[29/06/2006] Rifiuti

Ma sui rifiuti in Toscana a che punto siamo davvero?

FIRENZE. Da una parte una richiesta chiara, quella dei comuni, espressa dal presidente dell’Anci Paolo Fontanelli: «Meno timidezze dalla Regione sulla realizzazione degli impianti». Dall’altra la rassicurazione di un impegno forte da parte dell’assessore Agostino Fragai, che però non ha mancato di richiamare gli stessi comuni in qualità di soggetti proprietari delle aziende di servizio: «Sono interessati o no ad aggregare le aziende? E anche quando lo sono, praticano davvero ciò che dicono?».

Basterebbero queste due brevi citazioni per sintetizzare il convegno di ieri che ha cercato di fare il punto sul governo dei rifiuti in Toscana. Un appuntamento quasi completamente ignorato dalla stampa (a conferma del fatto che l’ambiente fa notizia solo quando è un pretesto buono per lanciare allarmi di qualsiasi tipo ed è argomento di nessun interesse se prova a discutere ed a individuare soluzioni a problemi che interessano tutti i cittadini) ma non privo di spunti di riflessione.

Ne è uscito un quadro le cui criticità maggiori consistono nelle difficoltà dei processi di aggregazione delle aziende che gestiscono rifiuti. Rispetto a dieci anni fa sono praticamente scomparse le gestioni dirette dei Comuni, ma basta fare un confronto con la vicina Emilia Romagna per rendersi conto di quanto la situazione sia differente, in termini di diversità della scala di riferimento dell’attività delle singole aziende e di efficacia ed efficienza dei servizi.

C’è attesa per la legge regionale sui servizi pubblici locali, un’attesa destinata a protrarsi fino a dopo la pausa estiva quando la discussione approderà in Consiglio. Ma lo stesso Fragai ha detto con chiarezza che probabilmente, anche a seguito delle verifiche effettuate dagli uffici regionali, «molti aspetti non potranno entrare nella legge» e faranno quindi parte di quel «patto» che affiancherà la legge. Per la verità, di patti, protocolli e accordi volontari in Toscana ne sono stati fatti diversi. Avrebbero dovuto far decollare buone pratiche sul governo dei rifiuti: riduzione e green public procurement prima di tutto. Azioni praticate realmente, almeno per giungere a rallentare il ritmo di crescita della produzione dei rifiuti (non già a diminuirli del 15 per cento come da obiettivi del Piano regionale di sviluppo in discussione), ce ne sono state poche per non dire nessuna. Difficile, di questo passo, dare un giudizio positivo sulle prospettive del governo dei rifiuti in Toscana. Ancora più difficile, per le istituzioni, mostrarsi interlocutori affidabili e credibili, soprattutto agli occhi dei comitati che si oppongono alla realizzazione di tutti gli impianti, la cui proliferazione probabilmente un qualche rapporto con la situazione complessiva descritta ce l’ha.

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