[13/07/2009] Comunicati

La strigliata della Svezia: i negoziati sul clima procedono troppo lentamente

LIVORNO. L’Europa sta preparando il prossimo appuntamento di Copenhagen e da Pechino, il ministro dell´Ambiente svedese Andreas Carlgren (Nella foto), ammonisce sul fatto che i negoziati sul clima procedono troppo lentamente «perché in troppi incolpano gli altri di non fare abbastanza» anziché impegnarsi in prima persona». Il riferimento pare voluto ad una agenzia di stampa ufficiale cinese che, il mese scorso, aveva accusato un piccolo gruppo di paesi ricchi di «cercare costantemente di sottrarsi alle proprie responsabilità», ma anche un invito ai paesi dell’Unione europea «a continuare sulla propria strada».

La Svezia ha dal 1° luglio la presidenza di turno dell´Unione Europea e lo sarà quindi anche nel periodo in cui avranno luogo i negoziati sul clima di Copenhagen, che dovrebbero produrre un nuovo protocollo in sostituzione di quello di Kyoto. L´Unione europea si presenta a Copenhagen con il proprio obiettivo unilaterale del 20-20-20 e non ha un «piano B» oltre a Copenhagen, ha aggiunto il ministro, «ecco perché l´Ue ha detto che ridurrà in ogni caso le emissioni del 20%».

«Se anche gli altri inizieranno in questo modo, facendo passi avanti, potremmo raggiungere grandi cose a Copenhagen» ha detto Carlgren, aggiungendo di aver avuto uno scambio franco con i funzionari cinesi. La Cina ha ormai superato gli Stati Uniti come maggiore produttore mondiale di gas serra a causa della sua economia in rapida espansione e della sua dipendenza dal carbone, il combustibile fossile più inquinante, anche se le emissioni a livello procapite sono ancora ben lontani da equiparare quelle che rappresentano il fardello degli americani.

Per questo Cina, India e gli altri paesi in via di sviluppo sostengono che le nazioni più ricche dovrebbero tagliare le emissioni di almeno il 40% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2020, e quindi fare sforzi maggiori di quanto non debbano fare loro. Il braccio di ferro è in particolare con gli Stati Uniti che avevano firmato il protocollo di Kyoto, ma non l´hanno poi mai ratificato, diventando l´unico grande paese sviluppato a restare fuori dal trattato.

Da quando è diventato presidente, Barack Obama ha reso la lotta al cambiamento climatico una delle sue massime priorità, e sta provando ad introdurre un sistema "cap-and-trade" per ridurre le emissioni di carbonio, con una legge che ha già avuto il proprio nulla osta dalla Camera del Congresso ma deve adesso superare lo scoglio del Senato. E proprio dal Senato, ma non solo, potrebbe venire un freno dalla ratifica di un accordo post Kyoto che non imponesse un limite alla crescita futura delle emissioni per Cina e altri grandi paesi in via di sviluppo.

Per questo motivo il segretario Usa per l´Energia, Steven Chu, e il segretario per il Commercio, Gary Locke si recheranno in Cina questa settimana per esortare i leader cinesi a partecipare agli sforzi volti a contrastare il riscaldamento globale. Incontri che anticiperanno la visita che lo stesso Obama ha previsto nel paese del dragone, in cui in molti rimettono la speranza che si concentri sulla necessità di un´azione congiunta di Usa e Cina prima dei negoziati di Copenhagen.

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