, di rischi della cementificazione, della tutela del paesaggio, delle coste, della fauna ma è difficile anche per gli addetti ai lavori individuare un bandolo e soprattutto di capire in che misura esse riguardano i ruoli e le competenze istituzionali dello stato, delle regioni, degli enti locali e il loro rapporto con l’unione europea.

Anzi, proprio nel momento in cui si vantano svolte federaliste imminenti e già immesse nei giusti binari grazie alla lega, impazzano i tagli finanziari e le più bislacche proposte di abrogazione e soppressione che vanno dalle comunità montane alle province ai parchi e tutto all’insegna non di una riforma seria, ma di incursioni improvvisate e spesso cervellotiche in nome del piatto che piange e di uno stato che conserva dimestichezza soltanto con un centralismo d’altri tempi.

E anche chi – vedi i comitati di Asor Rosa (Nella foto)- si appresta a scendere di nuovo in campo e non solo in Toscana pare ignorare questi aspetti, interrogandosi invece se il prossimo anno varrà la pena di presentare nuove liste alle regionali. Va detto che se lo stato oggi bluffa alla grande le regioni e gli enti locali non mostrano da parte loro una capacità di risposta all’altezza di ciò che presuppone e richiede la riforma del titolo V della Costituzione. E all’altezza non sembrano ancora neppure le risposte delle associazioni rappresentative degli stessi enti locali ANCI, UPI, UNCEM e la stessa Lagautonomie che almeno in Toscana hanno cercato di sintonizzarsi. E neppure chi oggi non esclude segretari di partito ‘ambientalisti’ ha finora mostrato la necessaria sensibilità e capacità di proposta e di iniziativa. Vedi documenti e siti.

Scendiamo più nel concreto. Le nuove politiche ambientali (e non solo quelle) richiedono una capacità di intervento e di programmazione che nel nostro paese da tempo ormai ha lasciato campo libero a quello ‘stato minimo’ che non ha infettato solo l’economia e la finanza ma anche deregolamentato il governo del territorio, favorito con il condoniamo l’abusivismo e la speculazione. E’ singolare che più d’uno di quelli che oggi mal digerisce l’dea di politiche ambientali serie polemizzi – tanto per cambiare - con i ‘professionisti dell’eco-ecologismo’, i castraofisti e via cantando, e non con quelli delle operazioni più scellerate che magari devono vedersela poi con la giustizia, anche in Toscana. Tra i latitanti meno ricercati oggi vi è senz’altro una nuova politica di programmazione e pianificazione. Come dimenticare che anche nella nostra regione l’azzoppamento della legge 183 – quella che riguarda i fiumi e loro bacini- e poco dopo con il nuovo codice dei beni culturali la manomissione dei piani dei parchi proprio sul paesaggio, sono stati incassati quasi senza colpo ferire? E quasi la stessa cosa sta accadendo con l’ipotesi Calderoli di sopprimere in nome delle autonomie …i parchi regionali nel momento in cui la nostra regione sta discutendo la sua nuova legge e altri l’hanno fatto da poco come il Piemonte. Parlo delle istituzioni ma anche delle forze politiche e dei comitati dai quali finora sono venuti soprattutto richieste di un ruolo più forte dello stato e tanti predicozzi e ammonimenti per gli enti locali ridotti al lumicino.

Eppure i processi di globalizzazione che hanno immesso il ‘locale’ in quella nuova dimensione e scala cosiddetta ‘glocale’ implicano -come testimoniano tutta una serie di studi e di ricerche anche europee- di ridisegnare ruoli e livelli istituzionali dal comune alla provincia alla regione ma anche dello stato chiamato ad uscire sempre più dai suoi confini nazionali. Insomma la riforma del titolo V passando dal decentramento (rapporto centro- periferia gestito dallo stato) alla sussidiarietà ossia alla equiordinazione dei ruoli tanto che oggi a costituire la Repubblica sono tutti i soggetti istituzionali dallo stato ai comuni in cooperazione e non in competizione tra di loro, richiede una ridefinizione dei vari ruoli non affidata alla ragioneria dello stato. Quello che finora è emerso ed emerge dal dibattito elettorale ha poco o niente a che vedere con questo disegno. E sotto l’incalzare della manomissione di leggi di programmazione importanti che pure hanno dato pregevoli risultati che riducono in ogni caso le possibilità di politiche in grado di superare la disarticolazione settoriale è sorprendente che con pretesti vari si cerchi di ridurre il ruolo ‘pubblico’ delle istituzioni. E che lo si faccia con la scusa del bilancio chiedendo che siano i privati a fare quello che compete alle istituzioni –dopo quello che è successo nel mondo !-lascia basiti.

Stravos Dimas Commissario all’Ambiente della Commissione Europea ha scritto riguardo allo stato di salute di habitat e specie che ‘i risultati indicano che , nel complesso delle regioni biogeografiche e marine d’Europa, soltanto una ridotta percentuale degli habitat e specie monitorati si trova in un stato di conservazione soddisfacente’.

In questi giorni giungono due buone notizie per il nostro paese che si riferiscono la prima all’avvistamento della foca monaca al Giglio nel parco dell’Arcipelago Toscano e l’altra il riconoscimento delle Dolomiti come patrimonio dell’umanità da parte dell’Unesco e alla soddisfazione segue subito una incredibile e sconcertante polemica. La prima per dire che foca o non foca sulla tutela e i parchi marini o terrestri bisogno andarci piano ed è bene puntare sui privati. Sulle Dolomiti per le quali pochi hanno ricordato che si tratta per buona parte di territori già protetti da importanti e funzionanti parchi regionali e nazionali che hanno saputo tutelarli si è subito detto da più parti che se al riconoscimento non seguono anche i soldi avremo solo vincoli. Ma li la presenza dei parchi va già oltre il riconoscimento e rientra in quella Convenzione alpina dimenticata da anni almeno da parte del nostro governo. Così, anziché trarne stimolo per avviare finalmente con i parchi e le altre istituzioni quella politica di cui parla Dimas si è subito cominciato a polemizzare su dove mettere la sede etc. E non ci risulta che il ministero dell’ambiente né al Giglio né sulle Dolomiti ne abbia approfittato per mettere mano al Santuario dei cetacei e alla convenzione alpina. Che vuoi il piatto piange, ma qui piange anche la politica delle istituzioni a partire da Roma ma senza fermarsi lì. Ecco perché le chiacchiere sul federalismo lasciano il tempo che trovano se non riusciamo finalmente a fissare quegli agganci concreti e armonizzati con le politiche e le competenze da riformare.

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