[04/08/2006] Consumo

Prodotti biologici in altalena ma in crescita

LIVORNO. Il consumo di prodotti biologici in Italia ha ripreso a crescere. Ma non parliamo di boom. I dati presentati da Coldiretti parlano di incrementi del 6 per cento di consumatori e del 22 per cento dei produttori. Numeri che letti così farebbero pensare a un vero exploit. Invece si tratta di una crescita che arriva dopo anni bui per il biologico e quindi al massimo si può parlare di ripresa.

Le cifre esplicative – consumatori a parte sempre difficili da quantificare – sono, infatti, quelle relative ai produttori e agli ettari coltivati a biologico. Ebbene nel 2006 i produttori risultano 44.733 con un aumento pari al 22 per cento. Peccato che nel 2001 i produttori fossero ben 49.188. Un dato confermato anche dalla superficie coltivata che è cresciuta, rispetto al 2001, solo di 200 mila ettari: 1.067.101 contro 900mila. Calano, ed è la prima volta, il numero di importatori. E questo nonostante la grande distribuzione abbia investito moltissimo sui marchi biologici riservandogli ormai da alcuni anni scaffali interi. I principali orientamenti produttivi sono sempre foraggio, pascoli e cerali. Poi olivi, viti, agrumi e frutta. Infine bovini, ovicaprini, polli e suini allevati con metodo biologico.

La spesa complessiva ha raggiunto in Italia 1,5 miliardi di euro. Invariato, però, l’identikit del consumatore di prodotti biologici: cresce con il livello di istruzione raggiungendo il valore più alto per i laureati. Esattamente come 10 anni fa. Aggiungiamo noi che il consumatore tipo ha anche una certa disponibilità economica – i prezzi del biologico restano ancora elevati se non si considerano i ritorni in termini di salute – e una forte attenzione per le tematiche ambientali e per il proprio corpo. Identikit, lo ribadiamo, che mostra quanto sia ancora di nicchia il consumo di prodotti biologici.

Considerando che l’Italia, comunque, è il terzo paese al mondo nel biologico davanti a Stati Uniti e Brasile, c’è comunque da una parte da essere soddisfatti, dall’altra da esserlo molto meno visto che nel mondo l’attenzione su questo piano è assai risibile. E in questo senso è fin troppo facile evidenziare l’ultimo scandalo alimentare arrivato con i ritrovamenti di parassiti e vermi nei cibi provenienti in particolare dalla Cina.

Sul versante dei consumatori, c’è anche da registrare un’altra tendenza. Ovvero che le famiglie italiane consumano sempre meno e più della metà sceglie l’hard discount. I dati arrivano dall’indagine di Confcommercio e del Censis. Da una parte quindi c’è un incremento del consumo del biologico e dall’altra della spese all’hard discount, dove difficilmente si trovano prodotti bio. Le motivazioni sono da ricercarsi in una serie di dati di fatto: in assoluto è cresciuta la sensibilità verso i prodotti di qualità e quindi anche biologici; il loro consumo cresce e non di poco in relazione agli scandali alimentari, basti vedere che in epoca mucca pazza le vendite raddoppiarono in pochi mesi; i salari che non aumentano costringono però le famiglie con figli ad abbassare le spese anche sul piano dell’alimentazione. E qui è la sensibilità e l’attenzione che fa la differenza: consumare biologico significa avere a cuore la propria salute e l’ambiente, visto che si parla di colture non aggressive per il territorio.

L’Italia, nonostante gli alti e bassi, è comunque all’avanguardia, in un panorama mondiale sconfortante. Europa compresa, anche se come ricorda Coldiretti bisogna rendere operativo il marchio biologico italiano. Questo per colmare il ritardo del nostro paese nei confronti di Francia, Germania, Austria, Belgio, Svizzera, Olanda, Svezia e Danimarca che hanno da tempo fatto questa scelta. Nazioni, però, che hanno molti meno ettari destinati all’agricoltura biologica a fronte di molto più terreno coltivabile rispetto al nostro Paese.

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