[27/01/2006] Parchi

La nave Nato «Alliance» di nuovo all’isola d’Elba

MARCIANA MARINA (Livorno). Il 23 luglio 2005 l’Alliance, una nave della Nato battente bandiera tedesca, fece naufragio sulle secche delle acque protette di Pianosa, si aprirono due grosse falle nella chiglia e per non affondare l’Alliance (nella foto) fu costretta ad andarsi ad incagliare sulla sabbia della spiaggia di Cala Giovanna.

Scattarono le operazioni di antinquinamento e di disincaglio e Pianosa fu immediatamente vietata alle visite dei turisti. Una vicenda che nei giorni seguenti occupò pagine di giornali e servizi televisivi. In molti si chiesero cosa faceva quella nave di un’alleanza militare in un parco Nazionale.

Infatti, il clamoroso incidente finì per portare alla luce le probabili ricerche a scopo militare condotte in piena area marina protetta, ufficialmente si disse che si trattava di studiare le già notissime praterie di posidonia oceanica dell’isola, poi vennero fuori storie di barchini e siluri robot e che la nave era stata impiegata anche per testare sonar antiuomo.

La stessa Università di Pisa, che inizialmente sembrava partecipare alle ricerche, smentì ufficialmente ogni coinvolgimento. Le attrezzature «scientifiche» vennero velocemente evacuate dalla nave e dalla base a terra a Pianosa ed anche l’inchiesta avviata della magistratura fece subito naufragio, silurata dal segreto militare che copre le attività dell’Alleanza Atlantica.

Dopo 6 mesi l’Alliance rimessa a nuovo è riapparsa nel porto di Marciana Marina, all’Elba, un approdo invernale già frequentato dalla nave oceanografica della Nato, che negli anni passati è stata vista spesso testare le proprie attrezzature, ancorata nelle acque tra il golfo di Procchio ed il promontorio dell’Enfola. A volte, contemporaneamente alle attività della nave tedesca, è stata notata anche la presenza di un sottomarino. Ma cosa fa l’Alliance nuovamente all´Elba? Lo abbiamo chiesto direttamente a Nicola Portunato, imbarcato sull’Allaince in qualità di responsabile del Nato Undersea Research Centre (Nurc) che ha sede alla Spezia.

«Proviamo apparecchiature, sensori e boe che utilizziamo per l’acustica subacquea. Sono semplici test e controlli tecnici sul funzionamento di queste attrezzature. Le crociere vere e proprie le faremo per qualche mese, probabilmente a settembre o ottobre».

Quindi la nave Nato Alliance è di supporto a ricerche scientifiche?
«Si, fa parte delle nostre attività, collaboriamo con università ed istituzioni scientifiche».

Capirà che dopo il naufragio di Pianosa i sospetti e le curiosità sono molti.
«Si tratta solo di normali engineering test, abbiamo posizionato sensori per vedere come si comportano le attrezzature e le boe acustiche. Nessun segreto, siamo nel porto di Marciana Marina e attraccato accanto all’Alliance c’è il gommone dell´Università di Genova che partecipa a questi test e dopo alle ricerche, ma abbiamo anche la partecipazione della Regione Toscana. Nei prossimi giorni sarà presente ai test il Professor Maurizio Würtz del Dipartimento di biologia sperimentale, ambientale e applicata dell’Università di Genova»

Certamente il Professor Würtz è un cetologo molto noto, come del resto lei. Quindi, dottor Portunato nessun test militare nel santuario internazionale dei cetacei e nessun pericolo?
«Guardi, niente di tutto questo, non si dimentichi che il nostro è un centro di ricerca Nato a salvaguardia dei mammiferi marini. Vi invito a venire a Marciana Marina – conclude il rappresentante del Nurc – per rendervi conto personalmente delle nostre attività».

Un invito che non abbiamo potuto accogliere almeno per oggi: nonostante le pessime condizioni meteorologiche l’Alliance ha abbandonato di primo mattino il porto marinese, probabilmente per cercare tratti di mare meno mossi per poter testare le attrezzature. Comunque, quelle odierne paiono dichiarazioni improntate alla trasparenza ed alla disponibilità, con spiegazioni rassicuranti, visto che il Centro di ricerca sottomarina della Nato si è occupato anche di ben altre ricerche, come si può leggere sul notiziario on-line della Marina Militare italiana, dove sull’attività del Nurc è tra l’altro scritto: «Il Nato Undersea Research Centre (Nurc, ex Saclantcen) nasce nel 1959 sotto la dipendenza di Saclant (Supreme Allied Command Atlantic, sito a Norfolk, Usa) con lo scopo principale di effettuare attività di ricerca nel settore della lotta anti-sommerigibile.

Dopo la caduta del muro di Berlino ed in seguito agli avvenimenti dell´11 settembre, la ricerca del Centro si è ampliata nel campo più generale della lotta sotto la superficie ed in particolare molte risorse
sono indirizzate nella ricerca nel settore Mcm (Mine counter measures) e nel contrasto di atti di terrorismo che possano prevedere l’impiego di mine navali. Uno dei progetti di ricerca, che vede senza dubbio ampi risvolti operativi e molte connessioni con gli attuali scenari, è il progetto denominato “Mine Jamming”. La ricerca ha l’obiettivo principale di sviluppare e dimostrare tecniche innovative di riduzione del rischio in operazioni navali per cui l´impiego delle forze MCM di tipo convenzionale (cacciamine o dragamine) risulti inefficace o inappropriato. Le tecniche di Mine Jamming prendono spunto dai concetti generali di Guerra Elettronica, concetti che vengono opportunamente applicati nell´ambiente sottomarino. Il Mine Jamming prevede la generazione di segnali anomali rilevabili dai sensori delle moderne mine navali con il doppio scopo di mascherare il passaggio dell´Unità Navale (potenziale bersaglio) e stimolare contemporaneamente i circuiti logici della mina atti al riconoscimento delle contromisure e conseguentemente inibire la mina dall´attivazione dei circuiti di fuoco».

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