[16/07/2009] Comunicati

La CO2 non spiega il riscaldamento del Paleocene-Eocene, ma il possibile futuro dell’antropocene sì

LIVORNO. Per misurare la febbre della terra gli scienziati usano i termometri, ma quando vogliono capire le temperature del passato devono basarsi su altri strumenti: uno di questi è i sedimenti delle profondità marine, che contengono i resti fossili di piccole creature marine ed altri materiali che affondano negli oceani. Nel corso di milioni di anni questi materiali hanno creato veri e propri archivi naturali che raccontano la storia climatica della terra, dato che oggi gli scienziati sono in grado di recuperarli attraverso spedizioni oceanografiche e perforazioni dei fondali.

E’ quel che ha fatto un team di scienziati statunitensi guidato da Richard E. Zeebe, del dipartimento di oceanografia dell’università della Hawaii di Manoa che, insieme a James C. Zachos (del dipartimento delle scienze della terra e planetarie dell’università di California a Santa Cruz) e Gerald R. Dickens (del dipartimento delle scienze della terra dell’università Rice di Houston, Texas), pubblicando poi i risultati di una interessante ricerca su Nature Geoscience sotto il significativo titolo “Carbon dioxide forcing alone insufficient to explain Palaeocene–Eocene Thermal Maximum warming”. Uno studio che dà un bel colpo alla inevitabilità del riscaldamento globale che risponderebbe ad inevitabili cicli “naturali”.

Infatti quanto è stato scoperto dagli scienziati Usa riguardo al Paleocene-Eocene Thermal Maximum (Petm, il massimo termico alla transizione Paleocene-Eocene, verificatosi circa 55 milioni di anni fa) è sicuramente naturale, ma anche eccezionale e verificatosi in condizioni simili a quelle che si stanno verificando nell’attuale periodo, che molti scienziati chiamano ormai antropocene. Uno studio che quindi indaga sul passato ma svela molto di quel che potrebbe succedere nel nostro futuro planetario. Non a caso i ricercatori Usa riportano una famosa frase dello storico inglese Edward Gibbon: «I know no way of judging of the future but by the past».

Gli scienziati (quasi tutti) non dubitano che le attività antropiche siano la principale causa dell’aumento di CO2 in atmosfera, anche se ci sono differenze su quale sarà la crescita delle temperature nel XXI secolo. Gli scienziati Usa hanno analizzato i sedimenti marini per capire cosa (e come) è successo un analogo innalzamento delle temperature in un lontano passato, durante un episodio che per velocità di sviluppo presenta molte analogie con l’antropocene che stiamo vivendo.

Durante il Petm le temperature salirono di 5 – 9 gradi nell’arco di qualche migliaio di anni e nello stesso tempo venne rilasciata una grande quantità di CO2, probabilmente a causa dello “scioglimento” di idrati di metano imprigionati nei fondali oceanici: la stessa cosa che si tema possa accadere con i grandi giacimenti di idrati sul fondo del Mar glaciale artico, che il global warminig sta liberando dai ghiacci, e che la Russia si prepara con impazienza a sfruttare.

Il team di Zeebe ha confrontato i livelli delle antiche variazioni di temperatura e si è trovato davanti ad un risultato inaspettato: per un tale aumento di temperatura ci sarebbe voluto una crescita dei livelli di CO2 tra le 3 e le 8 volte maggiore di quelle riscontrate, invece il livello nel Paleocene-Eocene non è stato nemmeno il doppio. Quindi la CO2 non è stata l’unica responsabile dell’aumento delle temperature in quel periodo di rapidi cambiamento climatico.

«Pensiamo ormai che il biossido di carbonio (CO2) non abbia determinato l’insieme del riscaldamento e che ci fossero fattori supplementari - spiega Zeebe – Può essere che ci sia stato un fattore scatenate che potrebbe essere un riscaldamento molto forte degli oceani, che avrebbe potuto provocare un’emissione catastrofica di metano proveniente dai depositi di metano situati nei fondali marini. Il metano é un gas serra molto più pericoloso della CO2 quando viene scaricato da depositi di idrati situati nel fondo marino».

Secondo lo studio, almeno 11 trilioni di tonnellate di CO2 sono state emesse lungo migliaia di anni dai depositi di metano, portando ad un aumento della C02 in atmosfera del 70% rispetto al periodo precedente l’inizio del riscaldamento, ma secondo Zeebe «Questo tasso di CO2 potrebbe spiegare solo un aumento della temperatura da 1 a 3,5 gradi. Questo significa che altri fattori sono all’origine dell’aumento delle temperature tra i 5 e i 9 gradi. Se questo riscaldamento supplementare, che noi non comprendiamo realmente, è stato provocato in risposta al riscaldamento legato alla CO2, allora è possibile che un futuro riscaldamento possa essere più intenso di quel che attualmente anticipano gli scienziati».

«Lo studio - ha proseguito Zeebe - suggerisce che potremmo avere processi atmosferici od oceanici ancora conosciuti o poco compresi che possono aver accelerato il riscaldamento climatico. Tra le possibilità, dei cambiamenti avrebbero potuto intervenire nelle correnti oceaniche, o un aumento ben più importante dei livelli di metano, così che i tassi di CO2 avrebbero potuto essere più elevati di quel che si pensava precedentemente. Per il momento, i tassi di CO2 sono aumentati da 280 parti per milioni (ppm) a quasi 390 ppm dall’inizio della rivoluzione industriale e potrebbero superare l’aumento del 70% nel corso del secolo, cioè ad un tasso molto più rapido di quel che è stato registrato durante il fenomeno di riscaldamento del Paleocene-Eocene. Il biossido di carbonio che noi immettiamo attualmente nell’atmosfera ci rimarrà per molto tempo. Una gran parte di questa CO2 resterà per decine di migliaia di anni. Per continuare ad immettere queste enormi quantità di anidride carbonica in atmosfera, stiamo giocando d’azzardo con il clima e l’esito è ancora incerto».

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