[09/06/2006] Rifiuti

Norme, controlli e paradossi

LIVORNO. A proposito della normativa sui rifiuti, sui diritti e sui doveri, hanno dichiarato a greenreport:

Maurizio Santoloci(magistrato di Cassazione): «... Credo che la situazione attuale sia in effetti difficilissima per tutti, comune a tutti, e un danno per tutti. Se hanno difficoltà gli organi di controllo, figuriamoci gli imprenditori corretti, che saranno poi la quasi totalità delle imprese. Sul nostro sito internet siamo bersagliati da imprese che chiedono lumi e avverto personalmente un grandissimo disagio ovunque. Consiglio prima di tutto prudenza, perché vedo tante strane e pericolose interpretazioni avveniristiche senza alcuna base e credo che oggi sarebbero utilissimi, prima di ogni altra cosa, incontri tra ministero, pubbliche amministrazioni, imprese e organi di polizia…».

Paola Ficco (giurista e giornalista specializzata): «… Il decreto, sotto il profilo della genesi, appare improntato ad un deciso populismo; infatti, i suoi estensori hanno identificato i propri progetti con la volontà del popolo (qualche rappresentante di qualche categoria imprenditoriale – produttrice di rifiuti, ndr) e poi hanno trasformato una buona parte di cittadini in quel popolo inventato, affascinati da una immagine virtuale in cui questi finiscono per identificarsi (recepimento di direttive già recepite; via il Mud ai produttori di rifiuti non pericolosi; note ministeriali – dal valore giuridico nullo – per rimediare ad un errore grossolano che impone il registro a più di 150.000 piccoli trasportatori dei propri rifiuti: elettricisti, ascensoristi, muratori, idraulici ecc.)…»

Il direttore dell’Arpat, Sonia Cantoni rincara la dose osservando che anche prima del Testo Unico non si stava meglio quanto a sofferenza nell’interpretazione delle leggi e delle norme. Infatti ha dichiarato: «Questa sofferenza l’avvertiamo in pieno e non da oggi. Certo ora più che mai visto che il testo unico doveva raccordare tutte le legislazioni, ma per esempio i transitori li tratta in modo non omogeneo, oppure cambia molte cose rispetto alla vecchia legislazione, sia nazionale che regionale… Quindi oggi ci troviamo evidentemente nell’incertezza sia del dovere che del diritto: con una legislazione ridondante, un testo unico che non unifica e su cui pendono da una parte i ricorsi delle regioni, dall’altra le dichiarazioni del ministro dell’ambiente intenzionato a ritirare la norma».

Se a tutto ciò aggiungiamo che i controlli (assolutamente doverosi e indispensabili) sono esclusivamente mirati alle imprese che trattano-recuperano e smaltiscono i rifiuti, tralasciando completamente le imprese produttrici (si dice che i rifiuti vanno ridotti alla fonte ma i controlli alla fonte non vengono neanche presi in considerazione), c’è qualcuno che sa cogliervi un nesso con le famigerate ecomafie? C’è qualche politico-governante-amministratore che, oltre ad applaudire gli encomiabili sforzi dei Noe e dei magistrati si pone il problema della drammatica insufficienza infrastrutturale (l’offerta impiantistica per gli speciali copre appena il 30% della produzione calcolata, come a suo tempo dichiarò la commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti presieduta da Scalia)? Oppure si pensa che il «tiro all’unico piccione» possa essere finalmente superato con la situazione attuale dove, come dice Paola Ficco, «forse non ce ne siamo ancora accorti, ma siamo diventati un Paese pulito e virtuoso. Non produciamo più circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, né oltre 62 milioni di tonnellate di rifiuti speciali. Produciamo invece tutta una lunga di serie di “altro” che con i rifiuti non c’entra: sottoprodotti, materie prime seconde e “materie prime seconde fin dall’origine”. Con un tocco di bacchetta magica l’Italia è diventato il più piccolo produttore di rifiuti tra i Paesi industrializzati».

Esasperata attenzione ai nanogrammi delle nanopolveri accompagnata da una esclusiva attenzione degli organi di controllo alla rachitica impiantistica di trattamento-recupero-smaltimento e in combinato disposto alla produzione di megatonnellate di speciali e pericolosi (totalmente ignorata) stanno portando il sistema (quel sistema che vorrebbe stare nelle regole) al collasso. Possibile che un materiale che viene considerato una «bomba ecologica» quando è in un impianto di inertizzazione (che ne mitiga comunque gli impatti) possa essere considerato «acqua da occhi», e quindi ignorato, quando viene prodotto? Ma non c’è proprio nessun politico-governante-amministratore che considera tutto ciò paradossale e assolutamente organico e funzionale proprio alle ecomafie?

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