[19/06/2006] Acqua

Un bacino idrografico troppo frammentato

POGGIBONSI (Siena). I risultati della ricerca sono stati presentati da Simone Pagni della Fondazione Toscana Sostenibile. Vediamo quali sono le principali indicazioni. Per gli aspetti di carattere metodologico, dallo studio emerge che il bacino idrografico non rappresenta oggi un ambito territoriale previlegiato per la pianificazione territoriale e la programmazione economica. Questo principalmente per due motivi: carenza dei dati che comunque quando accessibili sono organizzati ed aggregati con criteri socio-economici cioè per Sel (sistemi economici locali) e non per bacino.

Inoltre nel bacino idrografico della Val d’Elsa vi è una frammentazione amministrativa notevole in cui operano 2 province (Siena e Firenze più parzialmente Pisa), vi sono gli Ambiti Territoriali Ottimali Acque nn°2, 5, 6, l’Autorità di bacino e molti comuni inseriti in SEL diversi. Questo intreccio di competenze amministrative rende difficile avere dati omogenei su un’area geografica definita e limita la programmazione economica e la pianificazione territoriale a livello di bacino.

Per quanto attiene gli aspetti quali-quantitatvi della risorsa idrica in Val d’Elsa emerge che a fronte di un aumento della popolazione residente, degli spazi edificati, delle attività agricole ed industriali registrati negli ultimi dieci anni, la qualità delle acque superficiali e la quantità di reflui rimane sostanzialmente invariata. Questo dato è dovuto alla migliore capacità depurativa dovuta al progresso tecnologico. La qualità della risorsa idrica superficiale e sotterranea è soggetta all’andamento stagionale con criticità più evidenti nel periodo estivo quando vi è maggior carenza d’acqua con inquinamento potenzialmente dannoso per la fauna ittica.

Le zone della bassa Val d’Elsa, più vicine alla confluenza con l’Arno, sono quelle che sono più carenti dal punto di vista qualitativo. Per quanto riguarda la depurazione vi è una capacità complessiva degli impianti esistenti che garantisce il servizio di depurazione degli usi civili, ma così non è per i carichi organici di natura agricola ed industriale, tra l’altro in notevole aumento. Le criticità puntuali e di carattere diffuso sullo stato della risorsa evidenziate dalla ricerca hanno trovato conferma nei dati analitici aggiornati di Arpat illustrati dalla dottoressa Maura Ceccanti.

Nel bacino dell’Elsa sembra esserci ancora spazio per un’espansione della struttura economica e sociale che non deve far sottovalutare i rischi per la risorsa idrica determinati dall’aumento degli impatti antropici. La conferma di questo aspetto viene anche dagli ingenti investimenti programmati dagli ATO per il ciclo integrato delle acque nel settore civile: si investe perché esiste un deficit infrastrutturale ma anche per le previsioni di crescita economica dell’area in modo da attuare una sorta di “effetto mitigazione”.

I risultati della ricerca avanzano anche un aspetto critico su alcuni interventi che coinvolgono territori diversi effettuati con criteri “economico-ambientali”. Uno di questi è l’accordo integrativo per la tutela della risorsa idrica del Basso e Medio Valdarno e del Padule di Fucecchio, in cui le acque reflue dell’area empolese della Val d’Elsa saranno convogliate in Valdarno, depurate e restituite all’Arno. Dal punto di vista economico-ambientale centralizzare la depurazione sembra che abbia meno costi e meno impatti ambientali in termini di emissioni e produzioni di rifiuti.

Ma non sono state valutate le conseguenze sull’ecosistema dell’esportazione di acqua da un bacino idrografico ad un’altro e quindi sarebbe auspicabile inserire un criterio “geografico territoriale”.

Torna all'archivio