[16/06/2006] Rifiuti
LIVORNO. «E’ una guerra senza fine, siamo un po’ stanchi di fare da parafulmini». E’ con queste parole che François Lepainteur, direttore della Cliri, motiva la clamorosa decisione assunta questa mattina di sospendere l’attività dell’azienda. «Dalle 8 di questa mattina – spiega – la Cliri ha deciso, in piena autonomia, di chiudere ai conferimenti di rifiuti inerti fino a quando non verranno chiariti ruoli e responsabilità». Con le ripercussioni possibili sull’occupazione (l’azienda ha una decina di dipendenti), e con quelle certe sull’edilizia che vede chiudersi uno sbocco necessario alle sue attività, e sull’ambiente.
Il riferimento è all’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Livorno, che vede coinvolte altre due aziende livornesi che operano nel trattamento e nel recupero di rifiuti, con particolare riferimento alle accuse rivolte alle imprese. «Noi non abbiamo mai negato il sovrastoccaggio, lo abbiamo dichiarato nel Mud, c’era ben poco da scoprire – dice ancora Lepainteur – e se lo abbiamo fatto è stato per rispondere alle esigenze di un settore, quello dell’edilizia, che ha bisogno di un servizio come quello che Cliri finora ha fornito. Questo sovrastoccaggio per noi ha un valore economico di 40 mila euro: figuriamoci se è questa la ragione per la quale abbiamo continuato a prendere inerti da chi ce li conferiva».
Lepainteur considera anche che «non è facile recuperare una immagine costruita in dieci anni di attività», dopo l’uscita della notizia dell’indagine sui principali organi d’informazione della città. «Adesso la Cliri rientrerà nei quantitativi autorizzati allo stoccaggio – è l’annuncio del direttore – e solo dopo riprenderà ad accettare gli inerti».
Da parte delle altre due imprese coinvolte nell’indagine, Lonzi metalli e Rari, giunge una reazione congiunta. «Siamo molto stanchi - dice Leno Bonsignori, responsabile impianti di Lonzi metalli - di una situazione che dura ormai da qualche anno. E´ una fatica di Sisifo, un dispendio di risorse finanziarie, umane e anche fisiche che ci fa riflettere se il gioco vale la candela. Serviamo oltre duemila imprese, occupiamo 70 persone direttamente e quasi altrettante indirettamente. Ci sforziamo quotidianamente di capire cosa e come fare senza poter avere, per mesi e mesi, a volte per qualche anno, una risposta che sia una, da chi, per legge e per ruolo, ce la dovrebbe dare. E´ una questione fisica: ovvio che a forza di tirare, la corda si strappa. La magistratura, in cui riponiamo la più totale fiducia, fa il suo mestiere ma è assolutamente ovvio che non può surrogare i vuoti di responsabilità di quei soggetti deputati ad agirla in prima persona e non a delegargliela».