[10/08/2006] Energia

Energia, ossessione diversificazione

LIVORNO Fare un punto sul tema dell’energia appare quasi doveroso nella fase di incertezza in cui è piombata (soprattutto l’Europa) all’indomani dell’accordo Russia-Algeria. E proprio dall’Europa bisogna partire, perché se gli europei (intesi come i singoli stati) cominciano a preoccuparsi, l’Europa (intesa come governo europeo)  stenta ancora a prendere posizioni (e soprattutto decisioni) chiare sul fronte energia.

Alla lettera del ministro dell’industria italiano Pierluigi Bersani  la commissione europea risponderà «entro qualche giorno o settimana» hanno fatto sapere da Bruxelles. Bersani ha invocato  una politica economica comune, ben sapendo che Gazprom e Sonotrach  sono i primi due fornitori di gas nel nostro Paese, con una quota del 54%. Forse sarà anche per questa (apparente?) indifferenza europea che Eni si sta muovendo per proprio conto alla faccia della liberalizzazione, nel tentativo di ritagliarsi il ruolo di compratore quasi-unico sufficientemente grande  per fronteggiare i monopolisti del gas: Eni infatti ha trovato l’accordo per costruire con Gazprom un impianto di liquefazione del gas a San Pietroburgo, con un investimento congiunto che dovrebbe aggirarsi intorno ai 2,5 miliardi di euro.

L’altra notizia del giorno sono i comportamenti estremamente positivi da parte degli operatori elettrici italiani: nel rapporto di Mediobanca il comparto elettronica segna addirittura un +25,2 di fatturato. Ovvero il petrolio ha ripreso a tirare tutta l’economia Italia. Il che non è certo una buona notizia, visto che sono sempre di più gli scienziati che sostengono che il picco del petrolio sia già stato superato: in effetti già da qualche anno la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi non tiene il passo dei consumi, che invece continuano crescere senza soste, in ossequio al pendolo del mercato globale, ovvero il sacro Pil...

E mentre assistiamo a periodiche rievocazioni di nucleare e carbone (l’ultima è quella del radicale Daniele Capezzone, presidente della commissione Attività produttive della Camera che in nome della "diversificazione" torna a rilanciare proprio il carbone) viene da pensare a come sarebbe bello se si pensasse di re-investire gli utili  ottenuti dalle aziende elettriche italiane per sviluppare le energie rinnovabili. Già, le rinnovabili, i proclami con gli obiettivi dei prossimi anni sono stati tanti e martellano qua e là sui diversi media,  però intanto quello che è certo è che per esempio gli incentivi per i pannelli fotovoltaici sono bastati a coprire le domande arrivate entro marzo. Per il 2006 cioè incentivi non se ne daranno più.

Proviamo a leggere in tutto questo qualcosa di positivo: l’aumento del greggio sta ridando fiato alle prospettive dell’etanolo e delle materie prime utilizzate per produrlo (soprattutto mais), mentre negli Stati Uniti si sta assistendo a una seconda corsa al nuovo oro (speriamo): si tratta del vento. Perché le grandi fattorie agricole  del Midwest stanno svendendo o affitando enormi spazi alle pale eoliche: I costi di produzione in Usa per Kwh infatti si sono abbassati enormemente per l’eolico, che oggi costa circa 7 centesimi, appena di più di carbone (5 cent) e gas naturale (6), tanto che la Wind powering America Iniative del dipartimento Usa dell’energia prevede che nel 2020 l’energia eolica sarà il 6% del totale prodotto.

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