[01/08/2006] Comunicati
LIVORNO. Proseguiamo oggi la nostra discussione sulle tre tesi dell’editoriale di greenreport della scorsa settimana. Ovvero l’Unione che in Toscana non c’è, che trova i punti di frizione fra le sue forze politiche soprattutto sulle tematiche della sostenibilità ambientale dello sviluppo, e che vede il confronto interno avvenire esclusivamente nelle assemblee elettive e fra amministratori. Dopo averne parlato con il coordinatore dei Ds toscani Andrea Maciulli e Luciano Ghelli, capogruppo del Pdci al Consiglio regionale, stavolta affrontiamo questa discussione con Mario Lupi (nella foto), capogruppo dei verdi in consiglio regionale.
Lupi, in Toscana l’Unione non si è costituita. Questo non rischia di frenare sia le politiche della sostenibilità che quella dello sviluppo?
«Vorrei subito ricordare che in Toscana la nostra coalizione si chiama Verdi per l’Unione. Quello che mi domando quindi è: l’anomalia in Toscana sono i verdi o è l’Unione che non è riuscita a decollare? Un tema che abbiamo discusso anche sabato a Roma al consiglio nazionale. Quello che è emerso è che i rapporti in altre regioni non sono male. Ci si confronta, si vince e si perde, ma c’è un dialogo. Qui c’è a livello di Regione con Martini, ma poi su livello politico non si riesce a chiudere. Il punto è che l’Unione ha una ragione di essere se ci si crede, se i rapporti sono leali e pubblici. Invece l’Unione non sta facendo nulla. Ci sono programmi e strategie come quello del partito democratico in corso e l’impressione è che non si farà niente fino a quando questo percorso non sarà finito. Il segnale ce lo ha dato Antichi (consigliere regionale di An) che ha parlato della ‘possibilità di governare insieme su alcuni temi’. Questo ti dà il senso di come vanno le cose. Non nasce per caso. Per quanto ci riguarda sappiamo di essere scomodi, ma sappiamo anche perdere ai punti. Non siamo portatori di verità, vogliamo solo giocarci la partita e eventualmente perderla ma lealmente. Mentre qui si vogliono imporre le cose come è successo per il piano provinciale dei rifiuti di Firenze. Questo per dire che concordo con la vostra tesi, queste frizioni non ti fanno lavorare».
E i punti di frizione sembrano essere soprattutto sulle tematiche ambientali.
«E’ vero. Faccio un esempio, il terminal gas. Il problema per noi non è sì o no. Quello che chiediamo è una politica energetica nazionale che ci dica di quanti metri cubi abbiamo bisogno. Se mi dicono abbiamo bisogno di tot allora capisco la necessità e così anche la gente. Qui qualcuno deve spiegarmi che cosa significhi sviluppo sostenibile! Sapete poi perché è saltato il tavolo provinciale sui rifiuti di Firenze? Non per colpa nostra. Noi eravamo d’accordo con l’assessore Artusa che parlava di cominciare a ridurre i rifiuti. Qui sembra invece che tutti vogliano gli inceneritori e sono i comuni ad aver spinto Martini a stoppare e rinviare a settembre la discussione».
Il dibattito all’interno dell’Unione sembra restare soprattutto tra gli amministratori. Non pensa che servirebbe un ritorno delle forze politiche nel ruolo di soggetti che elaborano e dialogano direttamente con la società civile?
«Il problema è che il dialogo non c’è a nessun livello, cosa che invece noi chiediamo da tempo. Non si aprono tavoli neppure a livello di segreterie. Se ci invitano andiamo a qualunque tipo di confronto. Lo abbiamo fatto con Rifondazione e con i Comunisti Italiani, di altri inviti però non ne ho avuti. Servono altri momenti di confronto. Noi vogliamo governare, ma fateci capire come e a che partita stiamo giocando. Noi non abbiamo tradizioni comuniste o di destra, abbiamo dimostrato di poter arrivare a patti sui contenuti. Per quanto riguarda la partecipazione della gente, non la vediamo e invece c’è una grossa richiesta dal basso. La gente vuole capire che cosa sta succedendo. Il nodo è proprio che mancano regole e strategie di confronto».