[14/09/2006] Trasporti

Più autostrade per migliorare la viabilità, Aci-Eurispes imbocca un controsenso

LIVORNO. Mentre in quasi in tutte le province toscane si discute accesamente di strade, autostrade, bretelle e lotti zero e tutti chiedono al ministro Di Pietro un obolo per un nuovo percorso stradale e si lamentano
delle nostre infrastrutture, dal primo rapporto Aci-Eurispes sulla qualità della mobilità nelle province italiane, emerge una viabilità toscana molto diversa dalla situazione di emergenza che viene fuori dalle richieste di amministratori e partiti politici.

Il rapporto dell’Automobil Club classifica 103 province italiane sulla base dell’indice di qualità della mobilità (Iqm), calcolato per ogni città attraverso un insieme di indicatori statistici e comprende un’indagine condotta su 3.500 cittadini sull’uso dell’auto e dei mezzi pubblici. Lo studio è molto vasto (se ne allega una sintesi nella sezione documenti) ed è diviso in 10 focus tematici: sistema dei trasporti; trasporto pubblico locale; sicurezza stradale; traffico urbano; sistemi di trasporto intelligente; car sharing; parco veicolare; educazione e informazione; qualità dell’ambiente urbano; mobilità dei disabili.

Su questi dati si è realizzata una classifica delle province che vede in testa Aosta, subito seguita da Siena, poi Parma, Pisa è quarta. Ma la sorpresa aumenta ancora esaminando la graduatoria che riporta i primi 20 posti: ben 10 province sono nell’Italia centrale e sei di queste sono in Toscana che, da sola eguaglia i risultati dell’intero nord-est e supera le quattro province del Nord-Ovest. Le città meridionali si piazzano in fondo alla classifica, con performance estremamente negative per le province sarde e siciliane.

Dunque, quella della Toscana per l’Aci, è “una situazione privilegiata, con ben sei province (Siena, Pisa, Lucca, Arezzo, Massa e Firenze) su dieci collocate tra i primi venti posti della classifica”.
«Il Rapporto mette in luce tre punti nevralgici per il sistema italiano della mobilità – spiega il presidente dell’Aci, Franco Lucchesi - che sono l’incidentalità stradale, l’inadeguatezza del trasporto pubblico locale e la scarsa pianificazione territoriale. La sicurezza stradale è un fattore predominante e il suo peso nel calcolo dell’indice di qualità della mobilità è assai elevato. I dati dimostrano come gli incidenti rappresentino una vera emergenza soprattutto per le grandi città, dove addirittura un cittadino su quattro è incorso almeno una volta in un incidente stradale».

«Il trasporto pubblico locale - continua Lucchesi - è un altro importante elemento che, purtroppo, porta al ribasso l’ndice di qualità della mobilità delle nostre province». Per il presidente dell’Aci «lo stato di crisi cronica del mezzo pubblico, non l’automobile, è la causa primaria della congestione e dell’inquinamento. L’uso abnorme del mezzo privato è solo una conseguenza dell’insufficienza del trasporto pubblico».

Una teoria abbastanza sorprendente perché sembra ingorghi ed incidenti non siano dovuti alla presenza record di auto sulle strade italiane ed al tasso di motorizzazione più alto del mondo, e in crescita costante, con circa 60 auto ogni 100 abitanti. Una presenza ingombrante che l’Aci assolve, ignorando persino studi analoghi dell’Unione Europea che indicano nel traffico privato una delle maggiori fonti di inquinamento da contenere.

Così lo studio, per molti versi interessante, perde l’occasione per spiegare come una provincia senza autostrada come Siena sia al secondo posto della classifica Imq, proprio quando le autostrade vengono indicate come la panacea per il traffico. Il problema è che lo studio difende comunque il vecchio modello del traffico privato, scarica sull’inefficienza del trasporto pubblico ogni colpa, tralasciando di dire che la crisi del pubblico dipende anche da una visione aziendalistica del settore che non lo vede come necessaria alternativa ambientale e sociale, ormai obbligata per decongestionare il traffico e ridurre l’inquinamento, e ignora la necessità ormai improcrastinabile di capire come si può ridurre il numero di automobili in circolazione. Una specie di gatto che si morde la coda: il trasporto pubblico non funziona perché è poco usato e scarsamente finanziato, quindi il trasporto privato è la soluzione e bisogna finanziare nuove infrastrutture per reggerne la crescita e la domanda di velocità.

Ma il rapporto, anche quando si parla di qualità dell’ambiente urbano, non affronta davvero il problema dei tempi della città, della diversificazione degli orari per evitare concentrazioni e congestioni del traffico. Per non parlare poi del cablaggio, del telelavoro, delle nuove tecnologie a disposizione per evitare spostamenti, ridurre tempi e sprechi, inquinamento e consumi. L’unica timida apertura pare il car shering, ma si ignora il pedaggio urbano – del resto osteggiato dall’Aci - che in altre realtà europee ha ridotto il traffico privato ed aumentato la velocità media e l’efficienza del trasporto pubblico del 20-30%.

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