[16/07/2009] Comunicati

Corrado Clini: al summit Ipcc di Venezia: «Cina locomotiva mondiale dell’economia verde»

VENEZIA. In Cina soffia forte la bufera della rivolta uigura nello Xinjiang, ma il mondo sembra disposta a perdonare al gigante capitalista-comunista molto, almeno da quando è diventata la potenza che ha in mano le chiavi economiche e ambientali di un bel pezzo di destino del nostro o pianeta e le ciminiere che emettono la maggiore quantità di gas serra. Un clima che si è respirato anche a Venezia in occasione della tavola rotonda "Italia-Cina: la Sfida dello sviluppo sostenibile", organizzata dalla Venice international università (Viu), già da molti anni impegnata con le sue risorse e competenze nel campo della cooperazione ambientale Italia-Cina

Alla conferenza, che si è svolta nell’ambito del summit dell’Ipcc dell’Onu che riunisce fino al 17 luglio 2009 scienziati impegnati nella preparazione del quinto rapporto sul cambiamento climatico, il documento che entro il 2013 dovrà fornire ai governi del mondo indicazioni scientifiche e valutazioni aggiornate sul “climate change”., sono intervenuti il presidente dell’Ipcc Rajendra Pachauri, Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’ambiente, il presidente della Viu Umberto Vattani, Sun Chengyong, consulente scientifico dell’ambasciatore cinese in Italia, Ignazio Musu, docente di economia politica all’università Ca´ Foscari di Venezia e Presidente del Centro di formazione e ricerca nell’ambito della gestione ambientale e dello sviluppo sostenibile della Viu, Maria Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova, Centro di competenza per l’innovazione in campo agroambientale dell’Università di Torino, amministratori locali e una nutrita delegazione di alti funzionari della Municipalità di Pechino che stanno frequentando un corso di formazione alla VIU proprio in questi giorni.

Secondo Corrado Clini «La Cina oggi è la locomotiva mondiale dell’economia verde e questo è un dato di cui dobbiamo tener conto. Non basta semplicemente dire che la Cina è un paese che inquina e perciò deve essere costretto a rispettare obblighi ambientali identici a quelli che hanno paesi ad esempio come Europa o Stati Uniti. Più della metà della popolazione cinese non ha ancora accesso a elettricità e acqua e ciò riguarda più di tre quarti della popolazione indiana. Dunque non possiamo immaginare che per salvare il pianeta Cina e India precipitino nel sottosviluppo, ma dobbiamo aiutarli ad avere uno sviluppo sostenibile. L’impegno preso dai G8 impegna a non superare il limite di due gradi di innalzamento delle temperature da qui al 2050 è molto ambizioso. Non sappiamo se sia raggiungibile o meno però è importante averlo fissato perché dietro questo traguardo ci sono iniziative importanti che devono essere prese per cambiare il sistema energetico globale. La partita comincia adesso e il ruolo dell’Italia è quello di un paese leader del gruppo G8 che ha favorito la convergenza all’Aquila e che è impegnato a costruire un percorso condiviso a partire da Copenaghen».

La tavola rotonda è stata anche l’occasione per presentare il volume “Sustainable Development and Environmental Management – Experiences and Case Studies”. Edito in inglese e cinese da Springer (Dordrecht, NL), realizzato all’interno di un di un programma della Viu di training sulle politiche ambientali e sugli strumenti per governarle, avviato nel 2003 e ancora in corso, e che ha interessa circa 5000 amministratori pubblici della Cina comunista, nell’ambito di un Programma di cooperazione che coinvolge istituzioni cinesi e università. Il progetto di training avanzato sullo sviluppo sostenibile e il management ambientale per amministratori, docenti, funzionari e decision maker cinesi, è stato sviluppato al ministero dell’ambiente, a Venezia alla Viu e a Torino ad Agroinnova, in modo tale da consentire ai partecipanti di apprendere i diversi sistemi locali di management dell’ambiente. «In particolare - spiega Maria Lodovica Gullino- sono state coinvolte nel programma le istituzioni governative, accademiche e i centri pubblici e privati di ricerca, con l’obiettivo di sviluppare un duraturo network di ricercatori ed esperti locali e internazionali, ma anche di imprese, che sia capace di supportare lo sviluppo di sistemi sostenibili adattabili alle diverse esigenze territoriali. Nel corso degli ultimi anni Agroinnova, che coordina in Cina diversi progetti di cooperazione finanziati dal Ministero italiano dell’ambiente, ha fatto investimenti per oltre 20 milioni di euro nel campo dell’agricoltura e della biosicurezza».

Il premio Nobel Pachauri ha sottolineato che «Tutte le sfide oggi sono globali, e l’unico modo per vincerle è costruire ponti tra i Paesi, proprio come fa la Viu nell’ambito di questo progetto, e scambiarsi conoscenze. Oggi ci si sta muovendo in questa direzione, avendo scoperto che l’universo, come recita un detto in sanscrito, è una sola famiglia».

Per Clini il documento presentato è «Una raccolta di materiali tecnici che possono essere utili per la didattica e per la disseminazione delle informazioni che riguardano la promozione dello sviluppo sostenibili in Cina. Durante l’esperienza di questi anni, che poi in Cina dura dal 2000 noi abbiamo partecipato ad un processo che è straordinario perché la Cina, che nel 2000 dedicava solo l’1% delle risorse e pochissimo interesse alla protezione dell’ambiente, oggi è il Paese che investe di più e in assoluto e in percentuale per lo sviluppo delle tecnologie ambientalmente sostenibili e per affrontare la sfida della protezione dell’ambiente».

Sun Chengyong, ha magnificato il programma di cooperazione italo-cinese: «lo sviluppo sostenibile, un obiettivo che sta a cuore al governo cinese sin dal summit di Rio del 1999, non si può realizzare senza cooperazione tra Paesi sviluppati e Paesi emergenti per il trasferimento di conoscenze e tecnologie».
Musu ha contraccambiato elogiando la politica ambientale cinese: «La dimensione globale della sostenibilità ambientale è stata sempre presente nel corso degli anni in questo programma di training, ma si è costantemente ampliata fino ad includere il ministero per la protezione ambientale della Repubblica popolare Cinese, che ci ha chiesto di organizzare ogni anno un corso sugli accordi multilaterali ambientali. Più di recente la collaborazione si è concretizzata anche nei due corsi annuali con la Commissione nazionale sviluppo e riforma della Cina, rivolti in particolare ai funzionari “neofiti” provenienti da diverse province cinesi, sul tema dei fondamenti scientifici e politici della questione climate change».

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