[26/01/2006] Rifiuti

«Stiamo ballando sul Titanic, l´emergenza è dietro l´angolo»

FIRENZE. «La verità è che stiamo continuando a ballare sul Titanic, mentre siamo sull’orlo di un’emergenza. Abbiamo davanti a noi al massimo due anni, dopo di che chiuso il ciclo di alcune grandi discariche toscane, la possibilità di rischiare un’emergenza modello Campania è purtroppo realistica».
Erasmo D’Angelis (nella foto), presidente della Sesta commissione del Consiglio regionale della Toscana, non nasconde i suoi timori sulla possibilità dell’affacciarsi di una vera e propria emergenza rifiuti: «Un quadro preoccupante per i rifiuti urbani, ma direi allarmante per gli speciali e gli industriali».
Da che cosa trae le sue preoccupazioni?
«La Toscana è la Regione che produce più rifiuti in Italia, in dieci anni i toscani hanno raddoppiato la loro produzione procapite di rifiuti. Ciò avviene in anche in presenza di un Pil tendenzialmente stabile. Ora, siccome tutti i partiti, ma proprio tutti, puntano su una ripresa dei consumi, non può che conseguirne un ulteriore incremento dei rifiuti. Le ipotesi che facevano alcuni futurologi pochi anni fa, prevedevano il disaccoppiamento fra crescita economica e produzione dei rifiuti, ma non si sono rivelate fondate. Dobbiamo fare i conti con 2 chilogrammi al giorno prodotti da ognuno di noi. Ed abbiamo un sistema di smaltimento medioevale»
Non trova niente di positivo nella Toscana che governa i rifiuti?
«No, alcuni dati positivi ci sono: il fatto che le nostre discariche sono controllate e quindi sappiamo dove vanno i rifiuti urbani, poi il fatto che le raccolte differenziate al 34 per cento siano certificate è sicuramente confortante».
Che cosa manca?
«Non abbiamo una filiera dello smaltimento: manca la chiusura del ciclo. Credo che abbiamo perso troppi treni sull’impiantistica: se vogliamo davvero seguire la gerarchia della gestione integrata dobbiamo fare due operazioni: aprire il mercato delle materie seconde che oggi non esiste, e dotarci di una impiantistica moderna e sicura, priva di impatti sanitari. E’ evidente che il problema è dove localizziamo i termovalorizzatori».
Dove localizzarli e quanti farne….
«Esatto. Lo dice uno che negli anni ’80 tirò fuori lo scandalo di San Donnino contribuendo a far chiudere e bonificare quel sito. Da quell’epoca il salto tecnologico è stato incredibile. Gli impianti di oggi devono essere moderni, a gestione pubblica, flessibili nella produzione e soprattutto devono essere partecipati responsabilizzando cittadini e comitati che devono poter controllare i progetti e le emissioni. Ci vuole massima trasparenza, perché se non si governa l’aspetto sociale tutto si blocca».
Quanti termovalorizzatori servono in Toscana?
«Non lo dico io, lo dice la matematica: quelli che bastano per destinare a recupero energetico il 25 per cento dei 2 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti urbani che produciamo. Quindi, direi dai 3 ai 5 impianti. Oggi ne abbiamo dodici, senza contare quelli privati: è evidente che serve una razionalizzazione degli inceneritori in Toscana, agendo sul loro dimensionamento per renderli sostenibili dal punto di vista ambientale e industriale. E la Regione deve essere protagonista in questo piano industriale. Credo che anche sulla legge che ha delegato tutto alle province una certa riflessione vada fatta».
Intanto però ci sono manifestazioni contrarie a questi impianti, una dopo l’altra.
«A volte i comitati hanno ragione, altre volte no. Qui si rischia di mettere sullo stesso piano un impianto di valorizzazione delle raccolte differenziate ed una centrale nucleare. Questo è sbagliato e non ha altro effetto se non il bloccare tutto. A danno dell’ambiente e a vantaggio dei soliti ecofurbi, per non dire di peggio. Il fatto è che se l’esempio non arriva dalla Toscana, dove per primi abbiamo fatto la pianificazione sui rifiuti, non arriverà da altre parti. Serve un colpo di reni: incentivare economicamente le differenziate, e realizzare una impiantistica sicura. Altrimenti sarà davvero difficile governare i rifiuti».

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