[27/09/2006] Comunicati

Economia, ecologia e binari paralleli

LIVORNO. Diceva Gabriele D’Annunzio: «Ahimè, bisogna pur sempre ricominciar l´opera dura, risalire l´erta già salita, riconquistare il suolo già conquistato ricombattere la battaglia già vinta!». Ed è così ogni giorno per tutti quelli che (sempre in salita) cercano e indicano la strada (o meglio le strade) per salva(guarda)re questo nostro malandato pianeta. Questa Terra sempre più calda, come ha ribadito ieri anche la Nasa, e principalmente per colpa dell’uomo. Che in barba ad ogni e qualsiasi logica di sostenibilità consuma il consumabile, brucia il bruciabile, getta il gettabile, mangia il mangiabile, inquina l’inquinabile.

Il pianeta si riscalda e il clima sta cambiando. La comunità scientifica preme perché i governi del mondo agiscano in fretta. Le dimostrazioni sono sotto gli occhi di tutti (alluvioni, ghiacciai del polo nord che si sciolgono ecc.), e anche gli interventi possibili: dalle energie rinnovabili, alla mitigazione delle emissioni, all’innovazione dei processo e dei prodotti, solo per fare qualche semplice esempio.

Ma il campanello d’allarme (che ormai suona a morto) viene ascoltato (spesso), rilanciato anche nelle sedi appropriate (qualche volta), inserito nei programmi di sviluppo economico (poco) e infine ignorato (sistematicamente) al momento in cui si devono prendere le decisioni fondamentali. Siamo al paradosso. Come dimostrano una serie di fatti accaduti in questi giorni.

Primo esempio: ripartiamo dagli appelli e contrappelli della Nasa e di altri prestigiosi membri della comunità scientifica. Reazioni? Nessuna o quasi, tranne quella della Exxon che (pare) avrebbe distribuito 2,9 milioni di dollari alle lobby anti ambientaliste per minimizzare i rischi legati al cambiamento climatico.

Secondo esempio: una settimana fa è uscita la notizia che lo smog in Italia, a causa delle patologie relative alle vie respiratorie o al sistema cardiaco, ha causato una media di 8220 morti l´anno tra il 2002 e il 2004. Ebbene ti aspetteresti che ogni e qualsiasi decisione in materia di trasporto (pubblico e privato) tenesse almeno conto (se non partire proprio da) di questo fatto. Invece che succede? Che nella riforma del ddl collegato alla Finanziaria 2007 – è rumors di oggi - è prevista l’estensione anche nel 2007 delle norme di agevolazione del trasporto merci e collettivo su strada. Quindi non solo – come diciamo da tempo – nessuno collega la sanità al trasporto (semplificando: meno traffico più salute, quindi bilanci economici e ambientali incrociati con quelli della sanità), ma non vede neppure il paradosso che c’è tra puntare alla sostenibilità e finanziare o almeno agevolare il trasporto su strada. Non solo per l’inquinamento atmosferico.

Se ciò non bastasse, ci si è messa anche l’Unione Euopea, fino ad ora presa sempre come esempio per le sue posizioni avanzate nei temi ambientali. E´ notizia di ieri che, proprio sullo smog e le pm10, il Parlamento europeo ha approvato la proposta della Commissione ambiente sull’inquinamento atmosferico ed ha rivisto così la normativa sulla “qualità dell’aria ambiente”. Ovvero ha innalzato gli indici e abbassato i divieti. Una proroga di sei anni ai paesi membri, è stato detto, per petrmetter loro di adeguarsi ai limiti di legge previsti sulla qualità dell’aria. Conseguenze? I giorni massimi di superamenti consentiti per le polveri sottili(solo per citarne una), diventeranno 55, contro i 35 attuali...

Terzo esempio: i produttori automobilistici si sbilanciano in grandi proclami ambientalisti, dai filtri antiparticolato (che in realtà, pare, non eliminano le Pm10 ma le disgregano, creando di fatto nanopolveri), alle iniziative ecologiche, come quella su cui è imperniata l’ultima campagna della Toyota, denominata “obiettivo emmissioni zero”. Toyota, viene scritto sulle pubblicità a tutta pagina dei nostri quotidiani, è convinta «dell’importanza di salvaguardare il delicato equilibrio tra uomo e ambiente (…). E’ qualcosa che va oltre le tecnologie d’avanguardia realizzate da Toyota nel campo dei motori diesel ecologici o dei motori ibridi…».

Gli impianti ibridi sono quelli che Toyota ha installato per esempio sulla Prius e che permettono di sfruttare in parte il motore a benzina/diesel, in parte quello elettrico. Ora, a parte il fatto che per produrre energia elettrica le emissioni di CO2 e di altri inquinanti in atmosfera sono altissime a meno di non utilizzare fonti rinnovabili, ad oggi il modo meno inquinante per viaggiare in Italia è il metano. Ebbene, non solo Toyota (ma molte altre case fanno lo stesso) non ha nella sua gamma auto alimentate a metano, ma se provate a chiedere in una concessionaria se è possibile far installare l’impianto a metano successivamente all’acquisto, la risposta è: «Certamente, però perderà immediatamente la garanzia di 5 anni sulla vettura».

Concludendo, il quadro è composto da binari paralleli. Nonostante i problemi siano sotto gli occhi di tutti, si parla in un modo, ma (troppo spesso) si agisce in un altro. Proprio nel momento topico di prendere le decisioni. Come un riflesso condizionato francamente (almeno nella maggior parte dei casi) inspiegabile. Sembra quasi che la sindrome Nimby – not in my back yard (non nel mio giardino) – quando si parla di politiche economiche e politiche ecologiche, abbia assunto anche un altro significato, not in my ‘brain’ yard, ovvero non nel mio cervello. O almeno: non "insieme" nel mio cervello.

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