[17/07/2006] Rifiuti

Montanari: «Non esistono filtri per le nanoparticelle emesse dagli inceneritori»

MODENA. Leggo senza stupore alcuni articoli sulle nanoparticelle comparsi su questo quotidiano. Occorre innanzi tutto chiarire che le fonti d’inquinamento particolato assumono più o meno rilievo in dipendenza da un numero piuttosto elevato di fattori. In alcune zone vulcaniche scarsamente abitate è proprio il vulcano a farla da padrone, a Los Angeles è il traffico veicolare, in molti centri i maggiori responsabili possono essere un cementificio, una fonderia, un inceneritore o quant’altro.

Dunque, puntare l’indice sul traffico veicolare non ha significato se non si indica almeno di che zona si sta parlando. Bisogna anche considerare dimensione, forma e natura chimica delle particelle, mentre chi non è addentro alla materia tende allegramente a fare d’ogni erba un fascio. Tanto per limitarci alle sole dimensioni, tra micro e nano si spazia più o meno su quattro ordini di grandezza, vale a dire all’incirca la differenza che passa fra la statura di un gatto e l’altezza dell’Everest. Bene, dal punto di vista del comportamento e degli effetti di queste polveri, la differenza può essere altrettanta.

Tornando alle fonti inquinanti ed accettato, spero, il fatto che sarebbe difficile impedire ad un vulcano di eruttare, credo siamo tutti d’accordo che la diminuzione del traffico veicolare sarebbe quanto meno auspicabile, ma questo presupporrebbe la messa in opera di correttivi come un efficiente sistema di trasporti pubblici, e chi conosce Los Angeles o le Ferrovie dello Stato sa quanto questo sia arduo a farsi, presupporrebbe una razionalizzazione del sistema economico basato su trasporti spesso inutili (basta vedere il bacon che la Gran Bretagna esporta e quello che importa: bilancio in pareggio; o fare lo stesso conteggio con i biscotti dentro e fuori la Danimarca) e anche la razionalizzazione di tanti servizi pubblici o lavori che sarebbero fruibili o svolgibili via Internet ma che oggi necessitano ancora di una presenza fisica in tanti uffici con relativo spostamento.

Volendo essere realisti, poi, chiudere le acciaierie e i cementifici non sarebbe facile. Facile, invece, è non fare inceneritori semplicemente perché questi non sono inutili, ma sono dannosi, moltiplicando la quantità di rifiuti (vedi il libro Da Rifiuti a Risorse a cura di A. Tornavacca e M. Boato a pag. 16) e, soprattutto, rendendoli molto più tossici e mobili. Quando, poi, si tocca il tasto della produzione d’energia da rifiuti, per rendersi conto di quanto sia assurda l’idea, basterebbe semplicemente togliere quella stramberia tutta nostrana degl’incentivi e si vedrebbe quanti imprenditori sceglierebbero d’investire nei cosiddetti “termovalorizzatori”.

Venendo all’intervista con il sig. Croce, mi chiedo su quali basi esprima i suoi dubbi o possa fare confronti particolato (quale?)/pesticidi (quali?) o gli “sembri strano” ciò che dico. Se potesse sostanziare le obiezioni, magari potrei rispondere.
Quanto all’intervista con la dott.ssa Buiatti, è bene chiarire un paio di cose. Una di queste è la definizione di materiale inerte. Il progetto europeo Nanopathology ha chiarito che le micro e, soprattutto, le nanoparticelle sono tutt’altro che “materiali inerti”, un po’ perché nell’organismo sono corpi estranei e come tali vengono trattati, un po’ per le loro dimensioni.

Chi ha nozioni di nanotecnologie sa che le nanoparticelle hanno comportamenti fisico-chimici molto particolari e, comunque, ben diversi da quelli tenuti da macro-oggetti o atomi e ioni, e in biologia le nanoparticelle non sono da meno. Noi abbiamo fotografie di particelle esogene nei nuclei cellulari, ad esempio, e di questo va tenuto conto. Tanto per informazione, sta partendo un altro progetto europeo di cui è coordinatrice mia moglie, la dott.ssa Antonietta Gatti, proprio volto ad indagare il fenomeno. Io comprendo benissimo che chi non fa ricerca aspetti la letteratura e la controletteratura ma, mi si consenta, in tutta modestia io mi trovo qualche passo più avanti e le ricerche in proposito si fanno nel laboratorio di cui sono direttore scientifico. Chi ha dati propri diversi, me li mostri e io sarò felicissimo di confrontarli con i nostri. L’altra cosa da chiarire è l’esistenza di filtri per le nanopolveri. Anche la dott.ssa Buiatti confonde micro e nano. Per le nanopolveri, ahimè, non esiste alcun filtro industriale.

* Stefano Montanari è direttore scientifico del laboratorio «Nanodiagnostics» di Modena

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