[20/07/2006] Energia

Per Rifkin la rivoluzione dell´idrogeno è a un passo

SAN ROSSORE (Pisa). Forse era l’ospite più atteso, il personaggio che più di ogni altro evocava suggestioni e scenari avveniristici. E così è stato, ma solo in videoconferenza, perché alla fine Jeremy Rifkin, l’uomo dell’economia dell’idrogeno, è rimasto negli Stati Uniti portando al meeting di San Rossore un contributo «a distanza», che non ha mancato di ricevere apprezzamenti nella platea che lo ha ascoltato con notevole interesse.

Anche lui ha insistito a lungo sulla fine del petrolio, parlando di una finestra di una ventina d’anni al massimo. «A quel punto – ha detto – quando i due terzi del petrolio saranno nel Medio Oriente e tutti lo vorranno, l’America, la Cina, l’India, cosa mai succederà?».

Da qui, la sfida dell’idrogeno, che secondo Rifkin è stata raccolta in modo non episodico, come rivelerebbero «alcuni segnali che giungono da tutto il mondo». L’economista però non nasconde le difficoltà nel dover pensare proiettati nel futuro. E prende come termine di paragone il computer: «Se qualcuno trent’anni fa avesse detto che in ogni casa e in ogni ufficio ci sarebbe stato un computer, per di più collegati a internet, lo avremmo preso per pazzo. E’ così che dobbiamo ragionale per le celle combustibili a idrogeno. Altri trent’anni e famiglie e imprese produrranno la loro energia, più di quanto ne hanno bisogno, condividendola con i loro vicini».

Rifkin non manca neppure di indicare un esempio, ovvero il lancio ormai imminente di cartucce portatili all’idrogeno con un’autonomia di 60 ore di energia. Ricorda che l’aeroporto di Monaco è alimentato con energia che ha questa origine e regala una curiosità: in occasione dell’ultima interruzione di elettricità a New York, le sole luci accese erano proprio i lampioni all’idrogeno di Central Park.

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