[10/07/2009] Comunicati

Ban ki-moon e G5: insufficienti gli impegni del G8 sui cambiamenti climatici

LIVORNO. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha detto ai capi del G8 ed al Major economy forum riuniti a L’Aquila che gli impegni presi sul cambiamento climatico sono insufficienti e che occorre fare di più per arrivare a dicembre ad un nuovo accordo sul clima a Copenhagen. Il portavoce del segretario generale, Michèle Montas, ha convocato una conferenza stampa all’Onu a New York, lontano dal confuso circo mediatico del G8, per spiegare nel modo più solennemente possibile che secondo Ban «Questi impegni non corrispondono alla verità scientifica in materia di riduzione delle emissioni di gas serra».

A L’Aquila Ban Ki-moon ha detto che «Il tempo dei rapporti e delle mezze misure è terminato. La leadership personale di ogni Capo di Stato o di governo é necessaria per proteggere la popolazione e il pianeta da una delle più gravi sfide con le quali si confronta l’umanità» ed ha detto rivolto ai capi del G8 che: «In caso di fallimento quest’anno, avranno sprecato un’opportunità storica che potrebbe non ripresentarsi».

Ban Ki-moon ha naturalmente salutato con favore l´accordo del G8 sugli obiettivi a lungo termine di riduzioni delle emissioni dell’80% entro il 2050 «Ma perché questo sia credibile – ha sottolineato – occorre fissare degli obiettivi a medio termine ambiziosi e livelli di riferimento chiari». Una frase diplomatica ma che non nasconde l’appoggio dell’Onu alla posizione dei Paesi in via di sviluppo: i Paesi industrializzati devono impegnarsi a ridurre entro il 2020 le loro emissioni dal 25 al 40% rispetto ai livelli del 1990. «Ora – si legge in una nota dell’Onu – gli obiettivi di emissioni a medio termine annunciate dai Paesi sviluppati non corrispondono a quel che è giudicato necessario dal gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, l’Ipcc».

I media hanno dato grande risalto al dissenso di Cina ed India sugli impegni a lungo termine e sul disimpegno a breve termine dei G8, riassumibile in una constatazione: nel 2050 questi Capi di Stato saranno o morti o troppo vecchi per poter chiedere loro conto del fallimento di proposte di tagli di gas serra. Ma il dissenso, specchio e anticipazione dello scontro che avverrà probabilmente a Copenhagen, coinvolge tutto il G5 invitato all’ormai esangue G8 che sembra sempre più impotente in un mondo in mutamento e in bilico tra le magnifiche sorti progressive profetizzate dalla globalizzazione liberista e il nuovo ordine mondiale multipolare che si sta assestando tra gli insanguinati deserti dello Xinjiang, la foresta amazzonica e l’Africa. E’ chiaro che Onu e G5 vogliono riportare la discussione sul cambiamento climatico nell’alveo tracciato con la road map di Bali e all’interno dell’Unfccc, basandosi sui dati scientifici dell’Ipcc.

Infatti, del Gruppo dei 5 presenti a L’Aquila (Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica) hanno ribadito con forza la richiesta più “fastidiosa” ai Paesi ricchi: date il necessario sostegno finanziario ai Paesi poveri perché possano riuscire ad adattarsi al riscaldamento globale.

Nella dichiarazione politica congiunta rilasciata dopo il vertice, il G5 afferma che il global warming «Rappresenta una sfida definitiva per le generazioni presenti e future. L´adattamento ai cambiamenti climatici è di importanza cruciale e deve essergli garantito lo stesso rilievo della mitigazione. Chiediamo che i Paesi sviluppati assistano i Paesi in via di sviluppo che sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico, per soddisfare i costi di adattamento».

Il G5 chiede anche che i Paesi ricchi si impegnino per obiettivi di riduzione dei gas serra «ambiziosi, comparabili e quantificabili» che in totale, entro il 2020, raggiungano almeno 40% al di sotto dei livelli del 1990.

La dichiarazione del G5 riafferma i principi tanto cari a cinesi e indiani: «common but differentiated responsibilities and respective capabilities» e sottolinea il ruolo fondamentale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto che obbligano le “controparti”, cioè i Paesi sviluppati a «fornire misurabili, notificabili e verificabili tecnologie, finanziamenti e capacità progettuale a supporto y delle capacità dei Paesi in via di sviluppo consentendo loro di adottare appropriate azioni nazionali di mitigazione, nel contesto di uno sviluppo sostenibile».

Il G5 si è detto interessato a prendere in considerazione ulteriori proposte per nuove modalità di finanziamento internazionale, compresa la proposta del Messico di un “green fund” che prevede che tutti I Paesi sviluppati contribuiscano con una percentuale basata sul rispettivi o Pil, garantendo così un sostegno monetario certo alla lotta al cambiamento climatico.

I 5 Paesi emergenti hanno chiesto anche l´istituzione di un meccanismo globale per lo sviluppo e, data la loro importanza nella lotta contro il cambiamento climatico, la diffusione e il trasferimento di tecnologie rispettose del clima.

I G5 affermano di essere pienamente impegnati a lavorare «per un esito ambizioso alla Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Copenaghen» per assicurare la piena, efficace e costante attuazione della convenzione e del protocollo di Kyoto.

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