[08/07/2009] Parchi

Menu francese per i parchi italiani?

PISA. Dopo gli ostracismi ai ‘forestieri’, gli insulti leghisti, le accuse di contar frottole e altre robacce, disquisire su ciò che rende affini o diverse le aree protette italiane da quelle francesi a noi contigue è sicuramente un passo in avanti. Meglio il modello francese o il nostro? Questo è l’interrogativo a cui si è cercato di rispondere con ampia documentazione comparativa a Legambiente.

Il menù francese stravince su tutti i fronti incluso quello finanziario e della oculatezza della gestione di bilancio. Ora senza nulla togliere a confronti tra paesi comunitari oltretutto impegnati nel santuario dei cetacei, trovo però se non fuorviante un po’ troppo accademica questa comparazione che fa chiedere ad un certo punto se la nostra legge 394 è da considerarsi intoccabile? Quesito piuttosto vecchiotto dal momento che quella legge da anni non è più la stessa specie per quanto riguarda la gestione ministeriale ed anche in materia di pianificazione dopo il nuovo Codice dei beni culturali. Per l’Arcipelago il punto di fondo – ma ciò vale anche per le altre nostre aree protette- è e rimane quella della mancata integrazione. E la conferma l’abbiamo anche a leggere la lunga nota francesizzante che continua a parlare al plurale di aree protette marine anche molto piccole quando ormai il problema di fondo -e non solo in Europa- è quello su superare tutti gli inconvenienti della frammentazione. Frammentazione che ha riflessi non positivi anche sulle aree esterne a quelle tutelate con strumenti ‘speciali’. D’altronde l’elencazione di tutto ciò che renderebbe di gran lunga migliori le esperienze corse o di Porto Cros è proprio quello che manca –ma non per colpa della 394- alla gestione ministeriale in Italia.

Noi con la Corsica potremmo gemellarci, ma qui le cose dobbiamo vedercele da soli senza accampare impedimenti che dipendono unicamente dalla volontà e determinazione politico-istituzionale; in sede locale e nazionale

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