[17/07/2009] Aria

Gw: perchè le precipitazioni sull´Italia sono in diminuzione?

FIRENZE. Come detto più volte tra le regioni che più stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico (e che più sono destinate a subirlo in futuro, se il surriscaldamento proseguirà), vanno annoverate la regione mediterranea nella sua globalità, e in particolare l’Italia, e le sue regioni più esposte ai venti meridionali, Toscana compresa.

In termini quantitativi, ciò si è tradotto per l’Italia, secondo dati Isac-Cnr visibili nella parte sinistra dell’immagine, in un aumento delle temperature di circa un grado in un secolo, e soprattutto in una diminuzione quantificata nel 5% in cento anni delle precipitazioni cadute sulla penisola. E la spiccata piovosità dell’anno passato e soprattutto di quello in corso non rivestono ancora un valore statistico tale da poter parlare di inversioni del trend. Anzi la diminuzione, col proseguire del surriscaldamento, potrebbe raggiungere secondo le stime più accreditate tra quelle contenute nel quarto rapporto Ipcc (2007), un valore del 20% in meno (al 2090-2099, rispetto alla media 1980-1999) in tutta la regione mediterranea.

Il motivo di ciò è legato ad una concomitanza di fattori, ma soprattutto a quell’incremento di potenza della cella di Hadley, con conseguente spostamento verso i poli del suo braccio discendente, di cui appunto dicevamo ieri e che è direttamente correlato al surriscaldamento globale.

Per una migliore comprensione, è utile guardare la parte destra dell’immagine, che riporta le precipitazioni in corso nel pianeta alle 12 di oggi ed è tratta dal modello Global forecasting system. Si può vedere agevolmente come le precipitazioni siano diffuse sul pianeta in maniera piuttosto regolare, se escludiamo la zona dell’oceano Indiano dove è attualmente in corso il Monsone: si nota una fascia equatoriale (1) costantemente attraversata da precipitazioni, circondata da due zone di prevalente alta pressione (2), una a nord e una a sud. Proseguendo in direzione dei due poli si notano le fasce perturbate (3- quella boreale attualmente più contratta, quella australe più estesa essendo attualmente inverno nell’emisfero sud), e infine in prossimità dei due poli (4) sussistono condizioni variabili, ma prevalentemente improntate, soprattutto in Antartide, all’assenza di precipitazioni significative.

Ora, che cos’è che distingue – dal punto di vista strettamente precipitativo, e non termico - il clima italiano da quello di zone più a nord, come la Gran Bretagna o la Norvegia, molto più piovose? Semplicemente il fatto che esse sono tipicamente attraversate da quel flusso perturbato (3) di cui sopra, che è causato in primo luogo dalla rotazione terrestre: essendo l’Europa caratterizzata dalla presenza dell’oceano Atlantico sul suo lato occidentale, il nostro continente è colpito in pieno da questo flusso perturbato indotto dall’evaporazione oceanica, flusso che è costantemente presente nel corso dell’anno e che assume direzione prevalente da ovest a est a causa della rotazione del pianeta.

In assenza di altri fattori il clima italiano sarebbe molto piovoso, analogamente a quello inglese o norvegese. Ma così non è: la fascia altopressoria presente a sud svolge la sua azione di ostacolo alle perturbazioni, costringendole a proseguire più a nord il proprio ciclo intorno alla terra. Questa fascia a volte si spinge anche a latitudini maggiori, ma è comprensibile alla luce dell’immagine come essa attui la sua influenza soprattutto sul Mediterraneo, comportando un clima più caldo e secco in zona, mentre il clima più a nord è maggiormente fresco e piovoso.

Quando sentiamo parlare di “anticiclone delle Azzorre” o di “anticiclone Africano” (e abbiamo spiegato ieri le differenti conseguenze che essi hanno per l’Italia e la Toscana), quindi, siamo di fronte proprio a spostamenti verso nord della fascia anticiclonica boreale, che innalzandosi (evento che avviene soprattutto in estate, e che secondo le previsioni è atteso in aumento in intensità e frequenza) spinge verso nord il flusso perturbato di cui sopra. E questo, sia pure in un contesto di una stagione estiva tutto sommato non rovente come quest’anno è finora avvenuto, desta molteplici preoccupazioni alla luce di quanto previsto (o per lo meno posto come probabile) per i regimi precipitativi futuri nella regione mediterranea, che da questo punto di vista è decisamente in prima linea davanti agli effetti del Gw. Discorso inverso vale per le regioni più a nord, dove infatti la stessa Ipcc prevede un aumento delle precipitazioni, soprattutto in inverno. (rm)



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