[08/07/2009] Consumo

La temperatura degli oceani e la pesca

ROMA. Le acque degli oceani si stanno riscaldando, ma non allo stesso modo in tutto il mondo. La biomassa in questi mari più caldi non sta, in media, cambiando. Ma in media, appunto. Perché vi sono regioni ove cresce e regioni dove, invece, diminuisce in risposta al cambiamento della temperatura. Anche la quantità di pesce prelevato dai pescatori in tutto il mondo è relativamente costante. E tuttavia occorre stabilire delle soglie di prelievo, se si vuole minimizzare il rischio da una rapida caduta.

Sono questi, in estrema sintesi, i risultati pubblicati di recente sulla rivista scientifica Ambio, di una ricerca su 63 grandi sistemi ecomarini realizzata da Kenneth Sherman e da un gruppo di suoi collaboratori. I 63 grandi ecosistemi circondano, in pratica, tutti i continenti e ospitano l’80% della massa di pescato del mondo. È qui, per intenderci, che vengono pescati 65 milioni di tonnellate di pesce ogni anno. Fuori da questi ecosistemi vengono pescati solo 15 milioni di tonnellate di pesce. I 63 grandi ecosistemi analizzati dal gruppo di Kenneth Sherman hanno, dunque, una rilevanza strategica per l’economia (ma anche per il clima).

Cosa sta succedendo in questi mari? Ebbene succede che in ben 60 su 63 la temperatura media delle acque superficiali è aumentata negli ultimi 25 anni. In uno è rimasta sostanzialmente costante, e in due è lievemente diminuita. Il trend di crescita della temperatura è, dunque, pressoché generale. Ma non è affatto omogeneo.

In almeno sei grandi ecosistemi marini l’aumento della temperatura è stato molto veloce e nettamente superiore all’aumento della temperatura media in atmosfera. Nel Mar Baltico, per esempio l’aumento è stato di 1,35 C. E nel Mare del Nord di 1,31 °C.

In altri 12 ecosistemi l’aumento della temperatura è stato un po’ meno accelerato, ma comunque superiore ai 0,60 °C. Tutti questi ecosistemi si trovano a latitudini medie e alte, proprio come prevedono i modelli di cambiamento del clima degli scienziati.

In questi mari del nord e del profondo nord, soprattutto dell’Atlantico, in cui la temperatura aumenta velocemente la massa di pescato disponibile sta anch’essa aumentando grazie all’incremento della massa di zoo plankton. Nei mari più a sud, invece, lo zoo plankton diminuisce e, con esso, la massa di pescato.

Tutto questo cosa ci dice? Beh, che la situazione nei mari di tutto il mondo è stabile, relativamente al pescato. Ma è una stabilità molto fragile. Perché ci sono profondi cambiamenti in atto a livello locale. Gli ecosistemi stanno rapidamente evolvendo. E tutto ciò, sostengono Kenneth Sherman e i suoi colleghi, consiglia a una prudenza attiva. Occorre regolare attentamente la pesca e proporre comunque delle soglie massime di pescato. Regole e soglie, aggiungiamo noi, che devono poter rapidamente variare col mutare delle condizioni climatiche ed ecologiche. Il problema è di primaria importanza: il pesce, infatti, rappresenta un alimento troppo importante e la pesca è un’attività di rilievo strategico in un mondo che ospita, ormai, un miliardo di persone malnutrite.

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