[28/06/2006] Energia

Inizia la battaglia nello scacchiere dell´energia, ma l´ambiente gioca sempre il ruolo di pedone isolato

ROMA. Sembra cominciata la guerra di posizione sul futuro energetico dell’Italia e i protagonisti cominciano a muovere le pedine di un complesso confronto che vedrà al centro ancora una volta il programma dell’Unione e i concreti comportamenti di governo. Ad aprire la discussione il ministro dello sviluppo economico Pierluigi Bersani per il quale la centrale a carbone di Civitavecchia va fatta: «Ho avuto un incontro su Civitavecchia - ha dichiarato in commissione industria del Senato - e ho detto che quella operazione bisogna farla in nome del mix nazionale».

Entusiasta l’accoglienza dell´amministratore delegato dell´Eni, Paolo Scaroni: «Sono perfettamente d´accordo. Lo dico da qualche anno» e ha ricordato di essersi battuto «come un pazzo per realizzare la centrale di Civitavecchia perché in tutto il mondo l´energia elettrica si fa da carbone e da nucleare. In Italia il nucleare per il momento è fuori dall´agenda ma il carbone pulito – ha concluso Scaroni – è sicuramente una soluzione efficiente per darci l´energia elettrica di cui abbiamo bisogno».

Per niente contenta della piega che sta prendendo la discussione Legambiente, che aveva già pesantemente criticato il recente decreto Bersani che stanzia 50 milioni di euro per compensare i comuni che ospitano i rigassificatori, mentre non sblocca lo sviluppo del solare fotovolatico.

«Che cosa intende fare il ministro Bersani per rispettare il Protocollo di Kyoto e recuperare il terreno perduto? – chiede al governo, il presidente Roberto Della Seta - In tutti i grandi paesi europei si è raggiunta una maggiore consapevolezza sulla necessità epocale di applicare Kyoto. In Italia, al contrario, in troppi continuano a fare finta di niente. Dunque ad oggi, ci ritroviamo che gli unici grandi interventi energetici che vanno avanti sono le riconversioni delle centrali a carbone: non solo Civitavecchia, ma anche Porto Torres, per esempio. Questa strategia – conclude Della Seta – pone all’attenzione una semplice domanda alla quale ci piacerebbe venga data una risposta: visto l’aumentare delle emissioni nel nostro Paese, come pensiamo di porre rimedio? Come faremo a pagare le multe, certamente salatissime, che l’Unione europea imporrà al nostro Paese?».

A Della Seta rispondono dall’assemblea annuale di Federacciai il presidente Giuseppe Pasini e Philippe Varin di Eurofer che chiedono esplicitamente alla Commissione europea di rivedere le regole di applicazione del protocollo di Kyoto, a partire dall’emission trading. Pasini ha detto che «In vista delle quote per il 2008-2012 la Ue ha raccomandato al settore industriale italiano una riduzione supplementare delle emissioni di Co2 del 16%. Per la nostra industria, che è già vicina al limite tecnologico di riduzione, ciò significherebbe diminuire la produzione. Ed è inaccettabile visti gli investimenti che abbiamo già compiuto per adeguarci ai parametri del protocollo», circa 900 milioni di euro negli ultimi cinque anni per ridurre l´impatto ambientale degli impianti italiani.

Per il presidente di Federacciai l’aumento delle emissioni è «attribuibile, in larga misura, anche ad altri settori come i trasporti o l´edilizia» e quindi l´onere di riduzione dovrebbe essere ripartito diversamente, mentre oggi è a carico solo sui settori industriali. Nonostante i dati economici positivi (3% in più di produzione nel 2005 e massimo storico di 29,3 milioni di tonnellate), gli industriali dell’acciaio temono soprattutto che Kyoto sia un freno alla competitività.

«Il 90% della nuova capacità dell´industria mondiale di acciaio – ha spiegato Phjlippe Varin, presidente di Eurofer - non è soggetta agli obblighi stabiliti dal protocollo di Kyoto. Questa è una distorsione della competizione, che in futuro potrebbe tradursi in un trasferimento forzato degli stabilimenti fuori dall´Europa».

La strategia degli industriali sembra chiara: accentuare i motivi di scontro con gli ambientalisti e l’ala sinistra dell’Unione e trovare sponde all’interno del governo, così mirano al bersaglio grosso e chiedono anche di riaprire al nucleare, opzione negata nel programma di Prodi, e più decisione nell’autorizzare nuovi impianti.

Un´ultima riflessione è d´obbligo. Nel programma dell´Ulivo con cui il Centrosinistra è andato al governo si legge: «E´ necessario intervenire in profondità con un ricorso strategico all’aumento dell’efficienza energetica e uno sviluppo accelerato delle fonti rinnovabili (...)
L’attuale governo si è mostrato incapace di cogliere le esigenze di cambiamento, continuando a favorire l’aumento dei consumi di combustibili fossili e non facendo nulla per contrastare l’aumento del costo della fattura energetica del Paese: dagli incrementi delle bollette per i cittadini e per le imprese, ai costi sociali e ambientali delle emissioni di gas serra (che invece di diminuire del 6,5%, come previsto dal Protocollo di Kyoto, sono aumentate del 13%)».

E nel programma dell´Unione c´era anche un riferimento al "mix" di cui ha parlato, interpretandolo in modo un po´ diverso, il ministro Bersani: «le nostre proposte - si legge nel programma - prevedono la diminuzione dei
consumi totali dei combustibili fossili (nel mix di combustibili fossili favoriamo il ricorso al gas naturale menoinquinante) e una diminuzione delle emissioni di gas serra...»

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