[23/10/2006] Comunicati

Ecosistema urbano dà le pagelle alle città italiane

ROMA. Puntuale come ogni anno, è stata pubblicata oggi la tredicesima classifica di Ecosistema Urbano, l’indagine svolta da Legambiente con il sostegno scientifico di Ambiente Italia e quello mediatico del Sole24ore. Centinaia di dati raccolti in 25 indicatori sullo stato di salute ambientale dei 103 comuni capoluogo italiani.
Al vertice della classifica quest’anno Bolzano, seguita da Mantova che ha dominato la classifica lo scorso anno e che ospita oggi l’evento di presentazione dei dati, terzo posto a La Spezia e quarto a Parma. Ma nella top ten troviamo anche due comuni toscani: Pisa al sesto posto e Livorno al nono. Ultima in classifica L’Aquila, ma in questo caso il principale demerito è da ricondursi nel non aver fornito i dati, preceduta da Taranto dove invece i dati ci sono, ma purtroppo negativi.

Per trovare una grande città dobbiamo scendere al diciottesimo posto dove c´è Venezia e per una metropoli addirittura al sessantesimo dove si è posizionata Roma.
Insomma già la dimensione fa la differenza, come già l’immaginazione ci farebbe supporre. Ma spesso quello che l’immaginario e la percezione ci farebbero supporre non corrisponde appieno alle classifiche reali, ottenute attraverso 125 parametri ambientali per un totale di 125mila dati, sintetizzati in 25 indicatori, suddivisi in 24 di qualità più uno riguardante la capacità di risposta della pubblica amministrazione.

I dati vengono raccolti attraverso questionari inviati all’amministrazione che li autocertifica, e li restituisce a Legambiente e su cui viene effettuato un controllo, laddove è possibile, dai gruppi presenti sul territorio. I dati sono riferibili a tre macrogruppi: indicatori di pressione che misurano il carico antropico sull’ambiente quali la produzione dei rifiuti o il consumo idrico; gli indicatori di stato, che misurano la qualità dell’ambiente come l’inquinamento atmosferico; gli indicatori di risposta, che danno una misura degli interventi messi in campo dall’amministrazione per contrastare i fattori di pressione(come ad esempio la raccolta differenziata, le aree pedonali, i trasporti pubblici ecc).

Tra gli indicatori troviamo anche quelli che segnalano alcuni aspetti della qualità di una città, quali il verde pubblico e le aree pedonali o la presenza di politiche ambientalmente sostenibili quali la presenza di mense biologiche. Altri che indicano le propensioni dei cittadini, come il consumo elettrico domestico o quello di carburante i livelli raggiunti, e delle aziende in baso alle certificazioni richieste ed ottenute.

Da tutti questi dati vengono poi stilate delle classifiche, attribuendo un valore percentuale rispetto ad alcuni obiettivi di sostenibilità, ovvero viene fatto un confronto tra i valori reali ( autocertificati dalle amministrazioni) e alcuni obiettivi di sostenibiltà arbitrari, con una soglia minima e una massima per ogni indicatore. Ogni città reale viene quindi confrontata con una ideale, dal punto di vista della sostenibilità, calcolando quanto sono gli scarti e per ciascuno dei 25 indicatori si attribuisce un punteggio che va da 0 a 100.
Ogni indicatore ha poi un peso che va dallo 0,3 all’ 1,5, in modo che nessuno sia determinante, da solo, per ottenere la classifica finale o sintetica, che si ricava attraverso la somma ponderata dei singoli indicatori.

Il peso dato agli indicatori è stato definito da un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti di 20 comuni e da esperti di Legambiente ed è stato poi modificato sulla base della variazione degli indicatori.
Insomma un lavoro enorme, i cui risultati spesso scontentano molte persone e lasciano allibite altre, in un senso e nell’altro: in molti infatti scoprono di vivere in una città tra le prime in classifica senza essersene per altro accorti, mentre altri pensavano di essere al top e si ritrovano invece in fondo.

Tutto da prendere con cautela. Come dice lo stesso Duccio Bianchi, che per l’istituto Ambiente Italia è uno dei curatori ed ideatori di Ecosistema urbano. Infatti «le classifiche aggregate hanno senza dubbio un valore relativo e non assoluto e non sempre il confronto tra valori – seppur omogenei- permette una abile comparazione statistica. Ma è meglio guardare ai progressi e regressi misurati piuttosto che a 10 posizioni di metà classifica in più o in meno».
Certo, come strumento di lavoro è, senza alcun dubbio, questo il dato da considerare, ma come “indice di gradimento” lo è forse un po’ meno.

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