[03/07/2006] Comunicati

Partecipazione, decisioni e ginnastica...

LIVORNO. Due linee a confronto dentro l’Unione su come affrontare la sostenibilità ambientale nelle scelte di sviluppo: «Vi facciamo partecipare ma si fa come si dice noi».
«Si fa come si dice noi, altrimenti non è partecipazione».
A dire il vero, e nelle situazioni di maggiore sforzo interlocutorio, c’è anche un terzo approccio: “facciamo un pezzo per uno” e appiccichiamoli insieme.

Gli esempi si sprecherebbero (vedi TAV e grandi opere) ma ce n’è uno che calza a pennello. Manco a dirlo, è quello relativo ai rifiuti.
In Toscana, una pianificazione copiosa e completa (degli urbani, degli speciali, dei pericolosi e delle bonifiche) risalente al 1998 e 1999 continua ad essere, dagli stessi amministratori regionali, ignorata del tutto. Non solo nella sua applicazione, bensì proprio nella conoscenza, nella semplice lettura.

Si continua a dire, ad esempio, che la Legge Regionale 25/98 è superata perché obbligava la gestione dei rifiuti entro le province, ma se sono ammissibili vuoti di memoria che non permettono di ricordare la formazione dell’ATO Prato-Pistoia-Empoli, non è ammissibile che non si veda come, dopo che Prato si è tirato fuori ( e proprio perché saltò la localizzazione dell’inceneritore di ATO a Pistoia) sia comunque rimasto un ATO con Pistoia ed Empoli. Dunque la legge regionale non obbligava né impediva proprio nulla. Anzi, favoriva proprio quelle aggregazioni tendenti ad ottimizzare l´impiantistica finale.

Si afferma con enfasi che “si imporrà alle amministrazioni di fare acquisti verdi” ignorando che precise azioni di riduzione dei rifiuti e precise percentuali (40%) di acquisti di prodotti realizzati con materiale riciclato erano già previsti ( e non si è fatto nulla!) proprio in quella legge e in quei piani. Percentuali minori (30%) sarebbero poi imposte, addirittura, da un decreto del Ministro Matteoli del 2002.

Si afferma che verranno promossi appositi accordi di programma per ridurre-recuperare rifiuti, anche speciali. Evidentemente non si sa che questi accordi di programma esistono dal gennaio del 2003. E non si sa che fine abbiano fatto. Anzi, interpellato il responsabile, indicato nel sito della regione, di questi accordi di programma, non sapeva neanche che era il …….responsabile e, comunque, non sapeva a che punto fossero e di cosa si trattasse.

Ancora. Si afferma con enfasi, come se dipendesse da volontà divina, che i rifiuti urbani diminuiranno del 15% al 2010. Così, si dice. Ma, al di la del fatto che invece che diminuire del 5%, già previsto anche questo nel 1998, i rifiuti urbani sono aumentati di oltre il 25%, non si dice né con quali azioni né con quali strumenti si dovrebbe ottenere questo strabiliante risultato nel mentre tutti sono impegnati allo spasimo per far ripartire la crescita economica e i consumi. E intanto è più di un anno che si ripropone questa litania ma non si è fatto un millimetro sul piano operativo. Le amministrazioni continuano perfino ad adoperare, rigorosamente, carta sbiancata chimicamente e non carta riciclata.

Con il che, nessuno si chiede di cosa mai potremmo farcene dei materiali (il 55% di RD) che si raccolgono in modo differenziato se questi stessi materiali, una volta riciclati, vedi la carta, non vengono acquistati neanche dalle amministrazioni ( e con argomenti risibili quanto non veri: è brutta, inceppa le fotocopiatrici…).

Addirittura si afferma che il problema dei rifiuti speciali ( che rappresenta i 3/4 del problema rifiuti) sarebbe stato scoperto ora e che per affrontarlo nelle sue dimensioni basterebbe attivare i controlli satellitari visto che (si dice) non si può fare altro perché questi, gli speciali, non sono bacinizzabili. Che esiste il principio di prossimità stabilito già dal decreto Ronchi; che esiste un Piano Regionale che individua soluzioni (anche precise come nel caso dei pericolosi); che esistono 418.000 imprese (che producono rifiuti. Speciali dunque), in Toscana, che vengono completamente ignorate dal versante dei controlli con l’argomento che sarebbe difficile mentre sarebbe, invece, più facile controllare il numero dei camion (di sicuro maggiore del numero delle imprese) per verificare dove vanno a scaricare; tutto questo è assolutamente ignorato. Da tutti e pervicacemente ignorato. Dai comitati come dalle istituzioni. E figuriamoci poi se non è ignorato dai partiti.

Su questo tema, i rifiuti speciali e quelli pericolosi, non vuol “partecipare” nessuno. Chissà come mai. Anzi, quando qualcuno solleva il problema , lo fa per delegarlo interamente al mercato e ai privati. Magari mentre invoca la ripubblicizzazione dell’acqua. Magari fra una conferenza stampa e l´altra, contro le ecomafie.

E così tutto si riduce, da una parte all’acquisizione (acritica e inerte) di previsioni di diminuzione dei rifiuti urbani del 15% e di percentuali del 55% di raccolte differenziate, ma con la riaffermazione di un numero di inceneritori che era previsto e tarato su numeri diversi; e dall’altra, quando non si invoca (magari insieme alla necessità di far ripartire i consumi) l’obiettivo rifiuti zero, la assoluta negazione di qualsiasi forma di recupero energetico tramite combustione dei rifiuti non recuperabili come materia. Anzi, a volte si fa anche di peggio. Siccome per riciclare un Kg di carta si producono 0,5 Kg di fanghi e di "pulper" che potrebbero essere benissimo avviati a recupero energetico, invece di sostenere questa possibilità, almeno dove viene proposta, si inventa questa genialata dei controlli satellitari per vedere dove vanno i camion carichi di fanghi e di pulper ( circa 250.000 tonnellate/anno, mica noccioline…..). Insomma i nanogrammi delle diossine e le nanoparticelle catalizzano le attenzioni morbose, quanto verbose, tanto di chi dovrebbe dare soluzione al problema dei rifiuti quanto di chi vorrebbe partecipare a queste soluzioni, mentre le megatonnellate dei rifiuti speciali e pericolosi ( che sono anche urbani, occorre ricordare) è bene ignorarle assolutamente perché potrebbero turbare i sonni del riformismo e dell’antagonismo dei nostri giorni. Scambiare la ginnastica con la partecipazione, evidentemente, non favorisce le decisioni.

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