[17/07/2009] Parchi

Arcicaccia, Cia e Legambiente: «Il Ddl Orsi aggraverà i problemi per fauna, agricoltura e caccia»

ROMA. Oggi si sono tenute le audizioni parlamentari sul testo unificato di riforma della legge quadro per la protezione della fauna e il prelievo venatorio, la legge 157/92, presentato dal senatore Orsi e il fronte del no è stato nettamente prevalente. Arcicaccia, Confederazione italiana agricoltori (Cia) e Legambiente giudicano insieme la proposta Orsi «Un testo dai contenuti fuorvianti che aumenterà di molto le attuali difficoltà per la conservazione della natura, la difesa dell’attività agricola e agrituristica e, contrariamente a quanto spera il senatore Orsi, che danneggerà anche la caccia».

Un giudizio che non lascia appello, tanto che cacciatori, agricoltori ed ambientalisti «auspicano uno stop del provvedimento in Commissione ambiente del Senato, criticano diversi elementi, ritenendoli deformanti, sui quali è costruita la controriforma del senatore Orsi. In particolare: la forte contrazione dei principi di tutela e controllo a difesa del patrimonio naturale e degli animali selvatici; l’assenza di valorizzazione della multifunzionalità dell’impresa agricola e di soluzioni concrete al problema dei danni causati da alcune specie animali; la totale disattenzione verso le esigenze delle sempre più diffuse e importanti imprese agrituristiche; una prospettiva di caccia consumistica che non valorizza il volontariato e la gestione sociale ma è orientata solo alla mercificazione della fauna e alla caccia a pagamento. A chi banalizza queste proteste e le ritiene disfattiste ricordiamo che proprio nei mesi scorsi c’è stato un importante lavoro che ha visto intorno allo stesso tavolo ben 11 sigle associative nazionali per costruire l’aggiornamento condiviso della legge in questione e che ha prodotto un’importante e difficile mediazione e un articolato puntuale. La politica ne tenga conto, abbandonando definitivamente il vicolo cieco verso cui la controriforma proposta porterebbe la caccia, la valorizzazione dell’impresa agricola e agrituristica e l’adeguata tutela della natura e della fauna».

Al senatore Orsi si rivolge direttamente Gian Franco Grosso: «le scrivo in qualità di Presidente Provinciale dell’Arci Caccia di Imperia, ma soprattutto in qualità di cacciatore appassionato e praticante da ormai quarant’anni (da quando ne avevo 7). Vede Senatore, è vero che la caccia in questi ultimi 30 anni è stata oggetto di assurde campagne diffamatorie in Italia e che la nostra passione è andata via via comprimendosi di restrizioni spesso prive di significato, ma credo che ciò sia addebitabile ad una classe politica che da sempre abbia lottizzato e utilizzato il mondo venatorio per scopi puramente elettorali, guardandosi bene da proporre soluzioni gestionali del territorio, dell’ambiente, della fauna e della caccia in sintonia con i tempi che mutavano. In Italia la fauna di maggior pregio è andata depauperandosi non per la caccia ma per l’ineluttabile trasformazione socio-economica e territoriale del nostro paese, che ha coinvolto le aree agricole montane e pedemontane attraverso l’abbandono delle campagne, il sorgere degli incolti, l’avvio della monocoltura in sostituzione della diversificazione agricola, l’uso indiscriminato dei pesticidi a far data dai primi anni ’70. In tale contesto, però, il mondo venatorio e quello politico non ha fatto scelte oculate, non ha cercato di adeguare la propria passione ad un ambiente che cambiava e che travolgeva in quei cambiamenti la fortuna delle popolazioni selvatiche più a rischio. Non aver fatto questo ha permesso la nascita di un ambientalismo di rottura che ha fatto della lotta contro la caccia una bandiera e che ha portato il mondo venatorio ad essere una sparuta minoranza in via di estinzione, additato dall’opinione pubblica come la causa di tutti i mali e salvato nella logica referendaria solo da un inizio preoccupante di mancata partecipazione democratica.

Perché le dico questo Senatore Orsi? Perché credo fortemente che in una società che si evolve tutte le sue componenti debbano evolversi, perché penso che le battaglie di retroguardia non giovino alla caccia; possono infervorare gli animi di chi si sente penalizzato, possono portare un po’ di consensi al politico di turno, ma dopo rimane solo lo scontro sociale, si rimane ancor più minoranza e io credo che difficilmente una minoranza possa imporsi con prove di forza senza uscirne malamente.

La legge 157/92 ha tentato di fare questo, comporre le diverse realtà culturali in Italia in materia di caccia, confrontarsi responsabilmente con la restante parte della società italiana, non dare alibi a un ambientalismo di facciata. Certo tutte le leggi sono migliorabili e così anche questa, ma con la stessa forza della mediazione, con lo stesso spirito costruttivo, dimostrando che il cacciatore italiano è maturo e responsabile, è consapevole della sua importanza nell’ecosistema ed è pronto a esserne primo difensore.

E allora oggi pensare che i problemi della caccia siano il porto d’armi a 16 anni o la liberalizzazione dei colpi in canna di una carabina è solo strumentalità ed egocentrismo politico che non pensa al bene dei cacciatori ma al loro consenso elettorale.

Perché Senatore non ha proposto di diminuire la tassa di concessione governativa per il rinnovo del porto d’armi, peraltro aumentata dal governo Berlusconi nella legislatura 2001/1006, che in una situazione economica come questa sarà causa di innumerevoli defezioni venatorie nelle classi più disagiate della popolazione? Forse perché oggi la caccia si sta trasformando in un’attività consumistica per ricchi? Perché non propone al Governo di redistribuire i soldi pagati dai cacciatori, come peraltro prevede la Legge 157/92, finanziando gli ATC per poter gestire il territorio in modo utile alla caccia e all’ambiente, in modo da invogliare quelli che ancora cacciano a continuare a sognare fauna vera al posto di polli colorati pronta caccia, come succede in Liguria? Forse perché è meglio per certe associazioni continuare a gestire la cassetta di fagiani al fine di aumentare i tesserati? Perché quand’era assessore regionale ligure non si è fatto proponente di una diversa regolamentazione della caccia e della gestione del cinghiale in Liguria, che oggi è la causa degli abbattimenti selettivi che lei vorrebbe fermare? Forse perché le servivano i voti dei cinghialisti liguri? Andare oggi, come associazioni venatorie, contro gli abbattimenti selettivi a fini agricoli per protesta è semplicemente puerile e demagogico, soprattutto quando ciò viene affermato da presidenti regionali che sino a ieri hanno sostenuto il principio della caccia selettiva come strumento di controllo del territorio. Io capisco che in Italia ormai si può dire tutto e il contrario di tutto senza mai pagare pegno, ma credo che i responsabili delle associazioni venatorie liguri abbiano il dovere di difendere la coerenza delle proprie idee e difendere i cacciatori da atteggiamenti pericolosi per la propria immagine pubblica a discapito di qualsivoglia volontà di asservimento al politico del momento.

Caro Orsi, concludo, spero che si ritorni presto a parlare di caccia vera, di patrimoni faunistici da difendere anche a fini venatori, di un diverso ruolo dei cacciatori nell’ambiente, in aiuto agli agricoltori, a supporto degli equilibri dell’ecosistema, e che soprattutto si presentino campagne a difesa della caccia sulle cose che contano, a tutela di tradizioni venatorie in via d’estinzione, che sono la vera cultura dei nostri vecchi e di una caccia più romantica».

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