[20/09/2006] Trasporti

Lo smog inquina anche le casse della sanità e dell´economia

ROMA. Lo smog cittadino oltre che un problema ambientale deve essere visto anche in chiave sanitaria ed economica. Se si considera infatti che proprio per problemi di maggior inquinamento atmosferico delle città secondo l’Oms sono sette milioni i giorni lavorativi persi tenendo conto anche delle giornate di scuola mancate dagli studenti, allora il dato riguarda effettivamente anche il fattore produttività. E i costi dell’inquinamento sono destinati ovviamente a salire.
Ma come si fa ad ottenere un dato di questo genere? Lo abbiamo chiesto a Roberto Bertollini, direttore Salute e ambiente dell´Organizzazione mondiale della sanità.

«Sono dati che si ottengono attraverso studi fatti su popolazioni per determinati periodi di tempo. In pratica si considera un certo intervallo di valori di inquinamento, ad esempio i microgrammi oltre una certa soglia di Pm10, che corrispondono alla acutizzazione o all’insorgere di patologie acute. Poi con un modello matematico si incrocia questo dato con quelli dei giorni di assenza dal lavoro e si ottiene questa estrapolazione».

Ma allora bisognerebbe far sì che i fondi per combattere l’inquinamento atmosferico non fossero messi solo dall’Ambiente, ma anche da altri ministeri?
«Certo sarebbe assolutamente corretto che partecipasse almeno il ministero della salute. Pensiamo anche solo alle patologie che possono essere messe direttamente in relazione con lo smog quali quelle delle vie respiratorie o del sistema cardiaco, che tra il 2002 e il 2004 hanno causato una media di 8220 morti l´anno. Ma oltre a queste ve ne sono altre indirette, ad esempio il problema legato all’obesità, soprattutto infantile – che ormai colpisce il 30% della popolazione- che oltre ad avere origine da problemi legati all’alimentazione ha anche un contributo importante per la mancanza di attività fisica. E questo soprattutto per l’attuale organizzazione delle città, per la mancanza di opportunità alternative all’auto che vengono date per andare a scuola».

Allora secondo lei ai 100 milioni di euro che ieri il ministro Pecoraro Scanio ha promesso per incentivare la riconversione delle auto a metano e per la mobilità sostenibile, andrebbero aggiunti fondi dal Ministero della salute?
«Sì e non solo. Io credo che andrebbe finalmente posto l’accento sul problema delle esternalità ambientali. E che i danni che un certo fattore determina sull’ambiente e sulla salute andrebbero ripartiti anche tra coloro che li generano. Se prendiamo proprio il caso dell’inquinamento atmosferico, vediamo che i trasporti e la produzione energetica ne sono la principale causa, e determinano danni alla salute, all’economia, ai monumenti. Allora oltre a considerare questo fattore nelle politiche che vengono messe in atto, si dovrebbe prevedere di far sostenere finanziariamente almeno una parte dei fondi necessari a riparare i danni da chi li ha prodotti».

Una sorta di principio “chi inquina paga allargato?
«Sì, ma non per permettere di pagare e quindi di inquinare di più. Ma per evitare che a pagare siano sempre e solo i cittadini. Nel settore dei carburanti ad esempio, si potrebbe prevedere di chiedere un contributo fisso da parte dei petrolieri da destinare al finanziamento del sistema Sanitario nazionale da destinare alle patologie create dall’inquinamento atmosferico».

Una leva fiscale per far pesare le esternalità?
«Sì, esatto e poi credo che dovremmo avere la capacità di trovare e proporre anche misure nuove. Inventarci anche cose diverse. Come il ticket per il trasporto pubblico al posto del ticket restaurant ad esempio. E poi dovrebbe esserci una maggiore continuità negli interventi delle politiche ambientali che è invece stata assente soprattutto negli ultimi anni».

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