[08/08/2006] Acqua

Cognetti: «Inevitabile l´erosione delle coste, troppi i prelievi di acqua dai fiumi»

PISA. Allarme erosione, allarme cementitificazione delle coste, allarme tropicalizzazione, allarme meduse… Chi più ne ha più ne metta. Soprattutto d’estate, dove troppo spesso la notizia si confonde con l’opinione, con la necessità dei media di fare notizia e quindi di trovare l’allarme. Poco importanta se ci sia davvero, l’importante è che sia percepito.
Una situazione che piace davvero poco a Giuseppe Cognetti, professore emerito del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che abbiamo chiamato per fare un po’ di chiarezza sullo stato delle nostre coste.

«Ecco sì, mi perdoni ma prima di iniziare l’intervista voglio dire una cosa io, perché non ne posso più di sentire in televisione e sui giornali un mare di fandonie sulla tropicalizzazione del mar Mediterraneo, dell’invasione di meduse, di alghe killer di pesci tropicali…. Ripeto tutte fandonie. Le meduse ci sono sempre state ed è bene che ci siano. Sa perché ogni anno c’è l’allarme meduse? Perché ogni anno aumenta la gente che va al mare. Cinquant’anni fa c’erano le stesse meduse ma nessuno se ne accorgeva perché nessuno faceva il bagno. E poi se pesci e alghe diversi oggi arrivano da noi è perché sono aumentati i traffici e con l’apertura del canale di Suez c’è più ricambio. Ma le temperature nel Mediterraneo sono sempre state soggetti a oscillazioni, non c’è nulla di strano: anzi l’unica cosa strana è che i giornali continuino a scrivere sciocchezze».

Professor Cognetti, al di là di questi allarmi giornalistici, il dipartimento di Scienza della Terra dell´Università degli studi di Firenze, ha presentato in questi giorni degli studi sull´evoluzione della linea di riva del litorale toscano: i tratti dove la terra avanza naturalmente sono pochissimi e hanno variazioni di pochi centimetri, mentre quelli dove vince l´erosione sono in maggioranza e subiscono arretramenti della linea di riva che superano abbondantemente i dieci metri all´anno.

«Questo non è certo un falso allarme. Per quanto riguarda l’erosione, il fenomeno è legato alla sottrazione di acqua dai fiumi, che ha come conseguenza una mancanza del carico di sedimenti che avevamo prima. L’arretramento della costa è quindi fortemente legato alle attività umane e il problema non che piove meno, ma che viene sottratta più acqua».

Come è possibile combattere l’erosione delle coste toscane, che sempre secondo l’università di Firenze in un periodo di tempo che va dai quattro ai venti anni, hanno un saldo negativo di circa 200 mila metri quadri di litorale?
«I fenomi erosivi si combattono con barriere artificiali sottomarine, come è stato fatto 7-8 anni fa a Tirrenia con ottimi risultati, perché la spiaggia è aumentata di 30-50 metri (nella foto). Mentre non si dovrebbero fare con spiagge di ghiaia, perché si creano alterazioni all’ecosistema ambientale. Non si capisce perché queste barriere sottomarine di Tirrenia per esempio non le abbiano prolungate fino a Marina di Pisa, dove si è spesa inutilmente una cifra enorme per portare la ghiaia.
Anche i pennelli che vanno in mare sono negativi perché modificano fisionomia delle correnti, quindi possono da una parte eliminare l’erosione ma accentuarla da un’altra parte, inoltre questi pennelli diventano un ottimo habitat per i ratti».

La cementificazione delle coste non ha legami con l’erosione? Secondo l’agenzia europea dell’ambiente (Aea), oltre il 50% dei litorali del mar Mediterraneo è invaso dal cemento.
«Basterebbe applicare la legge, non dando spazio ad attività che modificando il profilo della costa, modificano di conseguenza anche le correnti costiere che alla fine portando anche a un arretramento della costa».

Come giudica il comportamento della Regione Toscana nei confronti dell’erosione?
«La Regione si comporta come un ente che sente i pareri in qua e là e interviene sulle criticità locali, a volte lavorando bene altre volte meno, lasciando comunque molto spesso l’iniziativa agli enti locali, e anche in questo caso ci sono esempi positivi ed esempi negativi».

All’inizio parlava dei prelievi di risorsa idrica dai fiumi a monte, come causa primaria dell’erosione. In questo senso cosa è possibile fare?
«Si può fare poco, perché per forza di cose con l’aumento dell’industrializzazione tutti i corsi d’acqua che si riversavano nell’Arno sono andati prosciugandosi. Oggi l’Arno è un fiume a regime torrentizio, e non va in secca solo perché il fondo del fiume è al di sotto del mare: se lei va a Caprona, sul fondo del letto troverà acqua salata, che è più pesante di quella dolce. Quindi soluzioni purtroppo non ci sono: l’industrializzazione ha le sue esigenze».

Esistono anche sistemi di contabilità ambientale che dovrebbero garantire la sostenibilità di ogni attività antropica…
«E’ vero, ma è molto difficile. Qualcosa comunque è stato fatto: pensi ai depuratori di Santa Croce, vent’anni fa l’Arno puzzava terribilmente, ora funzionano bene e restituiscono acqua depurata. Ma anche in questo caso, forse non si inquina, ma quant’è l’acqua che viene restituita rispetto a quella prelevata?

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