[11/09/2006] Recensioni

La Recensione - Che cos´è l´entropia di Vittorio Silvestrini

Bastano poche ore per leggere il libro del fisico Vittorio Silvestrini “Che cos’è l’entropia”. Quanto tempo servirà per capire e mettere in pratica i necessari comportamenti conseguenti? “Che cos’è l’entropia” è un libro cosiddetto di base. E introduce il "cuore" della questione ambientale: la degradazione di energia e materia nella loro trasformazione. L’intenzione è didattica e divulgativa.

Una lettura piacevole, assolutamente da consigliare. L’unica raccomandazione è di non fermarsi di fronte a quello che può apparire un muro iniziale: gli esempi da testo di chimica del liceo. La bravura di Silvestrini, docente dell’università Federico II di Napoli, è proprio quella di porre il lettore davanti allo scoglio, decostruirlo con grande semplicità e poi ricostruirlo dando basi per proseguire nel testo e anche risvegliare la voglia di conoscenza, nel senso più ampio, ma anche più banale del termine.

“Che cos’è l’entropia” non è la spiegazione tout court dell’entropia, anche se il tema viene affrontato con grande rigore. “Che cos’è l’entropia” è l´evidenziazione di un meta-problema che gli scienziati hanno individuato da tempo ma che la politica e l´amministrazione stentano perfino a prenderne in considerazione l’esistenza.

La parola entropia fu usata per la prima volta dal fisico tedesco Rudolf Julius Claausius (1822-1888) e la sua etimologia deriva dalla parola e tropè che significa trasformazione. Il primo principio della termodinamica (o principio della conservazione della energia e della materia) indica appunto che "nulla si crea e nulla si distrugge". Ma il secondo principio indica che nella trasformazione, sia l´energia che la materia, si degradano. Ilya Prigogine (premio Nobel per la chimica nel 1977) chiarì in modo inconfutabile che i sistemi termodinamici non sono quasi mai in equilibrio. Si può dire anzi che un sistema termodinamico in equilibrio sia una pura astrazione, un modello che in realtà in natura non esiste e non si presenta mai.

E il motore della vita sulla terra è un motore termodinamico. Infatti, come osserva Silvestrini, "il motore dei cicli naturali si arresta sia se il sole si oscura, sia se la terra non può più irraggiare energia verso lo spazio: ed è questo secondo effetto che noi produciamo immettendo quantitativi sempre maggiori di anidride carbonica nell´atmosfera. Continuando così, la Terra tenderà a riscaldarsi sempre più e il suo motore comincerà a girare con sempre maggiore difficoltà".

Non solo, siccome qualunque sistema tende sempre a raggiungere, come situazione di equilibrio, quella caratterizzata dal massimo disordine ( che è quella più probabile), "questa è la molla che origina le trasformazioni". E se questa è la molla, allora, nell´era dell´antropocene (come direbbe Bologna) l´uomo non può non rendersi conto che l´accelerazione delle sue trasformazioni ha prodotto anche una speculare accelerazione del disordine e del degradarsi dell´energia e della materia del sistema in cui vive. Ciò significa allora, e in buona sostanza, che la tecnologia applicata ai principi di sostenibilità è cosa assolutamente necessaria e indispensabile ma non sufficiente a garantire la sostenibilità delle nostre azioni alla ricerca di ciò che consideriamo sviluppo scambiandolo sic et sempliciter con la crescita economica misurata attraverso il PIL. L´applicazione del principio di efficienza nelle trasformazioni energetiche e della materia è assolutamente urgente ma non ci sottrae dal "verso negativo" complessivo derivato dall´aumento di queste trasformazioni. Per essere ancora più chiari: non si cambia il "verso negativo" se, nell´impiegare meno energia per unità di prodotto, si continua consumare complessivamente più energia per produrre più prodotti di quanti ne servono; non si cambia il "verso negativo" se pur riciclando il massimo di materia riciclabile, non ci si rende conto che non si potrà mai riciclare il 100%. Proprio in virtù del secondo principio della termodinamica e del concetto di entropia.

Oggi non siamo in grado di sapere quale sarà la fine dell´universo, se quella calda ( cioè una implosione dovuta alla forza di attrazione delle stelle e dei pianeti dopo il big bang) o quella fredda (cioè le stelle e i pianeti continueranno a sprofondare in uno spazio infinito vincendo la forza di attrazione), di certo siamo in grado di dire che se continuiamo a imprimere al nostro pianeta, con l´accelerazione degli ultimi duecento anni, trasformazioni tanto profonde quanto irreversibili, produrremo la sua fine ben prima che si verifichi quella dell´universo.

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