[12/07/2006] Consumo

I cambiamenti del clima sconvolgono la produzione di miele

ROMA. Sulle tavole degli italiani si consumano ogni anno quasi 400 grammi di miele a testa, con un interesse ed una conoscenza in continua crescita tra il grande pubblico. Nel settore operano 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari che ospitano una popolazione di 55 miliardi di api. Il giro d’affari dell’apicoltura italiana è di 60 milioni di euro, ma arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all’agricoltura.

Numeri importanti, sui quali adesso giungono novità di rilievo: i cambiamenti climatici stanno determinando sconvolgimenti nella produzione del miele. Cambia radicalmente la mappa del raccolto italiano, con una sorprendente inversione di ruoli tra Nord e Sud del Paese.

«Anche se per il bilancio definitivo dovremo aspettare settembre – spiega Francesco Panella, presidente dell’Unione nazionale degli apicoltori italiani – i primi dati del raccolto 2006 rivelano una tendenza che mostra la geografia del miele italiano quasi ribaltata: l’andamento meteorologico insolito e particolarmente disordinato, il troppo caldo o il troppo freddo, influenzano la bottinatura, vale a dire la raccolta del nettare da parte delle api e la secrezione del nettare delle piante».

Così, se nelle regioni del Nord si è realizzato un raccolto record di miele di acacia, dovuto ad un anomalo innalzamento delle temperature primaverili e all’assenza di pioggia, in Sicilia per il terzo anno consecutivo non è stato prodotto miele di agrumi, a causa della primavera segnata da continue perturbazioni climatiche. Anche il Wwf alcuni mesi fa, al Summit di Montreal, ha denunciato come i cambiamenti climatici influiscano sulla produzione del miele: a causa delle temperature più miti, le fioriture si verificano in momenti insoliti dell’anno. Questo comporta un cambiamento nel comportamento delle api e una riduzione della loro attività. Gli attacchi dei parassiti della flora, che prolificano grazie alle elevate temperature, determinano anche una riduzione nella produzione del miele.

«Le api sono una specie particolarmente fragile e sensibile agli squilibri ambientali – dice Panella – e rappresentano un autentico sismografo degli scompensi che colpiscono l’intero ecosistema. Certo costituiscono un indicatore minore rispetto ad altri più macroscopici, ma il loro comportamento è comunque significativo per confermare gli enormi squilibri climatici degli ultimi anni». In ogni caso, le migliori performance della raccolta di quest’anno si sono avute nel miele di acacia, in assoluto il più amato e ricercato in Italia: la raccolta è nella media molto buona, con punte di eccellenza, sia in qualità che in quantità, in Toscana e nelle altre regioni del centro.

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