[28/09/2006] Rifiuti

Dalla plastica si può tornare al petrolio, ma quanto costa?

LIVORNO. "Dalla plastica di scarto al prodotto petrolifero si può, ma qual è il bilancio energetico?". E’ questa la domanda-riflessione di Lario Agati, presidente dell’ordine dei chimici della Toscana, dopo aver letto la notizia – a proposito della quale gli abbiamo chiesto un commento - relativa al progetto “P2P” della Vulcanes Ltd.

Secondo quanto detto dall’agente commerciale della società, Diego Fissore, questa nuova impresa – nata dalla collaborazione tra un gruppo di ingegneri e società internazionali che operano nello smaltimento e nel trattamento di rifiuti – è in grado di ottenere prodotti petroliferi dai rifiuti di plastica. E nel merito ha presentato un modello di impianto – rivolto alle aziende municipalizzate - in grado di trattare 25 tonnellate/giorno di materiale, ovvero 25mila Kg con conseguente ottenimento di 22.500 Kg di "prodotto finito". Il tutto in poche ore.

La "resa" in prodotto, secondo Fissore, ha un rapporto pari a 0,9: 1Kg. di plastica esausta produce quindi circa 0,9Kg. di gasolio o olio etc., oltre a circa 0,1 Kg di coke (anch´esso riutilizzabile come combustibile). Il processo completo ha una durata di 2,5 ore, e lo può si ripetere circa 9-10 volte nell´arco delle 24 ore. Le emissioni nell´aria, inoltre, sempre secondo Fissore, "sono minime e comunque ben al di sotto degli standard internazionali stabiliti".

Dottor Agati, che cosa ne pensa?
“Ho letto l’agenzia di stampa e premetto che è abbastanza scheletrica nella sua esposizione. In buona sostanza, comunque, si tratta di un processo fatto sul petrolio: ovvero quello che trasforma il petrolio in plastica, quindi molecole complesse che poi la chimica provvede a rompere per ricavarne molecole di base attraverso le quali ottenere le plastiche. Un processo che si può fare anche alla rovescia. Ma il punto è che, come ci vuole energia per il processo che porta dal petrolio alla plastica, così serve energia, la stessa quantità, per il processo inverso. Bisogna capire, quindi, qual è il bilancio energetico finale”.

“Inoltre – prosegue Agati - , prendiamolo per buono il rapporto di resa pari a 0,9. Secondo quanto leggo, 1 chilo di plastica esausta produce 0,9 chili di gasolio o olio, ma parlare di gasolio e olio non è la stessa cosa e il rapporto non può essere uguale. Ci sono poi altre cose che andrebbero spiegate, almeno per completezza dell’informazione. Secondo quanto viene detto, le emissioni in atmosfera sarebbero minime, ma bisognerebbe capire come fanno ad essere minime. Siccome quando si parla di molecole organiche si parla sempre di grandi emissioni, vedi quanto affermano i detrattori degli inceneritori, vorrei capire, visto che qui invece si minimizza e forse è vero, come ci riescono. Avere un riscontro. Come anche sul fatto se l’impianto di cui si parla è a livello di laboratorio o di impianto pilota”.

Fissore spiega inoltre che ´´Si possono usare plastiche di qualsiasi tipo e miste fra loro provenienti dal riciclaggio (quindi pulite o non pulite), ma anche bitume e gomme esauste, e trasformare il tutto in diesel, petrolio, olio grezzo o Gpl Gas liquido subito pronti per l´uso”. Che ne pensa?
“Quello che posso dire è che i pneumatici hanno una brutta fama: nell’immaginario collettivo il pneumatico è quello a cui si dà fuoco lunghe le strade di periferia per scaldarsi e che fa un nuvolone nero, ma invece sarebbe combustibile perfetto. Solo la Marangoni ha convinto a utilizzarlo come legna e carbone. Detto questo ribadisco quanto affermato prima: bisogna fare il bilancio massa- energia, ovvero il bilancio complessivo. Quindi: entra dentro plastica esce fuori olio, gasolio ecc.? Allora, ci sono scarti finali? Ci sono emissioni? Altrimenti, senza nulla togliere a questa azienda, c’è il rischio che venga reclamizza solo la parte migliore del progetto. In definitiva, per poter valutare correttamente un processo del genere servono altre informazioni e più dettagliate”.

Torna all'archivio